sabato 30 novembre 2019

Pink Floyd: "The Wall" (1979)

Il 30 novembre di quarant'anni fa veniva pubblicato "The Wall" dei Pink Floyd. Opera rock concepita prevalentemente dal bassista e autore dei testi Roger Waters, il disco ebbe un successo clamoroso, capace come fu di intercettare la rabbia punk, il disagio della guerra fredda, la minaccia del neofascismo e della violenza sulle strade e unirlo alla parabola personale dell'alienazione individuale della rock star - con ancora una volta gli echi della vicenda umana di Waters, dal padre morto durante la II guerra mondiale al dolore per l'amico Syd Barrett. Nel frattempo, il gruppo naufragava nel caos, con il tastierista Richard Wright estromesso a forza e problemi di comunicazione fra Waters e il resto del gruppo che sarebbero cresciuti ancora negli anni a venire.

(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/vbgdked)
Probabilmente uno degli album più famosi della storia del rock, "The Wall" non è però probabilmente uno dei più ascoltati. A meno che non siate andati a vederlo dal vivo, in una delle numerose, ottime versioni prodotte dai numerosi, ottimi gruppi cover dei Pink Floyd, o a meno che non abbiate visto il film, è difficile portare pazienza per tutti e gli ottanta i minuti di questo vero behemoth musicale, che probabilmente tra cento anni sarà messo in scena negli stessi contesti in cui sentiamo "l'opera da tre soldi" di Kurt Weill e Bertolt Brecht, ovvero nei teatri, come esempio mirabile di musica 'classica' del secondo Novecento.

E questo nonostante le controversie, le contraddizioni, i punti a sfavore.

O forse, anche per questo.

Dopotutto, per rendere grandiosa un'opera, ci vuole anche una serie di retroscena, vicende personali dolorose, conflitti. La storia dietro la creazione di "The Wall" forse un giorno meriterà un biopic; una storia della carriera dei Pink Floyd non potrebbe che essere dipanata da una serie televisiva, magari in più stagioni.

Difficile pensare a quanto potessero essere seri i problemi di un quartetto di musicisti milionari, che avevano fatto una fortuna grazie a "Dark Side of the Moon" (1973) e "Wish you were here" (1975). Certo il disco successivo, "Animals", non era andato altrettanto bene. Non era piaciuto così tanto, intanto perché ora andava il punk e i Pink Floyd facevano progressive e quindi schifo. Poi la band dopo avere assaggiato la ricchezza rischiava il fallimento perché gli amministratori dei loro fondi avevano perso quasi tutto in investimenti sbagliati. Ad aggiungersi a tutto ciò gli ultimi tour erano stati alienanti. Il bassista e ormai leader Roger Waters non ne poteva più di suonare negli stadi e arrivò a litigare con il pubblico, urlandogli contro e sputando persino a uno spettatore. Il chitarrista David Gilmour non era contento della qualità delle sue esecuzioni. Il tastierista Richard Wright si dibatteva fra yacht, droga, blocco dello scrittore e problemi matrimoniali. Il batterista Nick Mason era spettatore disincantato della disintegrazione del gruppo.

Dopo inizi da gruppo estremamente democratico, Waters si era impadronito dei Pink Floyd, inizialmente delle liriche, facendo della musica del quartetto il contesto in cui sfogare la sua rabbia, la sua amarezza e la sua malinconia, a partire da "Dark Side of the Moon" e "Wish you were here". Ma già con "Animals", Waters era divenuto quasi completamente padrone del processo creativo, complice una certa apatia e condiscendenza dei suoi colleghi. Frattanto, con la fine del decennio, rigurgiti fascistoidi, crisi sociale ed economica, e l'arrivo di Margaret Thatcher alle elezioni del 1979, lo sguardo di Waters sul mondo si era fatto sempre più cupo.

Quando i Pink Floyd, dopo una lunga pausa, si incontrano per decidere il prossimo passo, Waters si presenta con i demo di due album. Dice agli sbigottiti altri tre che dovranno scegliere quale fra i due incidere insieme a nome Pink Floyd e quale lasciare a Waters per incidere un disco solista. Il gruppo sceglie "The Wall" e lascia a Waters "The Pros and Cons of Hitch-Hiking". Wright e Gilmour nel 1978 avevano entrambi già inciso il loro primo album da solisti, quindi l'eventualità di un disco solista di Waters non li disturbava. Ma le modalità erano sconcertanti. D'altronde, era evidente che alla fine però agli altri tre andava bene così.

Mason e Wright si adattarono - nessuno dei due appare come compositore di alcuna parte del disco. Gilmour e Waters, man mano che l'album andava avanti, litigarono sempre di più: fu necessario chiamare il produttore Bob Ezrin, noto per avere lavorato con Lou Reed, Kiss e Alice Cooper, per mediare fra le idee dei due.

Richard Wright era così apatico o debilitato (a seconda dei punti di vista) che Waters chiese la sua estromissione dal gruppo a costo di far saltare l'intero progetto se non l'avesse ottenuta. Wright accettò, ma la notizia rimase un segreto fino al 1981, dato che al tastierista fu anche concesso di partecipare al successivo tour. Nick Mason, terminate le sue incisioni, lasciò il missaggio e la produzione finale e scappò a New York a incidere un album con l'amica pianista jazz Carla Bley.

Il risultato di tutti questi conflitti è questo doppio album che avete per le mani: un disco sofferto, pieno di rabbia e di angoscia. Un disco che non è il massimo picco creativo dei Pink Floyd, ma che lo è di Roger Waters - e fra le due cose c'è una notevole differenza.

Le atmosfere musicali di "Dark Side of the Moon" e "Wish you were here" sono state asciugate e ridotte all'osso: è certamente l'influenza della new wave, della rabbia punk, di un bisogno di essenzialità che contagia anche Roger Waters. Non ci sono jam né lunghi strumentali su "The Wall".

La chitarra di Gilmour è qui protagonista nel modus operandi più classico del rock ...classico: non è mai psichedelica, non è mai invadente, non è mai intrusiva, ma si limita quasi alla più banale alternanza di ritmica agli accordi (occasionalmente agli arpeggi acustici, quando non suonati da Waters stesso) e di assoli. Assoli che però sono tutt'altro che banali.

L'essenzialità è in realtà un dono e il disco ne beneficia. Ci sono tante canzoni magistrali in questo doppio LP, tante da non poterle descrivere tutte: "Another brick in the wall, part 2" e "Comfortably Numb" sono entrate nel canone del rock classico ai più alti livelli, e con ragione.

Delle quattro facciate, la migliore è la prima, nella quale non un solo minuto di musica viene sprecato, dall'apertura paranoica di "In the flesh?" alla struggente "The Thin Ice", dal capolavoro space funky "Another brick in the wall, part 2" con il suo ritornello ormai mantra da rivoluzionari di ogni epoca e ogni paese, per chiudere con l'altalena emotiva di "Mother" e quello che è forse il migliore duetto vocale di Waters e Gilmour (fan di "Comfortably Numb" permettendo).

Non si può dire lo stesso delle altre tre facciate: l'album ha un difetto nella verbosità di Roger Waters, nella sua incapacità a moderarsi, a smussare gli angoli. Quando ci si siede ad ascoltare 80 minuti di musica si può tollerare una "Empty Spaces", ma non quattro o cinque - "Empty Spaces", "Don't leave me now", "Goodbye cruel world", "Nobody Home", "Vera", "Stop", "Outside the wall", sono tutte canzoni lente ed estremamente scarne, che riempiono il tempo fra un capolavoro e l'altro. La seconda facciata è particolarmente impegnativa per l'ascoltatore.

Per fortuna di capolavori non ne mancano: oltre a quelli della prima facciata, menzionamo almeno "Goodbye blue sky", "Hey you", "In the flesh", "Comfortably numb", con uno degli assoli più significativi, empatici ed emotivi della carriera di Gilmour, ma anche gli stupefacenti interludi alla Beach Boys di "The show must go on" e "Bring the boys back home", ebbri di inventiva melodica e che danno una varietà gradita a un disco segnato da toni sempre troppo plumbei. Per lo stesso motivo, convincono anche la sgargiante e a tratti violenta "Run like hell", con la chitarra di Gilmour che di fatto inventa mezza carriera degli U2, e la maniacale, teatrale "The Trial", che avvicina davvero l'opera di Waters & soci a quella di Weill & Brecht.

Opera rock, abbiamo detto: perché quello che poi rende tollerabile anche dover sopportare qui e lì qualche lungaggine è il concetto di fondo del disco, che racconta la storia di una bolsa rockstar di nome Pink precocemente invecchiata, perdutasi fra alcool e droga, ossessionata dal ricordo di una infanzia segnata dal padre morto in guerra e dalla madre opprimente. Waters, di cui Pink è un alter ego a cui aggiunge tratti dell'amico Syd Barrett (il fondatore dei Pink Floyd sparito dalle scene da anni a causa di un crollo psichico facilitato dall'LSD), viene così ad affrontare tutti i fantasmi della vita personale e dell'impegno politico del bassista: antiautoritarismo nei confronti della famiglia ("Mother") e della scuola ("Another brick in the wall, part 2"), antifascismo ("In the flesh?" e la ripresa "In the flesh", "Waiting for the worms"), con la presa di consapevolezza che l'idolatria delle rock star non è che una forma di culto della personalità totalitario. Ognuno di questi traumi, ognuna di queste consapevolezze è un mattone che finisce per costruire un muro immaginario di isolamento fra Pink e il resto del mondo. I mattoni nel muro, già.

Per comprendere ancora più a fondo il disco e goderne appieno, il nostro suggerimento è di guardare anche il bellissimo film di Alan Parker con protagonista Bob Geldof, in gran parte poggiato sulla musica originale del disco (anche se alcune parti sono lievemente diverse e Geldof ri-canta un paio di canzoni), con animazioni basate sulla straordinaria grafica dell'album realizzata dall'artista Gerald Scarfe.

Concluso il tour nel 1981, Wright, come detto, viene cacciato definitivamente dal gruppo; sul successivo "The Final Cut" Mason sarà ridotto a poco più che un'ombra, mentre tutti i difetti di "The Wall" vi saranno amplificati a dismisura. Quando Waters se ne andrà, Gilmour condurrà il gruppo in modo assolutamente dignitoso, ma l'era d'oro sarà ormai passata per sempre.

Nulla di ciò che i Pink Floyd realizzeranno dopo "The Wall" potrà essere paragonabile a questo disco e alle loro opere precedenti.

- Prog Fox

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