sabato 26 ottobre 2019

Stone Temple Pilots: "N°4" (1999)

Vent'anni fa il 26 ottobre usciva "N°4", il quarto album degli Stone Temple Pilots, che riportava in alto le quotazioni del gruppo dopo un interlocutorio album tre anni prima, "Tiny Music..."
Il momento magico non sarebbe durato, ma noi possiamo riviverlo almeno per lo spazio di un ascolto.



(l'album completo si può ascoltare qua: https://tinyurl.com/y4tge52f)


La parabola di una band è sempre qualcosa di interessante, soprattutto quando il percorso proprio di un gruppo va ad incrociarsi con situazioni epocali e va a confluire, omogeneo o meno che sia, nello scenario complessivo.

Gli Stone Temple Pilots sono senza dubbio identificabili nettamente con un periodo e un modo di fare musica: la parte centrale degli anni '90, l'hard rock che viene in qualche modo addomesticato e rimasticato nella forma ma lasciato sempre rilevante e spesso nella sostanza emotiva.

Da Seattle arrivano i Soundgarden e gli Alice In Chains - per citare gli esempi più sotto i riflettori: in California il testimone è tutto in mano agli Stone Temple Pilots.
Fraintesi all'inizio (e anche oggi), spesso derubricati a cloni o ad una ipotetica seconda fascia di interesse, in realtà la band del compianto Weiland, dei fratelli DeLeo e del batterista Kretz merita uno spazio notevole.
La coppia di album iniziali ("Purple" e "Core") infatti è una fonte ragguardevole di gioielli e delizie, in cui la matrice rock si fonde con richiami assolutamente
vari ed interessanti, dal glam al classic adult rock.
Un album di transizione, "Tiny Music..", unito a variabili umori del lead singer Weiland fanno dubitare sulla tenuta della band, ma alle soglie del millennio ecco che "4" (1999) riporta decisamente in carreggiata la baracca.

Basti ascoltare il potente opener "Down" per dissipare ogni dubbio sulla ritrovata ispirazione. La band è decisamente granitica e coesa: i pezzi si succedono senza calare di tensione complessiva. Spicca "Sour Girl", ballad di impatto e biglietto da visita per le heavy rotation televisive e radiofoniche.

Tutto gira decisamente bene: citiamo "No Way Out", che è una grande e solidissima canzone rock ma la media generale è decisamente alta.

Ci si congeda con la bella ballata "Atlanta", che porta la voce di Weiland in territori simili a quelli esplorati dal Cornell più ispirato e la band a dare sfoggio di una attitudine quasi orchestrale ed inaspettata.

Sembrerebbe tutto in ordine a questo punto: la rotta ripresa, le connessioni ripristinate, il centro del palco riconquistato. Non sarà purtroppo così, sia per vicende squisitamente musicali (la qualità discutibile del seguito di "4") sia per l'irrequietezza che scorre nelle vene di Weiland, che porterà allo scioglimento della band (solo recentemente risorta, ma in forme che non vogliamo al momento indagare ed approfondire).

Inquietudine, ovviamente, non presente solo nel sangue di Scott ma segno distintivo di una intera generazione, continuamente in bilico tra approdi calmi e fatali, quanto ineffabili, naufragi.

- il Compagno Folagra

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