sabato 5 settembre 2020

Nile: "Black Seeds of Vengeance" (2000)

Cinque di settembre del duemila. Compie i vent’anni di vita Black Seeds of Vengeance, secondo album degli americani Nile, gruppo americano di technical death metal, affascinato dall'antico Egitto, di cui da una originale lettura onirica e lovecraftiana.



(il disco completo qui: https://tinyurl.com/y6jule7f)

Attivo dal lontano 1993, il gruppo originario dei South Carolina rappresenta un’istituzione nel campo brutal/death metal. Fautori di un intricato, tecnico, ostico, cattivissimo e forsennato death metal, i Nile hanno fin da subito improntato un loro unico marchio di fabbrica in un genere che non è mai stato molto predisposto a innovazioni e variazioni di stile: l’antico Egitto.

La musica che propongono i Nile, derivante dal death metal apocalittico lovecraftiano dei Morbid Angel, è sempre stata contraddistinta da tematiche ricorrenti riguardanti miti e leggende dell’antico Egitto, quello più oscuro e tenebroso, presentati da titoli dei pezzi lunghissimi (se esistesse un contest volto a premiare i titoli più prolissi, i Nile vincerebbero a mani basse) e testi interminabili che hanno più la parvenza di saggi orrorifici della vecchia e gloriosa terra di faraoni, schiavi, dei, demoni e maledizioni.

Il mastermind del gruppo è identificabile nella figura di Karl Sanders, chitarrista, mentore e fondatore del gruppo, topo da biblioteca che per anni ha raccolto informazioni sul tema. Con lui, il bassista e co-fondatore Chief Spires (che lascerà il gruppo nell’immediato futuro), e la new entry come secondo chitarrista Dallas Toler-Wade, subentrato subito dopo le registrazioni dell’album d’esordio, e che resterà una colonna portante del gruppo per quasi vent’anni. Alla batteria, venne reclutato come turnista l’animalesco Derek Roddy, all’epoca uno dei migliori drummer estremi in circolazione, reduce dal terremotante "In Cold Blood" dei Malevolent Creation.

Dal punto di vista compositivo, i brani dei Nile sono molto omogenei fra loro, assemblati da plotoni da 200 riff di media, dalla tonalità ribassata, sparati a velocità folle; la sezione ritmica, alquanto complessa, si basa fondamentalmente su blast beat e brevi break, in cui fanno capolino le orchestrazioni orientaleggianti da soundtrack cinematografica. I tre membri impegnati negli strumenti a corde si spartiscono il lavoro dietro il microfono: un’altra particolarità dei Nile, è quella di non affidarsi a un singolo cantante, ma di ottenere l’effetto “catacombale” prodotto dal growl gutturale e profondo di tre cantanti. I testi sono ovviamente incomprensibili, ma niente paura. All’interno del booklet potete trovarli per intero, con tanto di note e riferimenti dell’autore (Sanders, cioè).

I pezzi sono tutti validi, e non prevedono una gran varietà compositiva, ma su tutti spicca senz’altro l’epica titletrack, seguita dall’altrettanto ottima "Defiling the Gates of Ishtar". Un monolite di brutale death metal di quaranta minuti, in grado di aprire un varco temporale che ci catapulta indietro nel tempo fino alle antiche dinastie che hanno governato le terre in cui scorreva il Nilo.

- Supergiovane

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