martedì 28 luglio 2020

Franco Battiato: "Patriots" (1980)

Nel luglio di quarant'anni fa veniva inciso "Patriots", decimo album del cantautore e musicista siciliano Franco Battiato. Si tratta del secondo disco della svolta pop dopo "l'Era del Cinghiale Bianco", ed è un altro successo clamoroso in termini artistici, anche se in classifica non va oltre il trentesimo posto.



(l'album completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/yydq5o56)

Dopo il fantastico "l'Era del Cinghiale Bianco" e l'inizio della collaborazione con Alice, Battiato prosegue la sua opera di rinnovamento della musica pop italiana sempre con il suo piccolo gruppo di collaboratori fissi che include il produttore Angelo Carrara, il chitarrista della Formula 3 Alberto Radius e il violinista e arrangiatore Giusto Pio.

Introdotto dal basso tambureggiante di Gigi Cappellotto, l'album si apre con uno dei testi più significativi della carriera di Battiato, "Up patriots to arms", in cui canta con il suo sfiatato sussurro in falsetto il suo rifiuto per il mondo e per l'assurdità della vita politica e intellettuale che lo circonda. È l'ayatollah Khomeini, che ha appena preso il potere in Iran con la rivoluzione islamica, a diventare il simbolo più conclamato del suo fastidio per l'adorazione di massa, l'adulazione dei potenti, le miserie del potere e di chi lo supporta acriticamente o per interesse.

La fascinazione con l'Oriente, o meglio sul rapporto fra Oriente e Occidente, prosegue in "Venezia-Istanbul", poetico capolavoro di dolcezza in cui splendono il violino di Pio e la sezione ritmica trascinante del melodioso, illuminante Cappellotto e del trascinante batterista Flaviano Cuffari, capace di trasformare il proprio strumento nello scorrere del treno sui binari. A completare la meraviglia, la tessitura di pianoforte di Antonio Ballista nella prima strofa che lascia poi il passo a quella di chitarra elettrica di Radius (tra accordi in palm muting e incisi solisti) e, infine, all'organo di Filippo Destrieri, in un arrangiamento scritto secondo una progressione che riempie sempre più lo spazio sonoro fino all'improvviso finale.

Il lato A si chiude con "Le Aquile", brano guidato nella strofa dai sintetizzatori di Destrieri e nel ritornello dai violini di Pio, in cui Battiato mette in musica una poesia della scrittrice svizzera Fleur Jaeggy, concludendo con una esilarante improvvisazione vocale nella coda.

Voltata facciata, ci troviamo davanti a uno dei quadri più belli della carriera di Battiato, "Prospettiva Nevski", che sarà sublimata dalla versione incredibile che ne farà Alice di lì a pochi anni (1985). Battiato mescola in maniera anche spaziotemporalmente incongrua (famoso il divertente saggio di Tommaso Labranca che, ironicamente, ma non sempre a proposito, cerca di segnalarle una ad una) immagini di San Pietroburgo e della Russia, scavando anche nei nostri stereotipi immaginari, sapendo però farne un uso profondo e popolare nel senso migliore; aiutato, naturalmente, dalla fortunatissima vena melodica che lo accompagna.

Segue la divertente "Arabian Song", primo brano in cui il cantautore cerca di inserire parti in arabo compiutamente all'interno di una sua canzone, e la sincopata ma minore "Frammenti", che lascia poi il passo all'ennesimo capolavoro, "Passaggi A Livello", posta significativamente a chiusura di disco: sfrenata ordalia di citazionismo, si chiude con un'orgia di nomi di opere e artisti gettati nel tritacarne emotivo della coda, in cui Destrieri al sintetizzatore costruisce il ponte sul quale Giusto Pio apporrà le ultime note del disco con un ostinato di violino che rimanda, simbolicamente, al brano di apertura del precedente album, "l'Era del Cinghiale Bianco".

"Patriots" non aggiunge concettualmente nulla di nuovo a "l'Era del Cinghiale Bianco", come non farà l'ultimo album della trilogia, "la Voce del Padrone" del 1981. D'altronde l'esplorazione degli stilemi del progressive pop mistico, spirituale e allo stesso tempo ironico del cantautore, è clamorosamente destrutturante e talmente innovativa da necessitare di più di un disco per completarsi, e tanto da svolgersi anche parallelamente nelle collaborazioni con artiste quali Alice e Giuni Russo.

Il periodo 1979-1981 risulta quindi il più fecondo e riuscito della carriera del nostro, assieme agli inizi progressive/avanguardistici del 1972-1973. Presto, proprio con "la Voce del Padrone", sarà il momento che tutta Italia si accorga della statura di Franco Battiato.

- Prog Fox

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