sabato 3 ottobre 2020

Police: "Zenyatta Mondatta" (1980)

Il 3 ottobre di quarant'anni fa veniva pubblicato "Zenyatta Mondatta", terzo album dei The Police, trio formato dal cantante-bassista Sting, dal chitarrista Andy Summers e dal batterista Stewart Copeland, fra i massimi esponenti dell'era post punk inglese grazie alla loro mistura di reggae rock, punk e pop. "Zenyatta Mondatta" fu un altro grande successo commerciale, raggiungendo il primo posto in classifica nel Regno Unito e in Australia e il quinto posto nelle classifiche statunitensi.



(il disco completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yywswe9k)

"Zenyatta Mondatta" è solo il terzo album dei Police, ma incarna già la fine di un'era per quello che, probabilmente, è l'equivalente dell'era post punk dei vecchi Cream. Conflitti di personalità fra ego enormi di musicisti favolosi e cinque album in sei anni, comunque, sono già più di quanto non fecero i Cream, che si fermarono a quattro album in tre anni. Anche se uno era doppio.

"Zenyatta Mondatta" è il momento in cui questi conflitti inziano a vedersi sotto la superficie. Il primo segnale forse è l'assenza di Sting, bassista-cantante e principale compositore del gruppo, dalle incisioni di "Behind My Camel", strumentale composto dal chitarrista Andy Summers, che si vede costretto a registrare anche le linee del basso.

Più in generale, comunque, "Zenyatta Mondatta" è un disco dalle due facce molto diverse, evidentemente il risultato di una produzione frettolosa. Le prime sette canzoni ci mostrano un gruppo in grande spolvero; le ultime quattro, tre dei quali sono strumentali piuttosto discutibili, tra cui la sopracitata "Behind My Camel", sono invece il frutto della disperazione di chi completerà le incisioni dell'album il 7 agosto, la notte prima di iniziare un tour mondiale. Non le condizioni ideali per dare il meglio di sé.

Il disco viene preparato secondo le regole che i Police si erano dati già nei primi due anni: costi ridotti ed enfasi sull'immediatezza delle composizioni, in linea con la filosofia do it yourself del punk. Il costo di "Zenyatta Mondatta" è di appena 35'000 sterline, 25'000 delle quali spese solo per assoldare il produttore Nigel Grey, che aveva lavorato anche ai primi due album e che di fatto vollero premiare per gli ottimi risultati conseguiti.

Il disco, che come i precedenti "Outlandos d'Amour" e "Reggatta de Blanc" ha un nome di fantasia, che mescola qui Yomo Kenyatta, primo presidente del Kenya, il concetto di 'zen' e la parola francese 'monde', inizia davvero alla grande con "Don't stand so close to me", giustamente celebrata come uno dei pezzi migliori del terzetto e ispirato, sia nel testo che nel videoclip ormai leggendario, alla "Lolita" di Nabokov. La musica è l'ennesima variazione di un concetto già sentito sugli altri dischi: strofa white reggae, ritornello punk, arrangiati però da musicisti jazz/prog che non si curano di nascondere la propria perizia tecnica, e finale superbo grazie alla geniale poliritmia creata dal controcanto.

Altri pezzi fenomenali del disco sono il reggae punk scatenato di "Driven to Tears", l'irresistibile sincopato in levare di "Canary in a Coalmine", la batteria di Copeland in "Voices inside my head", le suggestioni etno punk di "Bombs Away" e gli incroci melodici di "De Do Do Do, De Da Da Da", ma tutto il lato A è generalmente di ottimo livello, anche se in linea di massima ripete con qualche variante idee già elaborate sugli album precedenti.

Purtroppo il gruppo ebbe solo trenta giorni di tempo per lavorare a "Zenyatta Mondatta", e la cosa si sente chiaramente come abbiamo già accennato: dopo "De Do Do Do, De Da Da Da" i musicisti hanno finito la benzina e per arrivare a una lunghezza commercialmente accettabile del disco devono ricorrere a pezzi davvero di seconda fila come gli strumentali "Behind My Camel" e "The Other Way of Stopping". Per quanto ci riguarda, sempre meglio un disco breve ma perfetto che una percentuale troppo alta di momenti trascurabili.

"Zenyatta Mondatta" fu così l'ultimo disco della fase democratica, collaborativa e minimalista del gruppo. Non sappiamo se la scelta di passare a una musica più sontuosa e allo stesso tempo più pop sia derivata dalla convinzione di avere dato tutto ciò che si poteva dare entro queste coordinate, né se questa valutazione fosse corretta o influenzata dal brutto clima creatosi durante le incisioni. Resta il fatto che nei due restanti dischi dei Police le sonorità del gruppo cambieranno - e la cosa non piacerà né a Summers né a Copeland, che si sentiranno sempre più dei gregari di un cantante pop e sempre meno soci alla pari del gruppo.

- Prog Fox

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