martedì 14 aprile 2020

Iron Maiden: "Iron Maiden" (1980)

Il 14 aprile di quarant'anni fa esordiva su LP una delle più grandi formazioni rock e metal di sempre, gli Iron Maiden, che sarebbero assurti al rango di vere e proprie leggende e portabandiera mondiali della musica heavy.



(il disco completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/vkq4tjt)

Il debutto eponimo su LP degli Iron Maiden è indubbiamente uno dei dischi più importanti della storia dell'heavy metal.

Gli Iron Maiden nascono ufficialmente il giorno di Natale del 1975 per opera del bassista Steve Harris (classe 1956). Il primo concerto del gruppo si tiene il 1° maggio del 1976. Prima che la formazione si stabilizzi passano anni: nella primavera del 1978 entra definitivamente il chitarrista Dave Murray (che aveva avuto già una esperienza col gruppo; classe 1956), nel novembre del 1978 arriva il cantante Paul Di'Anno (classe 1958), solo nel dicembre del 1979, alla vigilia del primo contratto discografico, il batterista Clive Burr (classe 1957) e il secondo chitarrista Dennis Stratton (classe 1952), dopo un primo demo pubblicato a novembre dello stesso anno.

I primi due lavori ufficiali sono tutti del febbraio 1980: il singolo "Running Free" e una apparizione nella compilation "Metal for Muthas" con i brani "Sanctuary" e "Wrathchild".

Nel frattempo, a gennaio, il quintetto si insedia nei Kingsway Studios di Londra con il produttore Wil Malone. A differenza degli altri produttori che hanno provato, Malone lascia briglia sciolta al gruppo, che non aspetta altro.

Caposaldo assoluto della new wave of british heavy metal, "Iron Maiden" è sicuramente compreso in quella dozzina o anche meno di album fondamentali del metal. Le influenze sul suono del gruppo sono evidenti, ma è altrettanto evidente che il suono del gruppo sia qualcosa di completamente originale, rielaborato e personale. Il gruppo è certamente figlio dell'hard rock britannico degli anni settanta, ma giunge a livelli di aggressività impensati, solo accennati da gruppi come Black Sabbath, Judas Priest e Rainbow. Gli Iron Maiden stanno all'hard rock come i gruppi hardcore americani stanno al punk dei Ramones: sono qualcosa di diverso, di più violento e di più radicale.

Frammenti di influenze si riscontrano un po' ovunque nell'opera: dall'attacco a due chitarre che è evidentemente ispirato a quello dei Wishbone Ash (di cui Dennis Stratton era grande fan) rinnovato dalla lezione tecnica di Eddie Van Halen, alle violenti bordate di basso e batteria dei Motorhead (l'attacco devastante di "Prowler", uno dei brani più rappresentativi, il singolo di lancio "Running Free"), attraverso i quali gli Iron recuperano indirettamente anche le novità di un punk che i musicisti personalmente non apprezzavano.

Il basso poderoso e incalzante di Steve Harris, vero innovatore del ruolo e del suono dello strumento; l'attacco di doppie chitarre; la voce graffiante di Paul Di'Anno; testi che si rifanno alla grande tradizione oscura, esoterica, mitologica e dark di band quali Black Sabbath e Blue Oyster Cult ("Phantom of the Opera"); ritmiche che preconizzano il thrash metal della Baia ("Iron Maiden"); il recupero innovativo dell'epos del prog rock più fantastico ("Remember Tomorrow", "Strange World"): il disco è un vero e proprio spartiacque tra ciò che si faceva prima nell'ambito della musica heavy e ciò che si sarebbe fatto negli anni successivi, e che avrebbero fatto i Maiden stessi. Il disco è pressoché perfetto, senza una traccia o un minuto superfluo: rivoluzionario e privo di cedimenti o esitazioni, è un vero capolavoro dell'aggressione sonora.

Con gli anni, gli Iron Maiden sarebbero assurti al rango di vere e proprie leggende e portabandiera mondiali della musica heavy. Ma anche se avessero realizzato solo questo album, sarebbero entrati nella storia.

- Prog Fox

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