giovedì 3 settembre 2020

Oceansize: "Self-preserved while the bodies float up" (2010)

Usciva dieci anni fa oggi "Self-preserved while the bodies float up", quarto e ultimo album degli inglesi Oceansize, gruppo che ha mescolato alternative rock, post rock, progressive e hard in una delle forme più originali degli anni zero. Un degno, anche se brusco, finale per una formazione fenomenale che si sarebbe poi sciolta tra fine 2010 e inizio 2011.



(il disco completo qua: https://tinyurl.com/y2a268b9)

Gli Oceansize arrivano al quarto album dopo avere accresciuto volta dopo volta le proprie qualità e le proprie ambizioni, testimoniate da uno dei dischi post rock/hard prog più belli degli anni zero, "Frames" (2007). Dopo il delizioso EP "Home and Minor" il gruppo di Manchester ci riprova, spostando ancora le proprie coordinate sonore nel tentativo di rinnovarsi e proiettarsi con coraggio nel nuovo decennio.

Il disco inizia in modo esplosivo con tre colate di lava, prima il simil-doom di “Part cardiac”, poi l'hard rock sghembo di “Superimposer” e infine con la furia punk-progressive di “Build us a rocket then”, che costituisce il climax rabbioso del disco. I tre pezzi sono davvero notevoli per le soluzioni ritmiche di Heron che si collocano nel gruppo di quelle più anomale e ardite dell'epoca.

La seconda parte del disco ha un tono più riflessivo e poetico: "A Penny's Weight" ha toni quasi canterburyani e ospita un ottimo duetto con Claire Lemmon, "Oscar acceptance speech" e “Silent/Transparent” hanno il sapore di una ballata dei King Crimson anni ’90 dal crescendo epico, mentre “Ransoms” è il brano meno interessante del lotto, un dream pop abbastanza anonimo che allunga troppo la fase centrale calma.

Segue la scatenata “It’s my tail and I’ll chase it if I want to”, che riprende i temi musicali del terzetto di apertura, e che avrebbe potuto rappresentare la degna conclusione del disco, ma gli Oceansize decidono di chiudere in tono minore con altri due brani, "Pine" e "Superimposter", che tornano ai temi pacati della fase centrale - non si tratta di brani sgradevoli, ma che duplicano un po' inutilmente idee già espresse a sufficienza.

Il disco è caratterizzato da una buona varietà, ma i pezzi, forse perché volutamente più brevi in confronto a quelli di "Frames", tendono a essere un po' troppo simili al loro interno rispetto al più complesso ed epico album precedente.

La qualità dei brani rendono "Self Preserved..." un disco comunque più che valido - purtroppo, a causa del successivo scioglimento della band, non sapremo mai se a partire dalle novità qui introdotte gli Oceansize avrebbero saputo regalarci un altro capolavoro come "Frames". L'abuso di sostanze di uno o più membri mina la stabilità della formazione che annuncia la fine delle attività nel 2011. - Prog Fox

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