sabato 18 aprile 2020

Elliott Smith: "Figure 8" (2000)

Vent'anni fa oggi usciva anche "Figure 8", ultimo album pubblicato in vita da Elliott Smith​, uno dei massimi cantautori americani degli anni '90. Smith sarebbe morto il 21 ottobre del 2003, in cause mai chiarite, probabilmente suicida.


(il disco completo in versione estesa/deluxe si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/yd266adb)


Di Elliot Smith abbiamo già parlato in diverse occasioni, con la redazione di note che accompagnassero e consigliassero l'ascolto delle sue opere.

Si è già quindi detto del frullato di emozioni e di umanità che il cantautore americano dispiega nelle tracce che compongono i dischi usciti a suo nome.

Si è raccontato il fragile equilibrio messo in musica: una ricerca della felicità con le ali mozzate, neppure troppo desiderata e ad ogni modo intravista solo a tratti, come sole che appare e scompare dietro le nuvole.

"Figure 8", ultima opera in studio pubblicata da Smith prima della prematura e tragica scomparsa, è un punto decisamente affermativo nel suo percorso. Non vuole aggiungere nulla di particolarmente eretico rispetto al consueto approccio cantautoriale e intimo ma lo consolida e ne rafforza le basi qualitative e quantitative.

Usare la coppia di termini "accessibità" e "orecchiabilità" può spesso apparire come una accusa di concessione ad una maggiore fruibiltà in cambio di una perdita di intuizioni sacre ed ispirate, ma non è questo il caso: dall'apertura della fortunata "Son Of Sam" all'aggressiva e brillante "L.A" le canzoni di questo disco si pongono in una solita orbita puramente beatlesiana, con rock e pop come fuochi dell'ellisse.

Quello che fa Smith è procedere con passo spedito (verrebbe da dire "sicuro", se non fosse una eresia associare tale termine alla sua personalità introversa e combattuta) su un percorso stilisticamente ben definito.

La scrittura trae sicuro giovamento da questa chiarezza di idee: si potrebbe anche rilevare una normalizzazione rispetto a "Either/Or", ma sarebbe nota ingenerosa e strumentale. Che l'ispirazione sia assolutamente ancora viva e sincera lo si può senza dubbio apprezzare dal caleidoscopio di "Stupidity Tries", brano assolutamente centrale nel disco sia per qualità che per capacità di evolversi verso una sorprendente coda elettro-sinfonica che non fa altro che porre un accento notevole sulle potenzialità compositive di Smith. Smith che è assolutamente padrone delle sue capacità e delle sue intenzioni artistiche: non ci sono passaggi a vuoto, tutti i brani sono piccoli ritratti perfettamente riusciti e completi, che escono spesso dalla cornice (preziosa ma a volte asfittica) dell'intimismo per virare su colori più accesi e originali ("Wouldn't Mama Be Proud?").

La chiusura è affidata, con scelta quasi premonitrice, alle atmosfere soffuse di "Bye", carrillon che annuncia il saldarsi di un cerchio.

Lo si sarebbe inteso come saluto temporaneo, valido fino al prossimo incontro; si dovrà prendere atto invece di un sipario chiuso e di un addio definitivo, con i rimpianti per quello che sarebbe potuto essere solo parzialmente consolati solo dal senso di realizzazione e compiutezza che risiede - ad ogni modo - in questo eccellente disco.

- il Compagno Folagra

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