giovedì 20 agosto 2020

Black Sabbath: "Tyr" (1990)

Trent'anni fa oggi veniva pubblicato "Tyr", uno fra i più anomali album dei Black Sabbath, all'insegna di un heavy classico fortemente influenzato da temi epici e acustici, che sarebbe stato fondamentale influenza su molti gruppi di viking metal ed epic metal. Un disco poco conosciuto ma assolutamente originale e suggestivo.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/yypoa2b7)



"Tyr" è certamente uno dei dischi più bizzarri della discografia dei Sabbath. Ora, non pensiamo che bizzarro nella discografia dei Sabbath significhi dance pop, musica dodecafonica o jazz - le coordinate stilistiche di un robusto heavy metal rimangono al centro del suono. Però, ci sono alcuni elementi che rendono "Tyr" davvero peculiare.

Innanzitutto, come si può intuire dal suo titolo, i temi lirici dell'album riguardano principalmente la mitologia nordica, sebbene non si tratti di un concept vero e proprio. Il giovane cantante Tony Martin, giunto dopo l'ennesima serie di defezioni di membri dei Black Sabbath, aveva scritto liriche a contenuto satanico per il precedente "Headless Cross". Il chitarrista, fondatore e leader Tony Iommi, assieme al batterista Cozy Powell, anche lui giunto nel disco precedente e veterano di tanti gruppi heavy - dal Jeff Beck Group ai Rainbow - gli spiegano che i Black Sabbath e il satanismo non sono particolarmente correlati e, soprattutto, quando hanno fatto riferimenti a temi come il Demonio lo hanno fatto in genere in modo obliquo. Capita l'antifona, Martin cambia totalmente prospettiva e scrive pezzi di tenore più epico e mitologico, al centro dei quali pone il dio nordico Tyr, una delle figure più intriganti delle leggende del Nord. Il resto del gruppo, completato dal bassista Neil Murray (un altro veterano del prog e dell'heavy metal, con Colosseum II, National Health, Gary Moore e Whitesnake) e dal tastierista Geoff Nicholls (collaboratore di Iommi da un decennio), è entusiasta, e il titolo dell'album viene addirittura realizzato usando rune nordiche (anche se, per motivi estetici, la seconda runa della copertina, che assomiglia a una Y, viene in realtà pronunciata come x o z e non y, ma vabbè).

Fatta questa doverosa introduzione, possiamo iniziare ad ascoltare il disco. I temi lirici del disco sono stati svolti con una musica composta in modo perfettamente adeguato, al centro della quale c'è il suono roboante della batteria di Cozy Powell, che prende un ruolo primario rispetto alle chitarre, missate spesso lateralmente o sullo sfondo, nel riuscito tentativo di rendere al massimo la portata marziale ed epica dei brani. Anche per questo, diverse sono le canzoni che corrono su tempi medi e che privilegiano accordi cupi ma non violenti, tendenzialmente malinconici o corrucciati.

"Anno Mundi" apre il disco come se fosse un album dei Blind Guardian, con un arpeggio appoggiato da cori angelici in latino, prima di svilupparsi in un tempo medio dominato dalla batteria tonitruante ed effettata con un potente eco di Powell. La segue l'eccellente "Lawmaker", un heavy metal più classico e accelerato, con una fase centrale che sfrutta in positivo i cliche del metal anni 80 e una prova convincente del cantante e del gruppo. Tra i brani più particolari e suggestivi ci sono poi "Jerusalem" e "The Sabbath Stones", brani ancora tra il marziale e il tempo moderato, caratterizzati da importanti parti acustiche e fondamentali per costruire l'atmosfera dell'album.

Sul lato B troviamo due brani di atmosfera, "The Battle of Tyr" e "Odin's Court", che introducono un altro splendido pezzo, "Valhalla" (figuriamoci se poteva mancare un titolo così), ancora all'insegna di un rock epico e marziale dalla notevole resa. I tre pezzi presi insieme costituiscono una efficace suite e averli in tracce separate su mp3 o cd è estremamente irritante - meglio ascoltarsele legate fra loro su LP.

I due pezzi conclusivi, "Feels good to me" e "Heaven in Black", rappresentano una anomalia nel disco, con il primo, una classica ballata metal che potrebbe essere stata scritta dagli Scorpions o da Gary Moore, scelta per essere il singolo di lancio, e il secondo più afferente allo stile tradizionale del gruppo.

Con "Tyr", ci troviamo davanti a un album che rappresenta un solido, riuscito tentativo di fare qualcosa di diverso e originale nella produzione di uno dei più grandi gruppi di hard'n'heavy esistenti. Un disco veramente ben concepito, ben scritto e ben suonato, che potrà dispiacere solo a chi tende ad apprezzare i Black Sabbath solo nei loro contesti più classici. D'altronde, l'influenza esercitata sui gruppi di epic metal e viking metal sono evidenti, a partire dai faeroesi Tyr, che prendono proprio il nome stesso (e il logo) dal dio nordico immortalato in questo album.

Tony Martin, pur confermatosi un'ottima scelta come cantante, verrà presto accantonato in favore del ritorno di Ronnie James Dio sul successivo "Dehumanizer". D'altronde, con il gruppo ormai oltre i vent'anni di carriera, l'approccio di Tony Iommi sarà quello di incidere dischi a nome Black Sabbath col cantante disponibile al momento - Tony Martin, Ronnie James Dio e Ozzy Osbourne infatti si alterneranno nei prossimi album così come diversi dei membri dei gruppi passati, senza legarsi troppo a formazioni stabili, anzi, sfruttando il potenziale di una squadra allargata a seconda delle necessità della musica - o forse, viceversa, scegliendo di scrivere la musica in funzione di chi lavora con lui in quel momento.

- Prog Fox

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