domenica 2 febbraio 2020

Lil Wayne: "Rebirth" (2010)

Il 2 febbraio di dieci anni fa usciva "Rebirth", settimo album in studio del rapper afroamericano Lil Wayne Carter. Wayne vuole stupire incidendo un disco di rap rock - a stupire riesce, ma a convincere la critica non tanto. Eppure il disco è meglio di quanto si possa pensare, e vede tra gli altri come ospiti i Korn ed Eminem.



(l'album completo con due tracce extra si può trovare qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_l5-_MjvbMiUQhKYWmekz5OeTFdXfujYmY)


Non solo facciamo un sacco di recensioni di roba che non capiamo tipo jazz, ma ci infiliamo anche di traverso ad affrontare album controversi di generi che conosciamo poco come il rap. È il caso di questo "Rebirth", settimo album in studio di Lil Wayne, uno dei rapper più quotati fra quelli emersi negli anni novanta, venditore di dozzilioni di ciddì e collaboratore di più o meno chiunque, oltre che scopritore - udite udite - di Nicki Minaj, la rapper più venduta della storia.

Giudicare il talento di un rapper non è forse impresa alla portata della nostra penna, però lo possiamo giudicare nel momento in cui si mette a fare rock, o comunque rap rock, chiamatelo come volete. La critica ha stroncato il disco: Lil Wayne aveva già detto che ci teneva a fare l'album più rock possibile, di farlo il meglio possibile, e che lui adorava il rock e i Nirvana erano una delle sue band preferite; quindi erano tutti coi fucili puntati e ci scommetto le scarpe che tutti quelli che hanno detto che il disco faceva schifo non l'hanno nemmeno ascoltato.

Una delle critiche più tipiche (la potete trovare ripetuta su wikipedia, allmusic, topolino) è che 'non è un disco rock, ma più l'idea che Lil Wayne ha di cosa dovrebbe essere un disco rock'. Il che a noi va più che bene, chi l'ha detto che doveva snaturarsi o incidere una roba tipo Nickelback? Perché un fenomeno commerciale come Lil Wayne se vuole fare un disco rock negli standard del tempo limitandosi a cantare su una base preparata da sessionmen programmati da un produttore del minchia, finirebbe per fare proprio quello.

Per fortuna Lil Wayne, o perché vuole fare il fenomeno, o perché non sa bene cosa stia facendo, da una sua interpretazione del rock: se rock per lui significa onnipresenza delle chitarre elettriche, non rinuncia a rappare come suo solito e si porta dietro gli usuali ottordicimila guest come fa un rapper che si rispetti.

Ascoltate per esempio "Drop the World", uno dei momenti migliori del disco, che parte come un pezzo hip hop col rap di Wayne, per poi introdurci una batteria decisamente rock, poi la voce di Eminem mentre sullo sfondo compaiono discrete chitarre acustiche ed elettriche di complemento.

Non tutto funziona (la presenza di Nicki Minaj sull'insostenibile "Knockout", l'abuso del distorsore vocale), ma alla fine dei conti, il risultato ottenuto da "Rebirth" è sorprendentemente buono, soprattutto nei duetti con la cantante r&b Shanell, sempre che abbiate un minimo di mente aperta o forse boh abbiate in voi la capacità di abbandonare completamente il buon gusto e la misura per sprofondare nell'incubo di un multimilionario arrivato al quindicesimo anno di carriera.

- Red

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