martedì 24 marzo 2020

Genesis: "Duke" (1980)

Il 24 marzo di quarant'anni fa usciva "Duke", decimo album in studio dei Genesis e ultimo che si può considerare a prevalenza progressive rock, per quanto tecnologicamente avanzato e ben lontano dalle ispirazioni fantastiche che avevano dominato il gruppo almeno fino a un paio di dischi prima.


(il disco completo si può ascoltare qui --> https://tinyurl.com/sv7ba43)


Dopo "And then there were three", il disco finora più debole della loro carriera, i Genesis si separano temporaneamente per permettere a Phil Collins di trasferirsi a Vancouver dalla moglie e i figli nel tentativo di salvare il proprio matrimonio. Frattanto il tastierista Tony Banks e il bassista Mike Rutherford si dedicano ognuno a un buon album solista, rispettivamente "A curious feeling" e "Smallcreep's Day". Il matrimonio di Phil però crolla ugualmente e il gruppo sul finire del 1979 si ritrova per incidere un album, vagamente basato su una trama che ruota attorno alla figura del signor Albert Duke. "Duke" avrebbe dovuto includere una suite da 30 minuti ma le canzoni furono spezzate e ridistribuite per non evocare confronti con le suite dell'era Gabriel e il concept scomparve.

"Duke" è un ottimo album, in genere l'ultimo ad essere apprezzato dai fan più rigidamente progressive del gruppo, quelli che amavano le lunghe narrazioni fantastiche con Peter Gabriel e le tastiere sinfoniche di "A trick of the tail" e "Wind and wuthering", ma sufficientemente melodico e orecchiabile da poter essere apprezzato dai nuovi fan che si erano avvicinati al gruppo grazie allo smielato singolo pop "Follow me follow you" del 1978.

Il disco è quello della svolta sonica: spariscono i riferimenti all'epos, al fantasy e al fantastico, tastiere e batteria sono incisi con suoni del tutto moderni, rinnovando il progressive rock per il nuovo decennio per fare da apristrada ai successivi lavori di colleghi quali Asia, Camel e Yes, e a discepoli quali Marillion, IQ e Pallas.

Esempio principe di questo nuovo stile è la celeberrima "Turn it on again", che usa un misto di tempi dispari e tempi pari con complesse figure ritmiche in perfetto stile prog affiancandole a suoni anni '80, a partire da quelli di tastiere e batteria. Certo ci sono brani come la conclusiva suite "Duke's Travels/Duke's End" che, pur composti e suonati in modo sublime, perdono un po' da questi suoni moderni; se è difficile immaginare un disco del genere con suoni radicalmente diversi da brano a brano, i nostri tre eroi sembrano essersi fatti un po' prendere la mano dalla modernità.

È comunque un piccolo difetto, alla luce delle tante belle canzoni scritte, e questo nonostante i tre continuino a ostinarsi a fare a meno di un chitarrista in studio - d'altronde il rifiuto di coinvolgere i turnisti dal vivo Daryl Stuermer (chitarra) e Chester Thompson (batteria), con cui fecero tutti i tour dal 1977 al 1992, non ha mai avuto molto senso.

Oltre ai due sopracitati, fra i brani più riusciti stanno i due pezzi di apertura, "Behind the Lines" e "Duchess"; e l'anomala "Man of our times", con una interessante figura di chitarra ritmica di Rutherford e una grande prova vocale di Collins. Alcuni pezzi sono certamente minori, come il pop soul di "Misunderstanding" o l'eccessivamente lunga "Cul-de-sac" di Banks, che toppa tra l'altro completamente l'arrangiamento suonando una partitura sinfonica con delle tastiere agghiaccianti. Come pezzi struggenti a questo punto molto meglio "Heathaze" e la strappalacrime "Alone Tonight", altri due punti alti del disco.

Volendo riassumere, "Duke" è un punto di svolta per la carriera dei Genesis per molti motivi: è il primo disco del gruppo a raggiungere il primo posto nelle classifiche britanniche, è il primo disco del gruppo a usare la drum machine, è il primo disco del gruppo ad avere un suono chiaramente moderno. Sebbene, ahinoi, le residue eccellenze prog verranno del tutto sacrificate dopo "Duke", ci aspettano altri due buoni album in compagnia dei Genesis versione pop, prima del crollo.

- Prog Fox

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