venerdì 27 dicembre 2019

Third Ear Band: "Alchemy" (1969)

"Alchemy" è il primo album del quartetto di musica sperimentale britannico Third Ear Band, associato in qualche modo alla scena psichedelica inglese e a quella del primo progressive rock.

Musica per eretici e per visionari che sanno guardare oltre il rock e oltre l'Europa del novecento, indietro verso il rinascimento e il medioevo e verso l'Asia.

(disco completo qui: youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_khtXdPH2fWAtfrFZgUFBPjwIalzIEdLUA)
Dave Tomlin era un polistrumentista jazz inglese, che aveva introdotto sessioni di improvvisazione alla London Free School, una sorta di istituto culturale libero e anarchico nato nel 1966 all'interno della comunità hippie e psichedelica della capitale.

Tomlin iniziò a organizzare sessioni di musica di improvvisazione all'UFO Club, regno di gruppi quali Pink Floyd e Soft Machine; da queste sessioni nacquero i Giant Sun Trolley, che nel 1968 incisero una facciata di un LP con Ron Geesin (futuro collaboratore dei Pink Floyd in "Atom Heart Mother", 1970 e di Roger Waters in "Music for the Body", 1971) col nome di National-Balkan Ensemble.

In seguito a quelle esperienze, quattro musicisti si riunirono per comporre e incidere col nome di Third Ear Band, un riferimento umoristico al 'terzo occhio' esoterico: Richard Coff a violino e viola, Mel Davis al violoncello, Paul Minns all'oboe e al flauto dolce, Glen Sweeney a batteria e percussioni.

Tale anomala formazione partecipò comunque a momenti epocali della scena rock del tempo come il concerto dei Rolling Stones di Hyde Park del luglio 1969 e il festival dell'Isola di Wight nell'agosto dello stesso anno.

"Alchemy", sul quale collaborarono anche il noto dj John Peel e il succitato amico e mentore Dave Tomlin, è quasi un disco di world music ante litteram, molto più influenzato dalla musica mediorientale e indiana di quasi qualsiasi cosa si sentisse nell'Inghilterra del rock psichedelico dell'epoca.

Musica ipnotica imparentata nelle sue ascendenze classiche e free con i Pink Floyd spaziali di "A Saucerful of Secrets" e "Ummagumma", ma totalmente acustica e con più di una strizzata d'occhio al free jazz, quella di "Alchemy" era davvero innovativa: per quanto si possa cercare, non c'è nulla che suoni così nel 1969.

Era anche una musica di difficile consumo: non tanto perché sgradevole o intrinsecamente ostile all'ascoltatore, quanto per una certa propensione alle lungaggini, come spesso avviene alla musica che ha le sue radici nell'improvvisazione.

"Ghetto Raga", per esempio, che si apre con l'oboe favoloso di Minns, finisce per afflosciarsi dopo quattro bellissimi minuti su inutili ripetizioni per altri sei. Porre dei limiti al tempo a propria disposizione permette al gruppo di mettere a fuoco piccoli capolavori come "Stone Circle" e "Lark Rise".

Con tutti i suoi limiti, "Alchemy" è musica per coraggiosi ed eretici che non può non stupire, se non entusiasmare, chi cerca le terre al confine del suono, immagini musicali che evocano sogni e incubi da "Il nome della rosa" a "La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath", da "la montagna sacra" al manoscritto "Voynich".

Dopo "Alchemy", il gruppo incisero altri due notevol dischi, "Elements" e "The Magus", e due colonne sonore, They recorded two soundtracks, the first in 1970 for an animated film by Herbert Fuchs of "Abelard and Heloise" e soprattutto "Macbeth", musica capolavoro per il film di Roman Polanski, per poi sciogliersi nel 1972. L'immancabile reunion avverrà solo nel 1988.

- Prog Fox

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