mercoledì 3 giugno 2020

B.B. King: "Indianola Mississippi Seeds" (1970)

Nel giugno di cinquant'anni fa terminano anche le incisioni di "Indianola Mississippi Seeds", album di BB King che lo stesso bluesman considerava forse il suo disco migliore. Con un gruppo di accompagnamento strepitoso (Carole King, Leon Russell, Russ Kunkel, Bryan Garofalo, Joe Walsh), King ci delizia con un disco di blues rock straordinariamente intenso e moderno, in quello che è forse l'ultimo capolavoro dei grandi maestri del blues classico e un passaggio di testimone alle nuove generazioni.



(l'album completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/y92khgww)

BB King ha 44 anni quando entra in studio con l'ambizioso produttore Bill Szymczyk per registrare il suo nuovo album in studio. Szymczyk, invece, di anni ne ha 27 e ha una formazione da tecnico della marina nel campo dei sonar. Dopo altri corsi di manipolazione di audiovisivi nella marina, si iscrive all'università e intanto sbarca il lunario come ingegnere del suono a New York, dove conosce fra gli altri Carole King. Finalmente riesce a convincere la casa discografica ABC di farlo produttore, in cambio di un secco taglio di stipendio, e si fa affidare uno dei suoi idoli, il cantante e chitarrista blues BB King.

La carriera di King, come quella dei protagonisti dell'era classica del blues, non è molto solida: in America il blues rock non ha poi preso quanto in Inghilterra, le nuove generazioni si stanno avviando verso nuovi orizzonti musicali, mentre fra i neri dominano il soul e il funky. Ma Szymczyk è convinto che un personaggio come King abbia ancora tanto potenziale: tutto sta a trovare produttori che, invece di limitarsi a fargli incidere canzoni vecchie o nuove senza quasi prestargli attenzione, diano al suo materiale l'attenzione e la cura che merita, affiancandogli musicisti di alto calibro, contribuendo a selezionare i pezzi migliori, e rendendo il suono della band fresco, chiaro e moderno.

BB King si mostra interessato e i risultati arrivano subito, con l'album "Live and Well" e il singolo "The Thrill is Gone", che fanno rientrare King in classifica dopo una vita. Il sodalizio, così, prosegue per "Indianola Mississippi Seeds", album dedicato da King alla propria città natale e che King stesso considererà, trent'anni dopo, come il disco migliore della sua intera carriera.

Per quanto sia difficile selezionarne uno in particolare quando hai pubblicato decine di album e singoli e hai una discografia confusa come solo quella di un bluesman nero che ha iniziato a incidere negli anni quaranta può essere - voglio dire, chi ha ascoltato tutta la discografia di BB King criticamente? forse neanche lui stesso - "Indianola Mississippi Blues" è un disco superbo, che non teme confronti con nulla di ciò che venne pubblicato nel 1970, e tanto basta.

Intanto troviamo King in forma smagliante alla chitarra, deciso e incisivo come sempre, con la sua particolare tecnica solista che emerge in modo energico e nitido in pezzi come "Ask me no questions" e "Until I'm dead and cold"; e poi ci sono con lui musicisti stellari, non solo preparati tecnicamente ma anche straordinariamente sensibili e adatti: Szymczyk chiede all'amica Carole King di accompagnare al pianoforte, alternandosi con l'autore e richiestissimo musicista di studio Leon Russell, che vive il suo periodo d'oro lavorando con George Harrison, Delaney & Bonnie e con Joe Cocker. Poi ci sono altri due musicisti di studio che suoneranno con più o meno chiunque, ovvero il bassista Bryan Garofalo e il batterista Russ Kunkel. A concludere la corte del re c'è poi l'esuberante Joe Walsh, allora con la James Gang e in seguito con gli Eagles, che fornisce, quando necessario, una chitarra di spalla. Solo "Go Underground" sfugge a questa struttura, essendo il residuo delle sessioni di "The Thrill is Gone" l'anno precedente, con tutt'altra formazione.

L'album si apre con un breve lamento blues di BB King al piano solista, "Nobody Loves Me But My Mother", che ci mette già del giusto umore. Il blues di King, va notato, non è un blues sofferto o malinconico. King vive il blues con ironia e amore per la vita: le sfide poste dal fato sulla sua strada vengono affrontate e il blues non è un modo per piangersi addosso, ma per dare uno sguardo sornione e distaccato alle cose oppure per ricaricare la grinta e ritrovare il desiderio di lanciare il guanto di sfida alle avversità (si senta il piglio deciso dello strumentale "King's Special", o la furia di "Chains and Things", che nasce asciuttissima e poi si trasforma in un inaspettato, barocco duello fra la chitarra di King e gli archi).

La produzione di Szymczyk, lo abbiamo detto, è perfettamente adeguata: ogni strumento spicca nitido fra gli altri, il suono è limpido e ci permette di apprezzare in ogni sfumatura la tecnica chitarristica di BB King e le sottigliezze nelle esecuzioni di ognuno dei musicisti coinvolti (si ascolti per esempio "Ain't Gonna Worry My Life Anymore", con i cambi di tempo della sezione ritmica nell'introduzione, la batteria di Kunkel in primo piano, poi il piano elettrico di Carole King e i discreti fiati in sottofondo e il finale con gli archi).

La degna conclusione di questa meraviglia è "Hummingbird", l'unico pezzo non firmato da King bensì da Leon Russell, che infonde la sua sensibilità country rock donandoci quel poco di varietà necessario a sublimare l'album: King, la voce in splendida forma, sa interpretare con passione una canzone che esce al di fuori della sua zona di comfort, sorprendendoci in una interpretazione allo stesso tempo struggente ed ebbra di gioia, conclusa dal meraviglioso finale appannaggio delle coriste e, ancora una volta, di un Kunkel strepitoso nel saper dettare i tempi e l'atmosfera di un brano.

A conti fatti, mancano gli aggettivi per poter elogiare un disco come "Indianola Mississippi Blues": se siete amanti del blues, si tratta semplicemente di un disco imperdibile, che mette in riga dozzine di imitatori che non sapranno mai coniugare come King la sua estetica, la sua pulizia e la sua sincerità (pensiamo per esempio a tanti bluesmen degli anni '80 con i loro sintetizzatori e la produzione leccatissima). Se non siete amanti del blues, questo disco è uno di quelli che merita comunque di stare nella vostra collezione.

- Prog Fox

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