sabato 11 luglio 2020

Ultravox: "Vienna" (1980)

L'11 luglio di quarant'anni fa veniva pubblicato anche "Vienna", quarto album degli Ultravox, maestri della new wave e del synth pop britannici, e uno dei loro massimi successi.



(l'album completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yd45cuvy)

“Questo non significa niente per me” canta melodrammatico Midge Ure nella title track di questo disco, nonché sorprendente successo commerciale dei britannici Ultravox post-separazione dal dandy John Foxx, cantante ed ideologo della formazione sui primi tre, magnifici, album.

La nuova line-up della band vede il cervellotico Foxx sostituito appunto da Ure, baffo da sparviero e accento scozzese, che assumerà anche il ruolo di chitarrista e, all’occorrenza, tastierista di complemento. Warren Cann siederà alle pelli, ma darà anche un contributo ai testi e offrirà la sua voce in uno dei brani chiave; Chriss Cross alla bassa e, soprattutto, Billie Currie a sintetizzatori ed archi, completano una delle formazioni più fraintese, divisive, ma soprattutto influenti della storia della new wave, ma non solo.

Gli Ultravox, infatti, sono probabilmente la prima band a proporre un’idea di rock che unifichi buona parte delle tendenze passate e presenti: dal post-punk al prog, dal synth-pop all’elettronica teutonica, sotto l’egida dei soliti numi tutelari Bowie, Eno e anche Talking Heads.

La fusione a freddo di questi elementi genera un disco estremamente, estremamente, estremamente ambizioso, una sorta di sogno paneuropeista in musica, che offre, da un lato, le affascinanti sperimentazioni elettroniche di “Mr. X” (con Cann alla voce), i melange prog-wave delle splendide “Astradyne” e “Western Promise”, ma soprattutto l’anthemica “New Europeans”, il cui pop-rock accattivante è uno degli earworms più pervicaci del disco; d’altro canto, “Sleepwalk” è uno dei pezzi synth-pop più riusciti di sempre, probabilmente il migliore mai prodotto dalla band (ironicamente nel momento in cui il synth-pop era al principio della sua infanzia), e le restanti “Passing Strangers”, “Private Lives” e “All Stood Still” sono wave-rock intenso e cinematico, puro new romantic prima che il new romantic venisse sommerso dallo tsunami di stucchevoli stupidate per il quale viene ricordato.

La title track, ovviamente, merita un discorso a parte: un pezzo di pop melodrammatico, romantico, atmosferico, contenente lunghi arpeggi di piano classico e un assolo di viola (!!!), osteggiata dalla casa discografica in quanto, evidentemente, anti-commerciale. E invece la canzone, pubblicata come singolo, diventa una hit, arriva ai piani alti delle hit parade dell’intero continente, e trascina album nelle vendite. Il quartetto britannico conquisterà per la prima volta la ribalta internazionale.

La gigantesca ambizione artistica che la band mette in mostra in “Vienna” non vedrà mai davvero piena realizzazione, e il loro sound rimarrà un culto, molto diffuso ma non generazionale: Ure e soci attraverseranno gli ’80 contribuendo alla parte migliore della discografia del decennio, ma la loro corsa raggiungerà il capolinea già nel 1986, anno in cui band più o meno coeve come gli U2 e i Depeche Mode cominceranno la maturazione e getteranno i senni per carriere pluridecennali. L’influenza degli Ultravox non può però essere sottostimata: sono molti gli omaggi diretti (Mauro Sabbione li cita spesso tra le influenze del periodo d’oro dei Matia Bazar) e quelli meno diretti (“Guiding Light” dei Muse cita spudoratamente “Vienna”, e forse i Muse sono eredi degli Ultravox anche sotto le voci rock pan-europeista, melodrammaticità, e ambizione sfrenata) che verranno tributati alla band nel corso degli ultimi 40 anni di storia del rock, a dispetto della ricezione critica mai davvero gentile.

Come accaduto ad altre grandi band prima e dopo di loro, infatti, il loro contributo alla scena synth-pop/new romantic (di cui sono in tutto e per tutto padri nobili, tocca ricordarlo), verrà costantemente sottocitato, trascurato, per motivi che sfuggono all’analisi razionale e possono essere sintetizzati in termini di sfiga (relativa, s’intende), un destino che ha colpito altre band seminali come gli Suede e, in parte, gli stessi Muse, per citare altri due nomi cari a chi scrive.

“Vienna” è un disco che ha qualcosa da offrire a praticamente tutti gli ascoltatori, grazie ad un’originalità strana e sghemba che gli impedisce, forse, di essere un capolavoro assoluto, ma allo stesso tempo lo rende stranamente speciale: noi ce lo teniamo così.

- Spartaco Ughi

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