giovedì 27 agosto 2020

Van Morrison: "Common One" (1980)

Nell'agosto di quarant'anni fa veniva pubblicato anche "Common One", album del cantautore nordirlandese Van Morrison. Uno dei dischi peggio considerato dai critici al momento dell'uscita, è uno dei preferiti del cantautore stesso e, anche a nostro parere, è un disco brillante, inusuale, unico, caratterizzato da una intensa spiritualità fortemente legata alla natura.



(per il disco completo con due tracce bonus: https://tinyurl.com/y4fekrma)

Verso la fine del 1979, Van Morrison inizia a preparare le canzoni e gli arrangiamenti per il suo nuovo album, ispirato dalla lettura di poeti come William Blake, Samuel Taylor Coleridge, William Wordsworth e Alfred Austin, questi ultimi soprattutto per i loro componimenti dedicati alla natura.

"Haunts of Ancient Peace" apre l'album con una composizione di una delicatezza incredibile, dal sapore spirituale, pastorale e impregnato delle bellezze della natura.

"Summertime in England", quindici minuti di poesia jazz folk, si eleva su tutto il disco ancora una volta con spiritualità gioiosa e serena, conclusa dagli assoli sensazionali del sassofonista Pee Wee Willis (noto per la sua lunga militanza con James Brown) e del trombettista Mark Isham. Il testo parla dell'amicizia di Coleridge e Wordsworth che li portò a pubblicare le "Lyrical Ballads" nel 1798 e cita anche William Blake.

Più terra terra i successivi due brani, la quasi funky "Satisfied" e la romantica ballata soul "Wild Honey", certamente non deprecabili ma abbastanza nella norma della produzione del cantautore di Belfast.

Dopo questo momento in cui Van the Man sembra più che altro riprendere fiato, ci imbattiamo in un'altra doppietta in chiusura di disco, speculare a quella di apertura.

"Spirit", calda atmosfera primaverile in cui la voce di Morrison si libra su una musica che alterna un'atmosfera suadente e soffusa a una gloriosa, esplosivamente gioiosa, per uno dei momenti più entusiasmanti dell'LP.

La lunga suite "When heart is open" chiude il disco con quindici minuti di musica minimalista di atmosfera, guidata da liquidi arpeggi e gorgoglii di chitarra e basso elettrico, interventi di flauto traverso ed echi di fiati su di un ritmo libero e nella totale assenza di strumenti percussivi - affascinante e quasi straniante nella sua simulazione di un 'summertime afternoon' sulle colline inglesi, o forse nel sud della Francia dove incidevano il disco, o ancora nella verde Irlanda del Nord, o forse in nessuno di questi luoghi ma in un territorio fantastico solo sognato da Van Morrison e dai suoi musicisti.

La critica fece a pezzi il disco, ritenendolo uno dei suoi peggiori, troppo ambizioso ("Summertime in England", "When Heart is Open"), troppo smaccatamente spirituale, troppo... Beh, troppo e basta.

Pare che Van Morrison l'abbia presa molto male e non abbia più tentato un disco così sperimentale. Ma nel 2016, in occasione della sua nomina a baronetto, il cantautore nordirlandese scelse "Common One" come il disco che preferisce nella sua produzione.

Sebbene forse questa sia una boutade dovuta alla noia di doversi sempre sentire indicare "Astral Weeks" e "Moondance", l'album, pur se non il migliore, è a parere di chi scrive fra i più interessanti e originali di Van Morrison.

- Prog Fox

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