sabato 23 maggio 2020

A Perfect Circle: "Mer de Noms" (2000)

Il 23 maggio del 2000 è la data di debutto della superband A Perfect Circle, nota per l’essere il 'progetto parallelo' del frontman dei Tool, James Maynard Keenan, con l'album "Mer de Noms".



(l'album completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/ya2trru3)

Progetto parallelo del frontman dei Tool, James Maynard Keenan, gli A Perfect Circle vedono la co-titolarità del chitarrista (polistrumentista) Billy Howerdel. Quest’ultimo cominciò la propria carriera giovanissimo come tecnico del suono, facendosi nel giro di poco tempo una notevole esperienza come sound engineer di David Bowie, Guns’n’Roses, Faith No More, Smashing Pumpkins, Nine Inch Nail, fra gli altri. Durante questo periodo, mentre era al lavoro con i Fishbone, ebbe l’occasione di conoscere Maynard, all’epoca ancora sconosciuto cantante dei praticamente sconosciuti Tool (il loro debutto "Undertow" doveva ancora vedere la luce), con cui restò in contatto negli anni venturi.

Alcuni anni dopo, più precisamente nel ’96, proprio i Tool lo ingaggiarono per le registrazioni di "Aenima" e il tour che ne seguì. Fu durante questo periodo, a stretto contatto collaborativo con Maynard, che il progetto A Perfect Circle cominciò a prendere vita nella sua fase embrionale. Dopo anni passati come quella bistratta figura che sale sul palco prima dei concerti per aggiustare il soundcheck, finalmente Howerdel, il quale covava già da tempo idee e spunti per un album solista, poté mettersi in proprio, collaborando con il nuovo 'partner in crime' sulla stesura di pezzi inediti, lavorando lui sulla musica e sull’aspetto strumentale, e Maynard sui testi e l’aspetto concettuale.

"Mer de Noms" fu il nome scelto per l’esordio firmato A Perfect Circle. La copertina, oltre al logo del gruppo, vede una serie di bizzarri simboli concatenati fra loro: trattasi di una sorta di nuovo alfabeto creato da Maynard (si, sappiamo bene che non gli piace fare le cose semplici), dove a ogni simbolo corrisponde una lettera dell’alfabeto (lo stesso giochetto viene applicato ai titoli delle canzoni contenute all’interno del booklet). Abbinando lettere a simboli, otteniamo come combinazione “La cascade des prénoms”, una cascata di nomi di persona che possiamo trovare sfogliando la setlist dell’album (sette su dodici sono nomi di persone a cui Maynard si è ispirato).

A completare la formazione troviamo diversi turnisti e ospiti, fra cui la bassista di origini argentine Paz Lenchantin (attualmente nei Pixies), preziosa nell’alchimia del gruppo anche come violinista, e l’ex Vandals John Freese alla batteria (conosciuto da Howerdel quando faceva il turnista per i Guns i quegli anni), che andò a rimpiazzare il drummer dei Primus Tim Alexander, membro del gruppo solo per i primissimi concerti e con cui fu registrato in studio solo il pezzo di apertura "The Hollow". Infine, la lineup ufficiale vede alla seconda chitarra Troy van Leeuwen (più avanti trasferitosi ai Queens of the Stone Age).

Con "Mer de Noms", il gruppo mette a fuoco una nuova visione di concepire l’alternative rock, le influenze spaziano dagli anni ’80 ai ’90, dalla dark wave al grunge, con screziature cromatiche post rock, ambient, shoegaze, industrial, elettroniche, psichedeliche, noise pop e indie rock. Un totale di dodici pezzi di altissima classe composti senza fare ricorso a copie carbone di stilemi ricorrenti, ognuno dotato di vita propria e in possesso di precise peculiarità. Un album molto variegato e longevo, sebbene per nulla ostico o eccessivamente criptico, nessun pezzo risulta prolisso e/o ripetitivo, la durata media si attesta sotto i quattro minuti. Se dovessimo indicare persone fisiche fra le maggiori influenze del combo, le potremmo identificare certamente nella figura di Robert Smith (The Cure e Sioux and the Banshee sono stati fonte di grande ispirazione per Howerdel) e in quella di Billy Corgan con i suoi Smashing Pumpkins.

Si tratta di un lavoro viscerale, dal forte impatto emotivo, prodotto dalle linee melodiche di Howerdel e dalla magnetica voce di Maynard. Si parte dalle eleganti distorsioni dell’opener "The Hollow", guidate da linee vocali suadenti e accattivanti. A differenza dell’impostazione canora adottata nei Tool, Maynard tende a far vibrare più soavemente la propria ugola, giocando molto sulle sue doti interpretative e ovviamente sulla voce unica che ben conosciamo. Segue la suggestiva "Magdalena", dove escono allo scoperto le suggestioni new wave di Howerdel (pezzo stilisticamente molto vicino a quello che egli proporrà anni dopo con gli Ashes Divide, suo nuovo progetto personale una volta “congelati” gli A Perfect Circle). Come terza traccia, troviamo "Rose", quella che rappresenta uno dei massimi apici assoluti del gruppo. Il pezzo viene costruito sulla continua alterazione sonora fra pesanti spasmi elettronici di matrice industrial e leggeri arpeggi di chitarra su cui Maynard scandisce egregiamente strofe e parole (magistrale la stesura delle linee vocali su questo pezzo), l’outro vede l’inserimento del violino solista di Paz Lenchantin.

Arriva così il momento più 'heavy' dell’album, "Judith". Scelto come primo singolo, il videoclip girato può vantare la partecipazione dietro la macchina da presa di David Fincher. Il pezzo recupera parte della flessione crossover-metal dei Tool, anche in questo caso l’approccio melodico di Maynard-Howerdel fa da contrappeso alla durezza del pezzo. Seguono due “lenti” dal profondo impatto emotivo: l’intensa "Orestes" e, a seguire, "3 Libras". Anche quest’ultima canzone citata rappresenta l’apice compositivo degli A Perfect Circle: le atmosfere rarefatte e sognanti, la fragile ugola di Maynard e gli armoniosi inserti di violino ne fanno l’alternative rock ballad perfetta. Scelta come secondo singolo, anche per "3 Libras" è stato girato un suggestivo e conturbante videoclip.

Nota a margine: nei video dei singoli, potete vedere Maynard con indosso una parrucca dalla folta chioma. Parrucche che indossa a ogni occasione riguardante la sua partecipazione con gli A Perfect Circle. Onestamente, ci è oscuro il motivo di questa scelta, e conoscendo lo stile eccentrico e spesso kitsch dell’artista in questione, è meglio soprassedere su quesiti di questo tipo. Maynard ha sempre snobbato la domanda, limitandosi a definirla una scelta iconografica per tenere le distanze stilistiche fra Tool e A Perfect Circle.

Dobbiamo ammettere che, pur restando di alto livello, la seconda parte dell’album è meno valida della prima. Ciò non toglie che "Mer de Noms" non possa fare a meno di una composizione come "Thomas", dove emerge la psichedelia mistica dei Tool, con tanto di voci sovrapposte e riffing alla Adam Jones, senza dubbio il pezzo che più si rifa alla band madre di Maynard. E non si può fare a meno di citare due pezzi accattivanti di altissimo livello come "Thinking of You" e "Sleeping Beauty", che consolidano l’alto tasso di ispirazione del disco.

Posta verso la chiusura, troviamo "Breña", gemma oscura dell’album, una ballata malinconica dal mood gotico e decadente, forte di un crescendo emotivo molto intenso e coinvolgente, anche grazie a uno dei rarissimi assoli che possiamo trovare in un pezzo firmato A Perfect Circle. A completare la scaletta del disco troviamo "Renholdër", intermezzo strumentale dal gusto orientaleggiante. Il nome della canzone trae ispirazione da Danny Lohner, ex chitarrista dei Nine Inch Nails, che in seguito collaborerà con il gruppo, curando soprattutto i remix presenti su aMotive. Chiude il cerchio "Over", composizione minimale in lo-fi scandita solamente da poche note di pianoforte e xilofono, in cui la voce di Maynard in secondo piano recita versi incomprensibili e appena udibili. Curiosità: su stilemi simili, il cerchio verrà riaperto con le note iniziali dell’opener Package del disco successivo, "Thirteen Step".

"Mer de Noms" è un album perfetto, magnifico, senza punti deboli o cedimenti. Un masterpiece epocale, primaria fonte di ispirazione per moltissimi gruppi della scena alternative rock che nasceranno negli anni duemila.

- Supergiovane

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