lunedì 7 settembre 2020

Kate Bush: "Never For Ever" (1980)

Quarant'anni fa oggi usciva "Never For Ever", terzo album della straordinaria cantautrice anglo-irlandese Kate Bush, una delle donne più importanti del rock del Novecento. Dopo un secondo album incerto, "Lionheart", Kate spazzò via i dubbi sul suo talento in un disco validissimo e coinvolgente.



(l'album completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/y2n5dtpf)

Kate Bush si era ritagliata un posto d'onore nella musica britannica con il suo debutto "The Kick Inside", uscito il 17 febbraio del 1978, quando l'artista aveva appena diciannove anni. Per battere il ferro finché caldo, il 12 novembre dello stesso anno fu pubblicato il suo secondo album, "Lionheart", una mezza delusione sia per il pubblico che per la critica.

Intendiamoci: il disco aveva dei momenti più che gradevoli, ma semplicemente non poteva reggere il confronto con quel capolavoro di "The Kick Inside" - specialmente senza un singolo di lancio dall'impatto paragonabile a "Wuthering Heights".

Calata l'attenzione spasmodica, con molti che probabilmente la davano già per finita, o per one-hit wonder, Kate Bush poté preparare con maggiore calma il suo terzo album, l'ottimo "Never For Ever", che pur senza raggiungere le vette dell'esordio ci mostra una artista con una grande padronanza dei propri mezzi e con tantissime cose ancora da dire.

Lo stile dell'album è una naturale eppure consistente evoluzione del suono di "The Kick Inside", con arrangiamenti che non dimenticano le radici nel lavoro di David Gilmour, Andrew Powell e Alan Parsons, ma imparano nuove tecniche dal tempo speso assieme a Peter Gabriel per il suo terzo album solista. Kate interpola vecchi collaboratori (il tastierista Duncan Mackay e il batterista Stuart Elliott, entrambi appartenenti all'Alan Parsons Project; il percussionista Morris Pert; il bassista Del Palmer, che -se non lo è già- sarà presto partner non solo musicale) e nuovi collaboratori (il batterista Preston Heyman; i chitarristi Brian Bath e Alan Murphy; il tastierista Max Middleton), e i suoi brani beneficiano tantissimo dell'apporto di suo fratello Paddy, che oltre a essere la principale seconda voce del disco ci delizia con ogni genere di strumento esotico, dalla balalaika russa al koto giapponese, dal salterio medievale al sitar indiano, dalla sega all'armonica.

"Babooshka", prima canzone del disco, riporta in auge le credenziali commerciali di Kate Bush con un solido quinto posto in classifica, ma quello che a noi interessa è che si tratta di un pezzo favoloso, colorato dal ruolo dominante del basso fretless di John Giblin, in cui Kate esibisce la sua voce più sfrontata, a un tempo eterea e maliziosa. "Delius" contrasta il sintetico picchiettare di una drum machine con i timbri naturali del pianoforte, del sitar e delle voci di Kate, del fratello Paddy e dell'amico Ian Bairnson (chitarrista dei precedenti due album) che si rincorrono lungo tutto il brano come personaggi di Lewis Carroll in un prato durante un pomeriggio estivo.

Dopo la buona "Blow Away" e l'inessenziale ma inoffensiva "All we ever dream of", arriva a chiudere il lato A un altro capolavoro, il crescendo pazzesco di "Egypt", costruito dalle percussioni di Heyman mentre il sintetizzatore minimoog di Middleton domina la parte melodica del brano.

Nel secondo lato segnaliamo quantomeno "The Wedding List", un rock brillante che passa da fasi più ritmate ad altre più riflessive con la facilità di un Al Stewart; lo scatenato tour de force vocale di "Violin", al quale collabora il violinista tradizionale irlandese Kevin Burke, in cui il folk rock di Kate si trasforma in un pezzo tra hard rock e new wave, con breve quanto ottimo assolo di chitarra di Alan Murphy annesso; e la deliziosa ballata in tempo di valzer "Army Dreamers".

Il disco si conclude con un altro pezzo strepitoso, "Breathless". Anche qui ci troviamo di fronte a un arrangiamento sensazionale che mostra la continua crescita della cantautrice, soprattutto del controllo quasi sovrannaturale che esercita sulla propria voce, dal modo in cui punteggia ogni respiro a come ogni singola voce femminile sia da lei intessuta e interpretata (le voci maschili sono invece tutte appannaggio del cantautore folk rock Roy Harper, uno degli eroi musicali di Kate). John Giblin (basso fretless), Morris Pert (percussioni) e Stuart Elliott (batteria) gestiscono perfettamente ritmo e atmosfera della canzone con i loro interventi perfetti.

Disco che rappresenta una delle migliori prove della Kate Bush melodista, "Never For Ever" rappresenta una risposta agli scettici e conferma l'immenso talento e la straordinaria sensibilità musicale della cantante, aprendo definitivamente le porte a una lunga e gloriosa carriera.

- Prog Fox

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