domenica 11 ottobre 2020

Eric Woolfson & Alan Parsons: "Freudiana"

L'11 ottobre di trent'anni fa viene pubblicato "Freudiana", inizialmente doveva uscire a nome Alan Parsons Project, ma di fatto all'atto della pubblicazione sparisce ogni riferimento al gruppo che lo ha inciso. Si tratta dell'ultimo disco della band, i cui titolari Alan Parsons ed Eric Woolfson interrompono la propria collaborazione dopo 15 anni di lavoro. Doppio album dedicato alla figura di Sigmund Freud, risulta troppo ambizioso rispetto al volume di buona musica effettivamente prodotto nelle difficili circostanze della sua realizzazione.



(il disco completo si può ascoltare qui --> )

Nel 1989, Eric Woolfson, che con Alan Parsons era il co-titolare dell'Alan Parsons Project, inizia a lavorare a un nuovo concept album del gruppo, che in questa occasione vuole essere dedicato alla figura di Sigmund Freud. Durante lo sviluppo dell'album, però, Woolfson si fa convincere dall'impresario Brian Brolly, che aveva lavorato con Andrew Lloyd Webber, a trasformarlo in un musical teatrale. Le divergenze fra Woolfson e Parsons portano a un compromesso: il disco verrà completato, ma Woolfson avrà i diritti per poterlo rappresentare.

In realtà Brolly e Woolfson poi litigheranno sulla proprietà del materiale e il disco affonderà nei problemi legali, rimanendo fuori dalla discografia ufficiale dell'Alan Parsons Project e dalle classifiche di vendita. Alan Parsons inizierà una carriera solista proseguendo con la solita base di collaboratori (il chitarrista Ian Bairnson, il batterista Stuart Elliott, i fratelli Richard e Laurie Cottle a tastiere e basso rispettivamente, Andrew Powell a tastiere e arrangiamenti orchestrali), mentre Woolfson lavorerà a diversi musical prima di ritornare al rock vero e proprio.

Ma a noi di tutto ciò che cosa interessa? A noi interessa recensire l'album. E com'è l'album? Eh, l'album è tropppo lungo. Questa è la sensazione primaria che colpisce quando ci si mette al suo ascolto. Vero che Freud è una figura complessa, ma Woolfson e Parsons e soci semplicemente non avevano, al momento della composizione del disco, abbastanza materiale da riempire due LP in modo soddisfacente.

"Freudiana", questo il titolo dell'album, dura infatti ben 74 minuti. Se fosse stato ridotto alla metà sarebbe forse stato un capolavoro. Così com'è, oltre ad essere caratterizzato da un suono talvolta troppo leggero e leccato, ci regala fin troppi momenti di noia: "Let yourself go"; gli ennesimi strumentali riciclati - "The Nirvana Principle", "Beyond the Pleasure Principle" e "Freudiana (Instrumental); "The Ring"; "Upper Me". Sono esattamente sei dei quattordici brani dell'album, corrispondenti a 24 minuti su 74. Ventiquattro minuti di musica non orribile, ma quasi del tutto trascurabile. Nonostante la chitarra solista di Bairnson e il basso di Laurie Cottle si esprimano al meglio lungo tutto l'arco del disco, la produzione priva di mordente non riesce a salvare i brani più corrivi.

Limitandosi ai restanti 50 minuti, comunque, ci sono sia pezzi piacevoli e interessanti che pezzi davvero ottimi, ma con poche eccezioni la maggior parte non aggiunge nulla di significativo alla carriera del Project: "Dora" è una ballata struggente, dal buon livello emotivo ma come Woolfson ne ha scritte tante; "You're on your own" è un pezzo yacht rock anni ottanta molto standard, nobilitato solo dalla splendida prova vocale di Kiki Dee. "Far away from home" è una ballata soft con buoni arrangiamenti vocali, ma nulla più. "Sects Therapy" è uno scherzo orchestrale riuscito, che prende in giro gli eccessi della psicoterapia, ma è pur sempre uno scherzo. A "Don't let the moment pass" manca qualcosa nell'arrangiamento e nel finale per renderla veramente memorabile, ma rimane comunque uno dei pezzi migliori del lotto, quasi interamente per merito della bravissima Marti Webb. "There but for the Grace of God" (introdotta dal breve intermezzo a cappella di Chris Rainbow "Destiny") fallisce il tentativo di riproporre uno di finali grandiosi cantati da John Miles che hanno caratterizzato precedenti album del Project come "Pyramid" e "Gaudi": non è male, ma manca di qualcosa, forse principalmente di freschezza, nonostante l'ottima prova di Miles e, ancora una volta, della sua partner vocale Marti Webb.

Per fortuna ci sono altri pezzi che rappresentano una sequenza eccellente di brani di progressive pop rock brillante ed entusiasmante: "Freudiana", classico pezzone iniziale adatto alla voce di Woolfson e nobilitato da un gustoso assolo di Bairnson, la rabbiosa "I am a mirror" con un grande Leo Sayer nel ruolo di Freud, il pop beatlesiano immacolato della meravigliosa "Little Hans" (con il basso favoloso di Laurie Cottle), la sperimentale, funambolica, pazzesca "Funny you should say that", caratterizzata da una impresa spettacolare dei Flying Pickets alle armonie vocali, e la favola edipica a quattro voci di "No one can love you better than me".

Nel complesso, "Freudiana" è il tentativo fallito di produrre il capolavoro che doveva coronare e terminare una carriera. Le tensioni fra Woolfson e Parsons, la mancanza di umiltà a fronte delle idee concretamente messe in campo, non sufficienti a realizzare un doppio LP, e soprattutto la mancanza di interesse di Woolfson nel lavorare al meglio su una idea che già voleva portare altrove, lo rendono invece un disco indispensabile solo per i fan dell'Alan Parsons Project - quantomeno per quelle quattro-cinque splendide canzoni che meritano pienamente di fare parte del suo canone.

- Prog Fox


- NOTA: Nella prima versione di questo articolo abbiamo scritto che 'viene pubblicato "Freudiana", inizialmente a nome Alan Parsons Project, ma già nella seconda tiratura sparisce ogni riferimento al gruppo che lo ha inciso'. Grazie al lettore Francesco Ferrua abbiamo scoperto che si tratta di una errore e che l'immagine allegata si riferisce a una copia pirata russa. L'articolo è stato corretto di conseguenza.

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