sabato 13 giugno 2020

Uriah Heep: "Very eavy very umble" (1970)

Il 13 giugno del 1970 viene pubblicato "Very eavy very umble", disco di debutto degli inglesi Uriah Heep, fra i primi gruppi dell'hard rock ed heavy metal moderno. Disprezzato dalla critica del tempo, poi rivalutato, è un onesto album di rock duro, fra ingenuità condonabili e idee che puntano a una maggior gloria futura.



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Gli Uriah Heep nascono con il nome di Spice per opera del chitarrista Mick Box e del cantante David 'Byron' Garrick, che reclutano il batterista Alex Napier e il bassista Paul Newton. Decidono nel dicembre del 1969 di cambiare nome in Uriah Heep, uno dei principali antagonisti del romanzo "David Copperfield", perché in previsione del centenario della morte di Charles Dickens (7/02/1812 – 9/06/1870) non si faceva che parlare dello scrittore.

A febbraio del 1970 il gruppo è completato dall'arrivo dell'organista Ken Hensley: come i Deep Purple, gli Uriah Heep sono ispirati dai Vanilla Fudge, gruppo americano tra hard rock e psichedelia che si è appena sciolto ed era caratterizzato da aggressivi riff di chitarra-organo e un cantante che si caratterizzava per il proprio vibrato. A metà delle registrazioni, Alex Napier viene rimpiazzato da Nigel Olsson, raccomandato dall'amico Elton John.

"Very eavy very umble" è un titolo ispirato dal personaggio dickensiano, che soleva fingere modestia ripetendo di essere 'very 'umble', ma non c'entra comunque nulla con i contenuti lirici o musicali del disco. Alla sua uscita, l'album fu parecchio disprezzato, individuato come stolido e monodimensionale, fato che d'altronde colpì molti gruppi hard rock e heavy metal seminali. Il disco, però, pur non raggiungendo i livelli di Deep Purple e Black Sabbath, ed essendo segnato da diverse ingenuità (tra cui la copertina di una bruttezza surreale), è simpatico e non privo di interesse.

"Gypsy", pezzo di apertura del disco, ci fa già capire il clima che dobbiamo aspettarci dal gruppo: un riff aggressivo, ossessivo e stolido, con il tenore sgolato di Byron e un infinito assolo di organo di Hensley inciso su una base ripetitiva e violenta, con un finale fortemente derivativo della psichedelia dei Vanilla Fudge. Non è strano che la critica del tempo non riuscisse a cogliere gli elementi seminali di una canzone del genere, riuscendo solo a vedervi una brutalità incapace di sottigliezze: ma noi abbiamo imparato il valore artistico di certe durezze, in tempi di doom, thrash e black metal.

Se "Gypsy" è violenza innovativa e senza compromessi, la non deprecabile "Walking in your shadow" si avvicina maggiormente a quanto facevano - meglio - i Deep Purple dell'epoca, mentre "Lucy Blues" (più autenticamente blues) e "Real Turned On" (ancora una volta in stile più Purple) sono dignitosi blues rock tipici di quell'epoca musicale. Il momento più difficile da digerire del disco è certamente la discutibile cover di "Come away Melinda" dei folksinger americani Weavers, che vorrebbe essere una ballata antemica contro la guerra ma è davvero inadatta a sopportare il peso delle sue aspirazioni tragico-sinfoniche.

Sul lato B, "Dreammare" (primo caso delle tematiche liriche horror-fantasy che domineranno gli album migliori del gruppo) e "I'll keep on trying" tendono ad anticipare maggiormente il futuro della band, con atmosfere musicali da heavy metal epico grazie all'uso delle tastiere e alle sovraincisioni vocali in stile operistico di Byron. Ottima anche la conclusiva "Wake Up (Set Your Sights)", uno dei pezzi migliori del disco in gran parte grazie allo swing jazzistico della batteria di Alex Napier, che con questo brano si congeda dal gruppo.

In conclusione, "Very eavy very umble" non è un album essenziale della storia dell'heavy metal, né il migliore della discografia degli Uriah Heep. È però un inizio dignitoso per un gruppo che ha lasciato la sua impronta sull'hard rock degli anni settanta nonostante l'ostilità eccessiva di troppi critici.

- Prog Fox

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