venerdì 10 gennaio 2020

Buggles: "The Age of Plastic" (1980)

Quarant'anni fa oggi usciva "The Age of Plastic", disco d'esordio del duo synth pop britannico dei Buggles, formato dal cantante-bassista Trevor Horn e dal tastierista Geoff Downes. Naturalmente il successo del disco fu trainato da quello del singolo di lancio "Video killed the radio stars" (pubblicato il 7 settembre del 1979).



(il disco completo con tre tracce extra si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/vfaumld)

Ve lo ricordate quando il synth pop era una musica di avanguardia? Quando era capace di unire le nuove tecnologie e le capacità di musicisti e compositori di talento per forgiare squarci di futuro e anche insegnarci qualcosa sulla nostra società?

Non serve andare indietro di quarant'anni, basta tornare alla produzione anche anni Novanta dei cari vecchi Depeche Mode. In tutto il troppo bistrattato e altrettanto eccessivamente riabilitato decennio del consumo e della plastica per eccellenza (anche se consumo e plastica sono continuati a crescere in maniera meno smaccata ed evidente ben oltre quei livelli già preoccupanti), molti sono stati gli artisti che hanno saputo gestire elettronica, tastiere e drum machine per qualcosa di più di una nuova patina su vecchi ritornelli.

Tra loro vanno sicuramente ricordati i Buggles, autori di una delle canzoni più memorabili e profetiche dell'era rock, "Video killed the radio star". Prima canzone mandata da MTV alla mezzanotte del 1° agosto 1981 quando iniziò le trasmissioni, divenne icona del passaggio dalla radio alla televisione, dal singolo al videoclip, che avrebbe rivoluzionato permanentemente la musica popolare. Pezzo spettacolare, costruito su una struttura ben più complessa di quanto non sembri, mostrava la capacità di Downes, Horn e Woolley (co-autore del brano) nell'usare la nuova tecnologia per realizzare musica profondamente umana e artisticamente significativa.

I Buggles nascono nel 1977 con il tastierista Geoff Downes, il cantante-chitarrista Bruce Woolley e il bassista Trevor Horn. Dopo due anni a scrivere canzoni e provare a casa e in studio, decidono di diventare professionisti: Woolley fonda la propria band, i Camera Club, mentre gli altri proseguono come duo, con Horn nel ruolo del cantante. Vari amici, tra cui Woolley stesso, i batteristi Paul Robinson e Richard James Burgess, e il chitarrista Dave Birch, daranno una mano alle registrazioni del loro album d'esordio.

"The Age of Plastic" non è né il primo album a parlare di consumismo, né usando la metafora della plastica (Zappa lo faceva già nel 1966), non è né il primo disco di synth pop (si ispira invece come minimo al lavoro di Kraftwerk e degli Ultravox della fase con John Foxx alla voce), però ha una sua indipendenza e dignità che va ben oltre il successo di "Video killed the radio stars".

Al contrario degli Ultravox, che erano prevalentemente post-punk, i Buggles erano post-prog, e non è infatti un caso che dopo il successo del disco gli Yes, orfani del cantante Jon Anderson e del tastierista Rick Wakeman, chiederanno proprio a Horn e Downes di entrare nella formazione. Le melodie romantiche celate dai ritmi robotici e dai sintetizzatori emergono in "Elstree", mentre la stupenda "The Plastic Age" potrebbe facilmente essere arrangiata come una composizione progressive. "Astroboy", un altro brano eccezionale, è synth pop da cocktail lounge, con la drum machine programmata per esegue una sinuosa bossanova. "Johnny on the Monorail" è post-punk malinconico, chiuso con struggente semplicità dalla voce di Tina Charles.

Il successo del singolo e la sua rotazione su MTV nei primi giorni di vita del canale musicale garantirono ai Buggles una visibilità enorme che fu però tutto sommato rifuggita coraggiosamente da Horn e Downes. Chiudendo quasi subito il progetto, dopo appena un secondo album scritto con già la consapevolezza di chiudere, non corsero il rischio di tramutarsi in una sciatta parodia di se stessi come parecchi gruppi che si stavano lanciando nel nascente fenomeno synth pop.

- Prog Fox

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