sabato 23 maggio 2020

Peter Gabriel: "Peter Gabriel III/Melt" (1980)

Usciva il 23 maggio di quarant'anni fa anche il terzo disco solista di Peter Gabriel, terzo di fila senza titolo e quindi noto come "Melt" (dalla copertina) o come "Peter Gabriel III". Uno dei migliori album di Peter Gabriel, il disco rappresenta un deciso passo avanti per il cantante britannico nella sua progressione verso un art rock dagli elementi elettronici e world music al contempo. Contenendo brani celeberrimi della sua discografia come "Biko" e "Games with no frontiers".



Il disco completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yb777zew

Arriviamo a quel punto della discografia di Peter Gabriel in cui cominciamo a chiederci: 'è questo il suo disco migliore? o è il prossimo?' A parere del vostro umile recensore, la difficoltà sta nel distinguere album di così alto livello sul piano qualitativo, quando però nessuno di essi è esattamente perfetto.

Piccolo difetto, dopotutto: ma come si può considerare perfetto un disco che ha quella nenia insopportabile di "Games without frontiers", che spreca il rapporto fra Peter e Kate Bush lasciandole banali cinguettii di un ritornello irritante? Eppure c'è chi adora la canzone, mentre trova pomposa e sopravvalutata la conclusiva "Biko", che altri, quale il sottoscritto, ritengono forse la più bella, intensa e rappresentativa composizione della sua intera carriera da solista. Così, passando da questi due estremi, dobbiamo constatare quanto sia vera la leggenda della soggettività dell'arte e dei giudizi, realizzare che forse tra questi due estremi passa la difficoltà nel giudicare nel suo complesso questo album, alzare le mani e limitarci a descrivere, interessare, e sperare che possiate apprezzare "Biko" quanto noi. Dedicata all'attivista anti-apartheid sudafricano Steve Biko, ucciso a soli 30 anni il 12 settembre 1977 dalla polizia, il pezzo esemplifica al meglio l'incrocio delle mille influenze di Gabriel, mescolando cornamuse scozzesi, cori tradizionali africani, drum machine e la batteria reale del sempre perfetto Jerry Marotta.

Altrove, è Phil Collins a occupare lo scranno del batterista: è lui che con il produttore Steve Lillywhite e il tecnico del suono Hugh Padgham inventa per il brano di apertura "Intruder" il suono da gated drum, che dominerà la prima metà degli anni ottanta e comparirà ovunque nei dischi di Gabriel, Collins, Genesis, XTC, PiL e molti, molti altri.

"No Self Control", con l'amico Robert Fripp alla chitarra solista, vede evidenti influenze dei King Crimson anni '70 nelle percussioni di Morris Pert che aprono il pezzo, uno dei migliori del disco, aggressivo e creativo.

Oltre a Gabriel e Marotta, il gruppo base per le sessioni del disco vede Larry Fast ai sintetizzatori, John Giblin al basso e David Rhodes alle chitarre. Quanto agli altri ospiti, oltre a Bush, Collins, Fripp e Pert troviamo Dick Morrissey al sax, Tony Levin allo stick in un unico ma sensazionale brano, la rabbiosa, intensa "I don't remember", e infine le chitarre di Paul Weller e di Dave Gregory degli XTC in un paio di pezzi.

"Family Snapshot" è un'altra ottima canzone: brano strutturato come una delle sue vecchie narrazioni prog, ma arrangiato in chiave anni '80 fra gated drums senza piatti e sax da pop jazz, con suoni leggermente diversi sarebbe stato perfetto per un disco dei Genesis post-Gabriel come "A Trick of the Tail" o "Wind and Wuthering". Al contrario, "And through the wire" mostra influenze new wave e vede l'incrociarsi di due voci su un incalzante ritmo di batteria. Il risultato, ovviamente, è di nuovo favoloso.

Sul lato B del disco, oltre alla fastidiosa "Games without frontiers" e al capolavoro finale "Biko", di cui abbiamo ampiamente discusso, troviamo altri due brani: "Not one of us" e "Lead a normal life" sono canzoni interessanti ma non di primo piano in un disco con così tante opere di livello, e il loro valore sta più nel proseguire adeguatamente il discorso dell'album che non nella loro qualità intrinseca. Diciamo che contribuiscono in un certo senso a rendere l'LP più della mera somma delle sue parti.

Gli anni '80 di Peter Gabriel si aprono tanto bene quanto lo sono finiti i suoi anni '70. Tutto il decennio resterà un lungo altopiano creativo per l'ex-cantante dei Genesis, che surclasserà in termini qualitativi ciascuno dei vecchi compagni, da solo o in gruppo. Senza paura di sperimentare e mescolare il vecchio progressive con la modernità e la world music, continuerà a coniare una personale forma di art rock capace di colpire ad ampio raggio uno spettro notevole di ascoltatori. "Peter Gabriel III/Melt" è forse il più sperimentale dei suoi dischi. Se sia il migliore, dipende probabilmente dai vostri gusti, più che dal valore intrinseco - sempre altissimo - dei suoi dischi dal '77 all'89. Ascoltate e giudicate voi.

- Prog Fox

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