martedì 14 aprile 2020

Judas Priest: "British Steel" (1980)

Il 14 aprile del 1980 usciva "British Steel", uno dei capolavori della carriera dei Judas Priest, che li conferma gruppo di punta della transizione che porta dall'hard rock anni settanta alla nascente new wave of british heavy metal.



(album completo disponibile qui: https://tinyurl.com/r8q5ac6)

In quel 1980 che è l'anno zero della consacrazione dell’heavy metal, i Judas Priest danno alla luce "British Steel", disco considerato uno dei loro capolavori assoluti.

In una annata che ha giovato dei seminali esordi degli Iron Maiden, Angel Witch e Diamond Head, fautori di tre album fondamentali per la nascita del movimento della nuova ondata del metallo britannico (nota ai più come New wave of british heavy metal), i JP buttano fuori un album duro, diretto, e fottutamente accattivante, reduci dalla consacrazione mondiale dettata dal live "Unleashed the East".

Forti dell’esperienza accumulata con i precedenti cinque album da studio - in cui hanno mutato il rock grezzo dell’esordio di "Rocka Rolla" in una forma indurita e adrenalinica di hard rock settantiano, in cui l’influenza dei concittadini Black Sabbath li ha accompagnati da "Sad Wings of Destiny" in poi, proseguono nella loro mutazione che in precedenza (e in realtà per buona parte degli anni ’80) li ha lasciati ancorati con un piede nell’hard rock e con l’altro piede più solidamente nell’heavy metal di nuova generazione.

I Judas Priest compiono il grande passo assieme al fidato produttore Tom Allon, con cui avevano appena lavorato proprio su "Unleashed the East", noto per essere stato sound engineer nei primi tre album dei Black Sabbath.

"British Steel" abbandona appositamente in parte le tematiche impegnate, 'ambigue' e 'oscure' dei precedenti album in favore di testi più spensierati e senza tanti fronzoli; il songwriting viene snellito in favore di un’immediata assimilazione dei pezzi, il lavoro delle chitarre viene snellito per favorire la spiccata propensione a partorire riff più semplici e dalla forte presa.

La celebre "Living After Midnight" esemplifica perfettamente la direzione stilistica che la band (e il producer) sono intenzionati a percorrere. Mood rockeggiante e festaiolo, riff incendiari, linee melodiche affabili e un refrain memorabile, a cui si aggiunge anche un elementare ma gustoso assolo ad opera di KK Downing. Come per tutte le grandi hit, pochi semplici ingredienti ma ben piazzati, capaci di farne uno dei pezzi più celebri della scena rock-heavy metal della storia.

Con "United" il gruppo alza ulteriormente l’asticella verso un’audience più ampia, uscendosene con un altro pezzo tanto semplice quanto coinvolgente, il tipico pezzo da “stadium metal” con cui esaltare le folle accorse per l’esibizione. Gli integralisti e i metallari più intransigenti certamente snobberebbero un pezzo del genere, ma le grandi carriere si costruiscono anche (e a volte soprattutto) su canzoni di questo tipo. Anche i Queen, per citare un gruppo a caso, ne sanno qualcosa.

Oltre alle due succitate composizioni, "British Steel" più che uno studio album pare una raccolta dei più noti pezzi dei Priest: posta in apertura, troviamo un altro pezzo da novanta, la famigerata "Breakin The Law", semplice, breve, rudimentale, diretta e fottutamente acchiappante. Centocinquantacinque secondi di un genuino e tamarro metallo pesante. Uno dei manifesti del metal degli albori. Si aggiungono al succulento piatto l’altrettanto leggendaria "Metal Gods", rocciosa e cadenzata, altro dei cavalli di battaglia del quintetto britannico guidato da Rob Halford, e la spassosa "Grinder", composizione sulla falsariga dei lavori hard’n’heavy che il gruppo ha prodotto negli anni precedenti.

Regalano belle soddisfazioni anche i rimanenti cinque pezzi che vanno a completare un lp memorabile privo di filler, in particolar modo "Rapid Fire", poderosa e cazzuta come l’heavy metal vuole.

Negli anni si è spesso incappati nella disputa se i Judas Priest, e nello specifico questa fase della loro carriera, siano propriamente heavy metal oppure no. Molti li riconoscono come i padrini del genere, altri sostengono che la loro fase propriamente metal sia cominciata dieci anni dopo con "Painkiller". Sebbene questa tesi abbia un concreto filo logico, noi diremmo di fregarcene di disquisire di puntigliose cataloghizzazioni, e di goderci questo gioiello degli anni ottanta forgiato in autentico metallo britannico.

- Supergiovane

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