martedì 10 dicembre 2019

Joe Byrd & the Field Hippies: "American Metaphysical Circus" (1969)

Tra i dischi sconosciuti pubblicati cinquant'anni fa non possiamo non includere questo stupefacente "American Metaphysical Circus", inciso da Joseph Byrd, iscritto al Partito Comunista e dottorando in musicologia, e dal suo gruppo psichedelico e sperimentale noto come i Field Hippies, erede del precedente progetto di Byrd, gli United States of America.



(album completo qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_nDhIUOLdQfeQGijF7xnctyN4_77NxI5n8)
Joseph Byrd, classe 1937, nato in Kentucky, cresciuto in Arizona, entra all'UCLA, università di Los Angeles, per studiare musica e composizione e diviene dottorando in musicologia. È affascinato dal rock, dal jazz dall'elettronica e dalla musica classica e popolare americana, e per un certo tempo è anche membro del Partito Comunista.

Con la cantante Dorothy Moskowitz fonda gli United States of America nel 1967 e incide con loro un interessante disco di rock sperimentale eponimo. Litigi interni al gruppo porteranno alla sua dissoluzione, ma Byrd trova nuovo supporto per le sue idee e, assemblando un gruppo di musicisti chiamati Field Hippies (tra i quali va citato almeno il geniale chitarrista Ted Greene), concepisce e incide in poche settimane un nuovo album: "The American Metaphysical Circus".

L'album è un bizzarro ma riuscito incrocio di rock psichedelico, musica da camera, musica elettronica e jazz anni trenta, che mescola al meglio quasi tutte le passioni di Byrd (costretto a chiamarsi Joe sulla copertina perché un manager della casa discografica riteneva nessun musicista rock potesse vendersi come Joseph).

Dopo un inizio orientaleggiante-atmosferico con l'esperimento elettronico "Kalyani", per la voce filtrata di Victoria Bond e il flauto di Meyer Hirsch, "You can't ever come down" radica definitivamente il linguaggio del disco nel rock. Segue la dolcissima "Moonsong: Pelog", cantata dalla seconda delle tre cantanti soliste impiegate da Byrd, Susan de Lange.

La seconda metà della prima facciata è occupata da una sarcastica dedica al presidente Lyndon Johnson, la suite in quattro parti "American Bedmusic - Four Dreams For A Departing President": anche qui il saliscendi emotivo vede prima la delicatezza ispirata alla musica corale religiosa, poi la voce sarcastica di Byrd stesso guidare un rock'n'roll tipicamente sixties e infine la terza cantante solista Christie Thompson intervenire nella bizzarra invettiva politica di "Mr. 4th of July", un jazz vocale vecchio stile fatto passare per un pezzo suonato da un grammofono rovinato.

Se il lato A ci introduce all'eclettico stile compositivo di Byrd e alle pirotecniche capacità di arrangiarle dei suoi compagni di viaggio, il lato B ne è la naturale progressione, come se il disco fosse appunto concepito come una esibizione o un viaggio sempre più stupefacente.

Lo strumentale "Gospel Music For Abraham Ruddell Byrd III", ispirato all'opera del compositore Charles Ives (uno degli idoli tanto di Joseph Byrd quanto di Frank Zappa), è un vero capolavoro illuminato dagli arrangiamenti dei fiati; il vaudeville per piano e coro da ubriachi di "The Sing-Along Song" ci getta in una dissociante alternanza fra stilemi di vecchio jazz blues anni trenta e pop contemporaneo, tutta da ascoltare in stereo; e dopo l'antemico classico di rock psichedelico "The Elephant at the Door", forse il culmine assoluto del disco, a "Leisure World/Sing Along Song (Reprise)" spetta solo il compito di accompagnarci all'uscita da questa esperienza davvero magica.

Disco di culto nei circoli underground e psichedelici sin dalla sua pubblicazione, "The American Metaphysical Circus" fa parte di quel ristretto novero di classici incisi al crepuscolo dell'hippie rock, e va ascoltato fianco a fianco con gemme riconosciute del periodo come "Aoxomoxoa" dei Grateful Dead e "Volunteers" dei Jefferson Airplane.

- Prog Fox

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