Vent'anni fa oggi usciva anche "Figure 8", ultimo album pubblicato in vita da Elliott Smith, uno dei massimi cantautori americani degli anni '90. Smith sarebbe morto il 21 ottobre del 2003, in cause mai chiarite, probabilmente suicida.
(il disco completo in versione estesa/deluxe si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yd266adb)
Di Elliot Smith abbiamo già parlato in diverse occasioni, con la redazione di note che accompagnassero e consigliassero l'ascolto delle sue opere.
Si è già quindi detto del frullato di emozioni e di umanità che il cantautore americano dispiega nelle tracce che compongono i dischi usciti a suo nome.
Si è raccontato il fragile equilibrio messo in musica: una ricerca della felicità con le ali mozzate, neppure troppo desiderata e ad ogni modo intravista solo a tratti, come sole che appare e scompare dietro le nuvole.
"Figure 8", ultima opera in studio pubblicata da Smith prima della prematura e tragica scomparsa, è un punto decisamente affermativo nel suo percorso. Non vuole aggiungere nulla di particolarmente eretico rispetto al consueto approccio cantautoriale e intimo ma lo consolida e ne rafforza le basi qualitative e quantitative.
Usare la coppia di termini "accessibità" e "orecchiabilità" può spesso apparire come una accusa di concessione ad una maggiore fruibiltà in cambio di una perdita di intuizioni sacre ed ispirate, ma non è questo il caso: dall'apertura della fortunata "Son Of Sam" all'aggressiva e brillante "L.A" le canzoni di questo disco si pongono in una solita orbita puramente beatlesiana, con rock e pop come fuochi dell'ellisse.
Quello che fa Smith è procedere con passo spedito (verrebbe da dire "sicuro", se non fosse una eresia associare tale termine alla sua personalità introversa e combattuta) su un percorso stilisticamente ben definito.
La scrittura trae sicuro giovamento da questa chiarezza di idee: si potrebbe anche rilevare una normalizzazione rispetto a "Either/Or", ma sarebbe nota ingenerosa e strumentale. Che l'ispirazione sia assolutamente ancora viva e sincera lo si può senza dubbio apprezzare dal caleidoscopio di "Stupidity Tries", brano assolutamente centrale nel disco sia per qualità che per capacità di evolversi verso una sorprendente coda elettro-sinfonica che non fa altro che porre un accento notevole sulle potenzialità compositive di Smith. Smith che è assolutamente padrone delle sue capacità e delle sue intenzioni artistiche: non ci sono passaggi a vuoto, tutti i brani sono piccoli ritratti perfettamente riusciti e completi, che escono spesso dalla cornice (preziosa ma a volte asfittica) dell'intimismo per virare su colori più accesi e originali ("Wouldn't Mama Be Proud?").
La chiusura è affidata, con scelta quasi premonitrice, alle atmosfere soffuse di "Bye", carrillon che annuncia il saldarsi di un cerchio.
Lo si sarebbe inteso come saluto temporaneo, valido fino al prossimo incontro; si dovrà prendere atto invece di un sipario chiuso e di un addio definitivo, con i rimpianti per quello che sarebbe potuto essere solo parzialmente consolati solo dal senso di realizzazione e compiutezza che risiede - ad ogni modo - in questo eccellente disco.
- il Compagno Folagra
(il disco completo in versione estesa/deluxe si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yd266adb)
Di Elliot Smith abbiamo già parlato in diverse occasioni, con la redazione di note che accompagnassero e consigliassero l'ascolto delle sue opere.
Si è già quindi detto del frullato di emozioni e di umanità che il cantautore americano dispiega nelle tracce che compongono i dischi usciti a suo nome.
Si è raccontato il fragile equilibrio messo in musica: una ricerca della felicità con le ali mozzate, neppure troppo desiderata e ad ogni modo intravista solo a tratti, come sole che appare e scompare dietro le nuvole.
"Figure 8", ultima opera in studio pubblicata da Smith prima della prematura e tragica scomparsa, è un punto decisamente affermativo nel suo percorso. Non vuole aggiungere nulla di particolarmente eretico rispetto al consueto approccio cantautoriale e intimo ma lo consolida e ne rafforza le basi qualitative e quantitative.
Usare la coppia di termini "accessibità" e "orecchiabilità" può spesso apparire come una accusa di concessione ad una maggiore fruibiltà in cambio di una perdita di intuizioni sacre ed ispirate, ma non è questo il caso: dall'apertura della fortunata "Son Of Sam" all'aggressiva e brillante "L.A" le canzoni di questo disco si pongono in una solita orbita puramente beatlesiana, con rock e pop come fuochi dell'ellisse.
Quello che fa Smith è procedere con passo spedito (verrebbe da dire "sicuro", se non fosse una eresia associare tale termine alla sua personalità introversa e combattuta) su un percorso stilisticamente ben definito.
La scrittura trae sicuro giovamento da questa chiarezza di idee: si potrebbe anche rilevare una normalizzazione rispetto a "Either/Or", ma sarebbe nota ingenerosa e strumentale. Che l'ispirazione sia assolutamente ancora viva e sincera lo si può senza dubbio apprezzare dal caleidoscopio di "Stupidity Tries", brano assolutamente centrale nel disco sia per qualità che per capacità di evolversi verso una sorprendente coda elettro-sinfonica che non fa altro che porre un accento notevole sulle potenzialità compositive di Smith. Smith che è assolutamente padrone delle sue capacità e delle sue intenzioni artistiche: non ci sono passaggi a vuoto, tutti i brani sono piccoli ritratti perfettamente riusciti e completi, che escono spesso dalla cornice (preziosa ma a volte asfittica) dell'intimismo per virare su colori più accesi e originali ("Wouldn't Mama Be Proud?").
La chiusura è affidata, con scelta quasi premonitrice, alle atmosfere soffuse di "Bye", carrillon che annuncia il saldarsi di un cerchio.
Lo si sarebbe inteso come saluto temporaneo, valido fino al prossimo incontro; si dovrà prendere atto invece di un sipario chiuso e di un addio definitivo, con i rimpianti per quello che sarebbe potuto essere solo parzialmente consolati solo dal senso di realizzazione e compiutezza che risiede - ad ogni modo - in questo eccellente disco.
- il Compagno Folagra
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