lunedì 30 marzo 2020

Joy Division: "Closer" (1980)

Il 30 marzo di quarant'anni fa venivano completate le registrazioni di "Closer", secondo e ultimo album dei Joy Division, profondi innovatori della new wave inglese.

Ian Curtis, il cantante e leader carismatico della formazione, si sarebbe suicidato il 18 maggio successivo. Dalle ceneri della formazione sarebbero sorti i New Order.




(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/rh2bufo)


Dopo la tempesta e prima della tempesta.

"Closer" è il secondo ed ultimo disco in studio dei Joy Division: è preceduto dalla onda lunga dell'esordio ("Unknown Pleasures") e sarà il prodromo dello tsunami innescato dal chiudersi, come da copione scritto e perfettamente recitato, delle umane vicende di Ian Curtis.

Una reazione a catena che definitivamente segnerà la fine di un'epoca - incredibilmente aperta e chiusa in due soli dischi - e aprirà verso un "nuovo ordine" delle cose, sicuramente interessante ma altrettanto sicuramente meno penetrante e simbolico.

"Closer" è un quaderno aperto ispirato innanzitutto al racconto della distanza, fisica e mentale, che intercorre tra le persone. Dalla copertina, che mostra una dolente e pietosa scena di commiato, ai testi dei brani non c'è soluzione di continuità rispetto al tema principale: claustofobico, marziale e scuro, Ian Curtis declama un inno al lato oscuro della psiche e della natura umana. Riesce difficile, francamente difficile, seguire a cuore leggero questa discesa negli inferi: viene in soccorso, nell'accostarsi a questa opera, meravigliosa ma dolorosa, la rinnovata dinamicità di Sumner, Hook e Morris che danno vita ad un tessuto sonoro avvincente e ricco di pulsioni.

Il disco, malgrado una registrazione ed una produzione molto probabilmente convulse e affrettate, vive di battiti ed energia magistralmente indirizzati e convogliati: il tappeto nero steso da Curtis non viene assolutamente squarciato né addomesticato, ma la band riesce sia nel compito di assecondare gli affondi più strazianti (la combo iniziale di "Atrocity Exhibition" - "Isolation") sia di avvolgere in uno stato di trance quasi ipnotico la poetica del cantante ("Heart and Soul") sia, infine, di accellerare il ritmo su cadenze più propiamente rock-wave ("24 hours").

"Closer" non rientra di certo nella categoria delle opere accoglienti e consolatorie: chiude, infatti, con "Eternal" - straziante epitaffio e preludio ad un abbandono definitivo e irrevocabile, quasi un racconto funebre - e con "Decades" nella quale un Curtis sempre più robotico e distante declama un anestetico mantra di dolore e rassegnazione ("The sorrows we suffered and never were free / Where have they been?").

L'eredità di "Closer", nel cammino della coscienza musicale ed artistica del secolo scorso, si diffonde come una pietra angolare di verità e di coscienza personale, che diventa storia di una generazione e di un universo: il racconto di un animo "umano, troppo umano" per potere accettare fino in fondo di uscire in scena - anche solo un giorno in più - per recitare la dolorosa commedia del vivere.

(Ian Curtis si toglierà la vita il 18 maggio del 1980. NdR)

- il Compagno Folagra

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