giovedì 7 novembre 2019

Pink Floyd: "Ummagumma" (1969)

Il 7 novembre di cinquant'anni fa usciva "Ummagumma", quarto album dei Pink Floyd e loro primo 'doppio LP', con un disco dal vivo e l'altro in studio.
Il disco dal vivo conteneva alcune versioni quasi definitive, diremmo, di classici della loro fase space rock e psichedelica. Il disco in studio era diviso in quattro parti, ognuna delle quali realizzata da ogni membro del gruppo da solo.



(disco completo disponibile qua: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_l8NG1blKDPsjQpBkCOTmouRMqtlhpxFXQ)


Uno dei dischi coi titoli più stupidi (e con una delle copertine più belle) di sempre, "Ummagumma" è noto per essere l'album con il quale si sublima e si conclude l'era più propriamente psichedelica dei Pink Floyd.

A dire il vero, questa caratteristica dovrebbe riguardare soprattutto uno dei due LP che compongono questo dittico, ovvero quello dal vivo, nel quale si esprimono vette dello space rock tra le più alte di tutti gli anni sessanta, vette che mostrano anche l'importanza enorme che il gruppo ebbe nell'influenzare il krautrock, ovvero quella branca di rock tedesco, quei 'corrieri cosmici' che espansero il verbo psichedelico giungendo poi tra un passaggio e l'altro fino alle sintetizzazioni robotiche dei tardi Tangerine Dream e Kraftwerk, certo non meno scontate dell'arena rock di "The Wall".

Il disco dal vivo di "Ummagumma" contiene quattro tracce - due per lato, attorno ai dieci minuti di lunghezza l'una, caratterizzate da un ampio uso delle improvvisazioni. "Astronomy Domine" è l'ultimo lascito di Syd Barrett, ormai trasformatosi in un hard rock dominato da Gilmour; una versione spettacolare di "Careful with that axe, Eugene", canzone finora inedita su LP; una esecuzione di "Set the controls for the heart of the sun", canzone per la quale il vostro umile recensore non ha mai avuto troppa considerazione, in nessuna delle mille forme in cui i Floyd ce l'hanno presentata; e infine "A Saucerful of Secrets", che rappresenta certamente una delle migliori esecuzioni incise dal gruppo della canzone.

Bisogna comunque tenere presente che, per quanto "Ummagumma" le registri per la posterità su vinile, il gruppo continuò a tenere questi brani ancora a lungo nelle scalette dei concerti, tant'è che due anni dopo ritroviamo tre di questi quattro pezzi nel live a Pompei che fece giustamente la storia. Quindi non vendiamo la pelle dei Floyd spaziali prima di averli fatti atterrare definitivamente in Papua Nuova Guinea con "Obscured by clouds".

Il disco in studio è invece il tentativo del gruppo di porsi all'avanguardia degli sperimentatori del rock, ma il modello scelto per questa espressione non ci sembra dei più ideali: ognuno dei quattro membri del gruppo riceve mezzo LP di tempo e opererà in totale solitudine.

Il risultato è sicuramente raggiunto da Richard Wright, nel senso che i quasi quindici minuti della suite "Sysyphus" dimostrano la conoscenza del tastierista di numerose tecniche e approfondimenti della musica colta del XX secolo. Il risultato è addirittura a tratti interessante, a eccezione della fase percussiva rappresentata dal III movimento della suite, con alcuni momenti di atmosfera e altri brevi passaggi di momentanea bellezza (si pensi alla parte bucolica che ne apre il IV movimento).

Senza dubbio la parte più noiosa del disco è la metà di LP occupata dal tedioso esperimento sonoro di Nick Mason, "The Grand Vizier's Garden Party", ma d'altronde siamo in epoca di assoli di batteria e quindi il buon Nick ce ne regala uno oltre a giocherellare con il missaggio stereo delle sue componenti. Del tutto trascurabile.

Rimangono così le due parti affidate a Roger Waters e David Gilmour: il chitarrista concepisce sicuramente il brano più ascoltabile dell'intero LP, quella "The Narrow Way" che in un certo senso rappresenta il ponte più evidente fra la fase psichedelica dietro le spalle e quella epica di là da venire, con melodie e armonie che potrebbero venire dalla colonna sonora di "More" e struttura rock molto più convenzionale - ma solo come consapevole scelta di un contesto entro il quale calare sperimentazione sonora e futuro della band.

Il bassista rimane invece incerto fra l'approccio colto di Wright e quello pop (in senso lato) di Gilmour: ci sottopone così alla prima delle sue logorroiche declamazioni verbali, "Grantchester Meadows", per poi regalarci forse il miglior momento dell'LP in studio, "Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict", scatenata fanfara percussiva e di voci accelerate e modificate, esilarante, fantasiosa, di grande impatto ma certo non facile ascolto.

Chissà dove sarebbero potuti andare i Pink Floyd se avessero scelto questo brano o il "Sysyphus" di Wright come linea guida per il futuro. Sarebbero affondati più in fretta della Third Ear Band, probabilmente. 'Third Ear chi?' Ecco, appunto.

- Prog Fox

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