lunedì 7 dicembre 2020

Move: "Looking On" (1970)

Usciva nel dicembre di cinquant'anni fa "Looking On" degli inglesi The Move, gruppo di Birmingham fondato dal polistrumentista e cantante Roy Wood - un eccellente disco perfettamente collocato al trivio che dalla psichedelia beatlesiana porta al progressive e al glam rock.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/y4v9lxz5)

Gruppo instabile quanto talentuoso, i Move del polistrumentista, compositore e cantante Roy Wood arrivano al 1970 dopo avere già cambiato parecchi componenti.

Persi prima Ace Kefford e poi Trevor Burton (futuro basso degli Spiders from Mars con Bowie), Wood e il batterista Bev Bevan hanno perso anche il cantante, chitarrista e co-leader Carl Wayne.. Reclutano così prima il bassista Rick Price e poi un altro cantante-compositore-polistrumentista di Birmingham, Jeff Lynne , proveniente dagli Idle Race, gruppo simile nelle ambizioni di rock capace di fondere immacolte melodie pop ed esuberanza strumentale ma sfortunatamente con poco successo.

Con l'arrivo degli anni Settanta, Roy Wood si è fatto sempre più affascinare da un lato dalla chitarra elettrica e dall'altro da una messe di strumenti inusuali nella musica rock come sitar, violoncello e fiati vari, e la sua intenzione è realizzare forme di rock'n'roll sempre più complesse che sappiano mantenere l'immediatezza del beat ma con arrangiamenti la cui stratificazione sia degna della musica classica.

Il risultato, su "Looking On", è una eccellente e originale musica che partendo dalla psichedelia dei Beatles si ritrova alla confluenza fra sixties, glam rock e progressive rock, senza scegliere di percorrere alcuna strada in particolare.

L'album si apre con il brano che da il titolo all'album, uno dei migliori del disco, in cui la chitarra di Wood anticipa clamorosamente lo stile che verrà percorso dagli inventori del glam rock britannico come Marc Bolan e David Bowie, prima di buttarsi in una ordalia prog al suono di sitar fragorosi e bercianti fiati sguaiati degni di un musicista della corte di Azathot.

Il secondo capolavoro firmato Wood è "Brontosaurus", un mastodonte musicale in cui la batteria colpisce per il suono cavernoso e la chitarra è talmente greve da essere degna dei Black Sabbath, non fosse che i Move eseguono il pezzo come una gargantuesca autoparodia esilarante distante anni luce dalla introversa cupezza di Ozzy & soci. La conclusiva "Feel too good" inizia quasi come un grintoso blue-eyed soul dell'epoca, anche grazie alla partecipazione delle cantanti PP Arnold e Doris Troy, prima di perdersi in un vortice glorioso di soli di chitarra elettrica, unisoni di sax e oboe, una coda doo-woop, e dio solo sa quale altra diavoleria approntata dal funambolico Wood.

Il neo-entrato Lynne partecipa subito al gioco di Wood con entusiasmo: "What?" sembra il trait d'union fra "Strawberry Fields Forever" e "In the court of the crimson king", fra chitarre con wah-wah tremolanti, cori angelici, accordi in minore, pianoforte che fa tanto 1967 e batteria alla Ringo. La sua seconda composizione "Open Up Said the World at the Door" non arriva al livello della precedente ma rimane un ottimo pezzo che nonostante le incongrue fanfare di fiati di Roy Wood anticipa nel pianoforte e nei cori certe atmosfere della Electric Light Orchestra (che sarà fondata proprio da Bevan, Wood e Lynne).

Completano il disco "Turkish Tram Conductor Blues" e "When Alice Comes Back to the Farm", che si esibiscono in uno stile simile con spunti meno interessanti ma certo non da disprezzare.

Disco strabordante ed eclettico, profondamente radicato nell'amore per il rock'n'roll e allo stesso tempo anarchico e caotico, è un ascolto talvolta difficile, sempre mirabile, e consigliato in particolare a tutti coloro che amano sia Ziggy Stardust che gli Yes.

- Prog Fox

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