domenica 8 dicembre 2019

Thirty Seconds to Mars: "This is War" (2009)

L'8 dicembre di dieci anni fa usciva anche "This is war", terzo album in studio degli americani THIRTY SECONDS TO MARS, gruppo formato dall'attore e cantante Jared Leto, da suo fratello Shannon Leto alla batteria e dal chitarrista Tomo Miličević.





Jared Leto era partito gran bene, con il suo progetto musicale. L’esordio eponimo dei Thirty Second to Mars era un lavoro ben scritto, ben arrangiato, con ottimi spunti e una pletora di influenze mutuate dall’hard rock hi-fi in voga a inizio millennio: i suoni ruvidi degli A Perfect Cycle e dei NIN mescolati con l’epica dei Muse davano vita ad un rock di alto lignaggio e di grande impatto.

Il seguito, “A Beautiful Lie”, si abbandonava alle sonorità emo in voga all’epoca, ma conteneva comunque brani di alto livello, non ultimi i singoli “From Yesterday” e “The Killing”.

Quattro anni e una manfrina legale con l’etichetta dopo, i fratelli Leto (Jared famoso attore nonché chitarrista e vocalist e Shannon alle percussioni) coadiuvati da Tomo Milicevic alla chitarra solista e da Matt Wachter alla bassa rilasciano questo “This is war”.

Per farla molto breve, le idee dei due fratelli sono esaurite: quello che ci propinano in quest’album è un nugolo di canzonette innocue e senza mordente, pompate a mille da un siero steorideo fatto di produzione magniloquente e performances senza sfumature, sempre in fortissimo.

Dall’imbarazzante singolo “King and Queens”, che pare un brano dei Coldplay in astinenza da droghe pesanti, alla noia al trotto di “Closer to the Edge”; dagli intermezzi di marcetta e sintetizzatore della title track all’interminabile mid-tempo elettro-pop “Hurricane”, veniamo investiti da un’accozzaglia di liriche superficiali, alternativamente lagnate o gridate.

E ad aggiungere un tocco dadaista al tutto ci pensano, dopo 50 minuti di melodie trite e sintetizzatori a cazzo di cane, i quasi sette minuti di “Stranger in a Strange Land”, schizofrenico mescolone che parte heavy, continua come un brano dei Depeche Mode, per poi non riuscire più a tenerla e ritornare alle grida e ai suoni pesanti che hanno segnato il resto del disco.

La chiusa è affidata a “L490”, il cui titolo è un mistero, ma come possa essere finita su un album di una band di questo (teorico) profilo, di più. E quel che è peggio è che da qui comincerà una spirale discendente per la band, ridotta ad inseguire le mode del momento senza più saper raggiungere i livelli dell’esordio.

Chi lo dice è un fan del Jared Leto attore e performer che sognerebbe di vederlo cantare canzoni migliori, magari anche costo di affidarne la scrittura a qualcun altro.

- Spartaco Ughi

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