mercoledì 30 settembre 2020

Andrew Lloyd Webber: "Jesus Christ Superstar" (1970)

Nel settembre di cinquant'anni fa veniva inciso per la prima volta "Jesus Christ Superstar", il musical scritto dal compositore Andrew Lloyd Webber per le liriche di Tim Rice. Il disco ebbe un successo clamoroso, portato e poi replicato senza fine a teatro, e nel 1973 ne fu tratto anche un fortunato film da Norman Jewison. Ma fu vera gloria? Si tratta davvero di uno dei più importanti eventi musicali del secondo Novecento?



(il disco in studio originale si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/ybu72xmw )

Nel settembre del 1970, un giovane compositore di 22 anni della Royal Academy of Music e il suo amico scrittore di 25 anni, dato che non hanno i soldi per mettere in piedi lo spettacolo che hanno scritto e dato che nessuno della musica 'seria' crede in loro, raccolgono un cast di giovani coetanei, cantanti e musicisti quasi tutti reclutati dal mondo del rock e del jazz rock inglese, e incidono per la prima volta un'opera che farà la storia.

"Jesus Christ Superstar" è a nostro parere una delle massime espressioni della musica rock. Andrew Lloyd Webber e Tim Rice hanno realizzato un'opera di impatto fondamentale, scegliendo uno dei temi più universali possibili (la Passione di Gesù Cristo) e trasfigurandolo in un affresco intriso di controcultura hippie e psichedelica, scegliendo per la sua narrazione quello che all'epoca era il linguaggio più universale possibile - il rock.

L'idea è sicuramente stata influenzata dal successo artistico di un'opera come "Tommy" degli Who, il primo concept album capolavoro del rock, che l'anno precedente aveva sfruttato per la prima volta appieno il potenziale del genere per costruire un'opera analoga in spirito all'opera comunemente intesa. Il risultato di Lloyd Webber fu sensazionale.

Il giovane compositore portò la propria formazione musicale accademica, ma a eseguire le sue partiture scelse un nutrito un gruppo di cantanti e musicisti rock. La scelta più famosa fu quella di Ian Gillan, cantante dei Deep Purple, per il ruolo di Gesù. Il cantautore folk Murray Head interpreta Giuda, la cantante nippoamericana Yvonne Elliman è Maddalena, Victor Brox (degli Aynsley Dunbar Retaliation) è Caifa, l'attore Barry Dennen è Pilato, John Gustafson (bassista dei Quatermass e in seguito dei Roxy Music) è Simone Zelota, il cantautore Mike D'Abo è Erode, Brian Keith è Annas, Paul Davis è Pietro.

Il nucleo dei musicisti era invece formato dalla Grease Band che accompagnava Joe Cocker (Bruce Rowland alla batteria, Alan Spenner al basso, Neil Hubbard e Henry McCullough alle chitarre, Mick Weaver alle tastiere) e dal tastierista Peter Robinson dei Quatermass, oltre a un buon numero di musicisti jazz e rock che su queste pagine conosciamo bene come Chris Mercer, Kenny Wheeler, Karl Jenkins, Jeff Clyne, Chris Spedding, John Marshall e Mike Vickers. A condurre l'orchestra è l'amico di famiglia Alan Doggett.

Come già abbiamo detto, l'intuizione di Rice e Lloyd Webber è quella di trasformare Gesù e i suoi discepoli in un gruppo di militanti della controcultura, pacifisti nell'epoca della guerra in Vietnam. Le analogie fra il Gesù francescano e il Gesù del musical, ma anche il ruolo dei media nello sviluppo della sua persona, che tanto preoccupa lo straordinariamente sfaccettato Giuda, co-protagonista e a tratti quasi vero protagonista dell'opera, ci ricordano l'incredibile modernità della figura di Cristo, certo non diminuita nei cinquant'anni che sono passati dall'incisione del disco.

A livello musicale, la scrittura di Lloyd Webber è straordinariamente felice e ci regala momenti a dir poco clamorosi. Sin dall'inizio con Giuda in "Heaven on their minds", col riff pazzesco di chitarra e basso che lo apre e la prova superlativa di Rowland alla batteria, è tutto un susseguirsi di temi tanto coinvolgenti quanto memorabili, tanto articolati quanto immediati. Si pensi al valore di tutti quei brani in forma di dialogo con ampio uso sia dei personaggi singoli che dei cori (apostoli, discepoli, sacerdoti, il popolo di Gerusalemme, gli infermi), come "What's The Buzz / Strange Thing Mystifying", "This Jesus Must Die", "Everything's alright" (con lo splendido tempo in 5/4 che trascina il brano), "Hosanna", "Damned for all time / Blood Money", "The Last Supper" (forse il capolavoro nel capolavoro).

Non mancano nemmeno i palcoscenici per i singoli solisti (Maddalena/Yvonne Elliman in "I don't know how to love him"; Gesù/Ian Gillan in "Gethsemane"; il già citato Giuda/Murray Head in "Heaven on their minds"), per le spettacolari comparsate di personaggi secondari come Simone Zelota ed Erode, per i duetti, tra cui spicca in assoluto quello straziante fra Gesù e Pilato durante il processo ("Trial before Pilate"), con la crescente frustrazione di Pilato/Barry Dennen (che fortunatamente ritroveremo nel film del 1973) a confrontarsi con la determinazione di Gesù martire.

Vero che "Jesus Christ Superstar" resta un'opera terribilmente camp o kitsch, che non le mancano ingenuità. Così come è vero che la versione definitiva dell'opera non è questa ma quella del film del 1973, con le incredibili prove di Ted Neeley come Gesù e Carl Anderson come Giuda, da allora per sempre consegnati a questi ruoli nel nostro immaginario, che gli arrangiamenti e anche alcuni intermezzi non sono ancora perfezionati fino in fondo.

Ma nella sua produzione grezza, ruvida, nelle urla strozzate dei cantanti ancora alla ricerca della nota più giusta per i brani sta anche la grandezza rock, quasi punk di questa edizione. E bisogna anche pensare alle circostanze in cui questo album originale nasce: un compositore ventiduenne senza arte né parte, che dal nulla, con un gruppo di amici, cantanti e musicisti altrettanto giovani che credono in lui, abbaglia il mondo con l'universalità della sua arte.

- Prog Fox

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