lunedì 4 maggio 2020

Deftones: "Diamond Eyes" (2010)

Il 4 maggio del 2010 esce Diamond Eyes, sesto album da studio dei californiani Deftones, leader della scena alternative metal. Uscito dopo il gravissimo incidente occorso al bassista Chi Cheng, che non si riprenderà mai più e morirà nel 2013, un disco che segnerà una svolta nel suono e nella vita del complesso.



(il disco si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/ybps4sam)
In principio, "Diamond Eyes" era un album che non sarebbe mai dovuto uscire, ma che finirà per segnare una nuova fase nella carriera del gruppo.

Vediamo di spiegarci meglio: il precedente full lenght "Saturday Night Wrist", datato 2006, era il loro lavoro più sperimentale, e vedeva il gruppo sempre più lanciato a percorrere percorsi shoegaze, darkwave e alternative, così come lo era il progetto solita di Chino Moreno, Team Sleep, con cui aveva pubblicato un lavoro l’anno prima.

Il successore di "Saturday Night Wrist", battezzato "Eros", era già stato scritto e registrato, e sarebbe dovuto uscire nella prima metà del 2008. Sfortunatamente, verso la fine del 2007, il bassista Chi Cheng rimane vittima di un grave incidente stradale che lo manda in coma. Chi era una delle colonne portanti dei Deftones, sia in fase di scrittura che in sede live (soprattutto nei cori e nelle parti cantate più aggressive, in cui l’ugola di Moreno non ruggiva più come ai bei vecchi tempi). Il gruppo decide allora di congelare la pubblicazione di Eros, e per le imminenti date live chiama a sostituire Chi il bassista dei Quicksand Sergio Vega (loro amico di vecchia data, che già in passato aveva sostituito Chi come turnista occasionale).

Intanto, le condizioni di Chi non migliorano, e aleggia una forte incertezza riguardo un suo completo recupero che potrebbe consentirgli di riprendere la carriera. Dopo un periodo di pausa in cui il gruppo meditò lo scioglimento, alla fine si decise di continuare con Vega come membro stabile, e di scrivere da zero nuovo materiale. Per il nuovo lavoro, il gruppo si rifece il look, cambiando anche lo storico produttore Terry Date per avvalersi dei servigi di Nick Raskulinecz, il quale aveva già lavorato in precedenza con Foo Fighters e di recente con gli Alice in Chains per il loro comeback.

"Diamond Eyes" non segna un ritorno alle origini, ma il sound torna ad essere maggiormente aggressivo, le distorsioni più ruvide e le tonalità più basse, mantenendo quel mood ambient suggestivo levigato nell’arco dei loro ultimi dieci anni di carriera. L’album viene subito presentato da Chino Moreno come uno dei migliori che abbia mai scritto, tutt’ora considerato dal singer come quello di cui va più orgoglioso. Non la solita dichiarazione paracula di circostanza, dato che effettivamente il disco mantiene appieno le premesse.

I primi due singoli estratti, "Rocket Skates" e la title track "Diamond Eyes" (entrambi pubblicati prima del rilascio dell’album) mostrano in modo eloquente la progressione sonora del gruppo di Sacramento rispetto agli ultimi lavori, restando comunque ancorati a quelle peculiarità su cui hanno costruito la loro intera carriera: il dualismo fra la durezza compatta delle ritmiche e l’ammaliante voce di Moreno, al servizio di trame melodiche tessute in slow-motion. Due pezzi che hanno regalato grandi soddisfazioni a coloro che auspicavano un almeno parziale ritorno al passato.

Carpenter regola la sua chitarra su distorsioni ribassate di due/tre toni vicine a tonalità in stile Meshuggah (non a caso, un paio di anni dopo compierà un upgrade passando dalla chitarra a sette corde a quella ad otto), "You’ve Seen The Butcher" e "CMND/CTRL" sono due pezzi in cui il riverbero di questo suono greve e trascinato viene maggiormente sfruttato. Il groove posthardcore di "Royal" ci presenta dei Deftones scatenati come non mai, "Prince" e "Risk" invece rievocano il periodo di "White Pony".

Naturalmente c’è spazio anche per momenti più delicati, "Beauty School", raffinata e sognante, ne è il miglior esempio. "Sextape" (terzo singolo), ancora più soft, esplora lidi post rock, le linee vocali altrettanto calde e affabili ne fanno l’unica 'vera' ballad del gruppo, forte anche un non indifferente appeal mainstream. In "976-EVIL" (curioso titolo preso in prestito da un vecchio horror anni 80 diretto dal 'signor Freddy Krueger' Robert Englund) spicca più visceralmente l’anima shoegaze del gruppo, debitrice in particolare degli ultimi lavori firmati The Cure (non è un mistero che il gruppo guidato da Robert Smith sia stato una grande fonte di ispirazione per Chino Moreno, come lui stesso ha spesso dichiarato). Chiude l’album "This Place is Death", pezzo sostenuto dall’umore malinconico.

Undici pezzi variegati e ben strutturati senza particolari sbavature o cedimenti, che vanno a comporre un album molto sentito e composto in tempi brevi sull’impeto emotivo provocato dall’incidente occorso a Chi. Come sappiamo, Chi, che nonostante qualche piccolo progresso resterà in stato semivegetativo per anni, morirà nel 2013 per arresto cardiaco.

Per il decennale di questo "Diamond Eyes", rispolveriamo quello che è il lavoro più maturo dei Deftones, da annoverare come uno degli apici della loro carriera assieme ai grandi classici "Around The Fur" e "White Pony".

- Supergiovane

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