mercoledì 23 settembre 2020

Santana: "Abraxas" (1970)

Il 23 settembre di cinquant'anni veniva rilasciato anche "Abraxas", secondo album dei Santana e miglior disco del loro primo periodo (se non forse in assoluto): acid rock con assoli infuocati e musica latinoamericana con un solido tappeto percussivo, con la band che spazia dall'uno all'altra senza paura di mescolarli con abilità.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/y2lwezf2)

Dopo il successo dell'apparizione a Woodstock nel 1969 e la pubblicazione del loro disco di esordio, i Santana sono pronti al salto di qualità con quello che sarà uno dei capolavori della loro carriera: "Abraxas".

Chiamato come uno dei nomi del diavolo, e illustrato da un dipinto del pittore franco-tedesco Mati Klarwein, che aveva lavorato in quegli anni a copertine per gli LP di Miles Davis, in particolare di quella arcinota di "Bitches Brew", il disco è il punto di massimo equilibrio compositivo ed esecutivo del gruppo.

Il disco si apre con la suggestiva "Singing winds, crying beasts", che introduce alla struttura generale del disco, che mescola l'acid rock californiano (rappresentato dal pianista-organista-cantante Gregg Rolie, dal batterista Michael Shrieve e dal bassista David Brown) e la musica latina (i percussionisti Josè Areas e Mike Carabello, con una particolare passione per il latin jazz e la musica afro-cubana).

Il punto di contatto fra questi due mondi è Carlos Santana, il chitarrista discepolo spirituale tanto di Jimi Hendrix e Peter Green quanto del chitarrista jazz ungherese Gabor Szabo - come si capisce subito con quello che è forse il brano più famoso della carriera di Santana e dei Santana: "Black Magic Woman", una cover latineggiante del pezzo blues scritto da Green per i suoi Fleetwood Mac un paio d'anni prima. I fraseggi secchi e precisi del chitarrista e il baritono distaccato di Rolie rendono il pezzo indimenticabile, così come la coda mutuata da un brano del summenzionato Szabo.

Dopo due pezzi eterogenei, il gruppo si concede il lusso di una ulteriore cover di livello, quella del cha cha cha "Oye como va" del maestro americano Tito Puente (sì, quello di "Chi ha sparato al signor Burns?"), altro pezzo immancabile nelle radio di rock classico ancora oggi, ma allora un esperimento assolutamente rivoluzionario di cui non esistono probabilmente antecedenti.

Chiude un lato A perfetto la strepitosa "Incident at Neshabur", pezzo rock composto da Carlos con il pianista ospite Alberto Ginastera, in cui la propulsione ritmica di Michael Shrieve appare dominante rispetto alle percussioni, dato che deve guidare i complessi cambi di tempo, ritmo e atmosfera su cui Gregg e Carlos tessono assoli fulminanti prima del finale struggente - il tutto ne fa uno dei brani più rappresentativi del disco.

Sul lato B la presenza di un paio di riempitivi comunque non sgradevoli ("Se a cabo" ed "El Nicoya") non può sminuire la presenza di altri due capolavori assoluti del gruppo: "Samba pa ti", uno degli strumentali più noti composti da Carlos Santana, latin jazz romantico al suo meglio, e "Hope you're feeling better", che si spinge nell'hard rock con una ottima prova vocale di Rolie, anche autore della canzone. Completa l'album il buon soul rock "Mother's Daughter", quasi in stile Traffic.

"Abraxas", se non il migliore, è certamente il disco più viscerale e sincero di un gruppo di giovani e creativi musicisti americani dalle origini più disparate (bianchi, latini e neri) che suonano brani dalle origini più disparate, prima che eccessi di spiritualismo, influenze jazz e desideri pop della maturità contaminino la purezza leggendaria dei loro esordi giovanili.

Un disco del genere poteva sorgere solo in quegli anni da San Francisco. Se dovete ascoltare un solo album della carriera di Carlos Santana, con la sua band, da solista o in altre collaborazioni, fate che sia questo.

- Prog Fox

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