mercoledì 27 maggio 2020

Caravan: "If I could do it all over again, I'd do it all over you" (1970)

Nel maggio di cinquant'anni fa veniva inciso "If I could do it all over again, I'd do it all over you", il secondo album in studio dei britannici Caravan, che si caratterizza per la notevole crescita di uno dei più importanti gruppi prog della cosiddetta Scuola di Canterbury rispetto all'esordio in salsa di pop prog psichedelico di due anni prima.


(il disco completo si può trovare qui --> https://tinyurl.com/y7yy4vkx)


Gli inglesi Caravan avevano debuttato nel 1968 con un acerbo ma non disprezzabile disco eponimo, nel quale esploravano il rock psichedelico sospeso fra fiabesco e sperimentale che aveva caratterizzato gruppi come i Pink Floyd di Syd Barrett e i primi Soft Machine (tre quarti dei quali avevano suonato in passato ed erano amici di infanzia dei Caravan stessi).

Con il secondo album (e il primo di una serie di titoli dal doppio senso sessuale in evidenza), i Caravan raggiungono la propria maturità musicale e si avviano a diventare una delle principali formazioni della cosiddetta Scuola di Canterbury, fluido insieme di gruppi e artisti dell'ambito progressive rock caratterizzati da estremo scambio di componenti fra loro, collaborazioni continue e una passione per le avanguardie jazz e il jazz britannico della seconda metà degli anni sessanta.

A distanza di due anni dal debutto, il nuovo disco rappresenta un salto qualitativo notevole sia nella tecnica che nelle scelte compositive, sebbene gli arrangiamenti continuino in diversi casi a ricordare la psichedelia fiabesca degli esordi, in particolare nel brano di apertura che da il titolo al disco, forse il meno riuscito dell'album, e in "Hello Hello", decisamente migliore. "As I feel I die" rappresenta invece un pezzo anomalo per i Caravan, proiettato verso una interessante direzione di jazz rock psichedelico che la band di fatto non seguirà nei dischi successivi.

Nonostante ciò, i veri picchi del disco stanno tutti nei brani più lunghi e più rispondenti alle logiche del nascente progressive rock: articolate composizioni come "And I wish I were stoned/Don't worry", "With an ear on the ground" e "Can't be long now/For Richard", di otto, dieci e quattordici minuti rispettivamente, nelle quali emerge la scrittura collettiva del gruppo (ogni pezzo dell'album è firmato da tutti e quattro i componenti, esplicitamente: sono fra le prime formazioni rock a farlo).

Il progressive dei Caravan, non a caso, si basa tantissimo sul suono collettivo e sull'allacciamento degli strumenti fra loro, mentre sono marginali le divagazioni soliste, in maniera anomala rispetto al progressive rock e all'hard rock che presto andranno per la maggiore.

Le brillanti tre suite sopracitate, che faranno anche da modello per quelle di livello anche superiore dei dischi successivi, partono da ritmiche di batteria di Richard Coughlan, influenzate dal jazz, non di rado accompagnate da variazioni di stile e ritmo e in tempi dispari. Su di esse costruiscono le strutture armoniche la chitarra di Julian Pye Hastings, capace di esprimere un suono di ritmica pulito, cristallino che trova pochi equivalenti nelle chitarre elettriche; e le tastiere di David Sinclair, capace di estrarre suoni distorti, psichedelici o solenni dal suo organo, con i quali tende a spostare la direzione emotiva e narrtiva dei brani. Il basso di Richard Sinclair, cugino di David, completa il gruppo con un timbro caldo e sanguigno, originale e assolutamente riconoscibile, che lega tutti gli strumenti attraverso figure musicali complesse e articolate.

Oltre all'occasionale solo di Pye o David, parti soliste vengono sovente affidate a quello che sarà il più fidato collaboratore esterno del gruppo, James 'Jimmy' Hastings, notevole sassofonista e flautista jazz, e, fatto da non trascurare, fratello maggiore del buon Pye. Bisogna poi citare l'accattivante dualismo vocale fra lo stile del bassista Richard Sinclair, dotato di un timbro baritonale da gentiluomo britannico distaccato e con una punta di malinconia, e quello del chitarrista Pye Hastings, dal falsetto degno di un folletto malizioso e irriverente.

Nonostante i numerosi progressi, ancora i Caravan hanno margine di miglioramento: le parti strumentali infatti tendono ad andare un po' per le lunghe, ma si tratta di un difetto marginale che verrà presto risolto.

"If I could do it all over again" resta il primo di una memorabile sequenza di dischi strepitosi che continuerà, nonostante qualche cambio di formazione, fino al 1976.

- Prog Fox

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