sabato 17 ottobre 2020

Bruce Springsteen: "The River" (1980)

Quarant'anni fa oggi usciva "The River", quinto album del cantautore rock americano Bruce Springsteen. The Boss incideva un doppio album che era una summa della carriera e racchiudeva il folk, il rock'n'roll, l'ottimismo americano e il pessimismo della recessione, contenendo "Born to Run" e anticipando tanto "Nebraska" quanto "Born in the USA".



(il disco completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yynsc2qc)

Nel 1979, Bruce Springsteen è pronto a pubblicare il seguito di "Darkness in the Edge of Town" (1978), splendido ma frainteso album in cui the Boss lasciava in disparte l'epos suburbano di "Born to Run" (1975) per descrivere una America più sobria e più dolorosa. Il nuovo disco si intitolerebbe "The Ties That Bind" e sarebbe costituito da dodici canzoni, ma quando già si sta preparando la campagna di stampa e lancio, Bruce chiede indietro i nastri, richiama la E-Street Band e l'amico-produttore Jon Landau e torna nella sua casa di Holmdel, nel New Jersey, per trasformare il disco in un doppio LP di ben venti canzoni.

Nasce così "The River", per molti il capolavoro e summa del cantautore americano, per altri disco eccessivo ed eccessivamente simile a se stesso per atmosfera e colori.

Vero è che l'album è davvero uniforme nelle sue tonalità in bianco e nero, secco ed essenziale, con chitarre acustiche ed elettriche limpide e pulite e pochi florilegi strumentali: molto meno colorato sonicamente di ciascuno dei dischi che lo precede, e fra quelli che lo seguono negli anni successivi solo il semiacustico "Nebraska", realizzato in pressoché totale solitudine, sarà più essenziale e monocromatico, specie se pensiamo all'orgia muscolare di "Born in the USA".

Ciò che impedisce al disco di risultare noioso è che le canzoni sono divise più o meno in due gruppi: pezzi rock'n'roll ottimisti o comunque energici, e pezzi cupi pieni di rabbia, preoccupazione, cosicché Springsteen e la E-Street Band entrano come un coltello caldo nel burro delle contraddizioni dell'America, una osservazione critica che però non arriva mai a rinnegare la forza del sogno americano quanto a chiedere con forza che esso venga implementato per davvero per tutti. Springsteen sceglie programmaticamente di creare un disco dal sapore unitario che però possa ospitare sia storie di gioia, di vita famigliare felice, sia storie di dolore, fallimento relazionale ed economico. Per qualcuno è populismo, per altri l'essenza del cuore di Springsteen e dei suoi musicisti, che li fa connettere con la working class di tutta America e persino di buona parte dell'Europa occidentale.

Il disco si apre con due dei pezzi più ottimistici, "The ties that bind" con le sue armonie chitarristiche degne dei Byrds e "Sherry Darling" con la sua atmosfera di revival anni cinquanta. Canzone simbolo di questo pacchetto di brani è però "Hungry Heart", con Flo & Eddie (ex-Turtles ed ex-Frank Zappa/Mothers) ai cori, uno dei singoli di maggior successo del Boss. Altri ottimi pezzi in questo stile sono "Two Hearts", "Out in the Street", "You Can Look (But You Better Not Touch)", "Cadillac Ranch", "I'm a rocker".

Naturalmente fra i brani cupi il più famoso è quello che da il titolo al disco: "The River" viene scritta da Bruce per il cognato, rimasto disoccupato a seguito della recessione che colpisce gli USA nella seconda metà degli anni settanta, canzone di profonda impotenza e dignità, che interpreta al meglio il disagio e l'onestà come doti della miglior parte della classe lavoratrice statunitense. "Independence Day" è un altro capolavoro di sofferenza e rinnovato amore per i valori americani scritti nella Dichiarazione d'Indipendenza del 1776. "Point Blank", uno dei pezzi più disperati del disco, racconta del rimpianto del narratore per una storia d'amore finita, con la sua ex ragazza che è finita male e vive di sussidi statali. L'esercizio in sobrietà lungo l'arco di otto minuti di "Drive all night" è forse il cuore emotivo dell'album, chiuso poi dalla dolente "Wreck on the Highway". Il fatto che l'atmosfera del disco tenda a spostarsi dall'allegria e dal rock verso il folk meditabondo la dice lunga sulla visione del futuro che Springsteen prevede per l'America.

I musicisti al suo fianco sono ormai a tempo indeterminato: Roy Bittan al piano, Danny Federici a organo e glockenspiel, Clarence Clemons ai sax, Garry Tallent al basso, Max Weinberg alla batteria e il fraterno amico Steven Van Zandt che condivide con Bruce chitarre e microfono, oltre che produzione del disco.

"The River" è un disco fondamentale per Springsteen anche perché contiene al suo interno già i germi di quello che saranno "Nebraska" e "Born in the USA", i suoi due album successivi. Se in "The River" la giustapposizione fra temi frivoli e temi seri, fra rock'n'roll e cantautorato, fra energia e meditazione, sarà ancora in qualche modo compenetrata e complementare, negli anni successivi essi saranno nettamente separati. Alcuni preferiscono i risultati di uno o di tutti e due album singoli, altri di questo doppio LP. Chi scrive, personalmente, preferisce nel complesso le atmosfere di "Born in the USA" e non ama "Nebraska". Ma vuole molto bene a "The River".

- Prog Fox

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