sabato 2 novembre 2019

Katatonia: "Night is the New Day" (2009)

Nella giornata di celebrazione dei morti, dieci anni fa esce "Night is the New Day" degli svedesi Katatonia. In una fredda e uggiosa giornata autunnale come questa, il cupo mood malinconico e struggente della band rappresenta un ascolto assolutamente coerente.



(l'album completo qui: https://tinyurl.com/y6ehlfvd)


Dal lontano 1993, anno del debut album "Dance of December Souls" con le sue chitarrone dalla distorsione grave e le disperate urla del leader & singer Jonas Renske, il gruppo originario di Stoccolma ha intrapreso un percorso di transizione che li ha portati ad evolversi diventando una delle realtà più acclamate della scena scandinava nel settore del rock/metal alternativo dal sapore gotico, influenzato in egual misura da artisti quali Maynard, Tool e A Perfect Circle per ciò che concerne la scena d’oltreoceano, il connazionale (e amico di vecchia data) Mikael Akerfedt e il britannico Danny Cavanagh con i suoi Anathema. Merito del loro capolavoro assoluto "Viva Emptiness", album della piena maturità, seguito dall’altrettanto fantastico "The Great Cold Distance".

Arriva così il turno di "Night is the New Day", album un paio di spanne sotto i suoi predecessori, dipinto sempre di chiaroscuri, atmosfere decadenti, tempi pachidermici, arpeggi struggenti, condotti dalla fragile voce di Renske, cantante dal timbro unico e inconfondibile, capace di esprimere una viscerale forza emotiva nonostante le limiti tecnici e i rari cambi di registro.

Per l’occasione il gruppo aumenta il dosaggio di elettronica presente ad accompagnare le composizioni, relegandola a un ruolo di accompagnamento, flirtando con la darkwave degli anni ottanta.

"Forsaker", opener del disco e singolo che presentò l’album, si apre con il tipico assalto frontale alla Katatonia fatto di controtempi e riff stoppati, per poi ammorbidirsi nei consueti ritmi riflessivi e soffusi, alternando strofe dimesse ed esplosioni metalliche nel refrain. Il chitarrista Anders Nyström ci spara pure un assolo in slow motion dall’umore sofferente, che riporta alla memoria Steven Wilson e il suo periodo con i Porcupine Tree del periodo a cavallo fra la fine degli anni novanta e i primi duemila (ricordiamo che i Katatonia erano reduci da un tour proprio con la band di Wilson, cui hanno assorbito inevitabilmente parte delle sue influenze).

L’assemblaggio di tutti questi nuovi spunti compositivi nominati in precedenza trova la sua collocazione ideale nell’affascinante "The Longest Year", il pezzo dell’album dove maggiormente si palesa quell’indole darkwave elettrometallica.

"Idle Blood" invece è giocata sul dualismo fra chitarre acustiche ed elettriche, molto opethiana (quelli più soft) nel suo incedere, il refrain è davvero affascinante e coinvolgente.

Anche le seguenti "Onward Into Battle" e soprattutto la dura "Liberation" mettono in risalto una band ancora ispirata.

Il trittico iniziale resta in ogni caso la parte migliore di questo lavoro, attestandosi su livelli decisamente buoni. Un po’ meno il resto dell’album, tendenzialmente più omogeneo e quadrato. Bisogna però dire che l’elettrizzante "Day and Then the Shade" è una buonissima composizione che più di ogni altra presente sul disco si riallaccia a un lavoro del passato come l’acclamato "Viva Emptiness", su cui non avrebbe affatto sfigurato.

A "Night is the New Day" va riconosciuto in ogni caso il merito di essere il prodotto dei Katatonia più intimista e crepuscolare, che necessita di svariati ascolti e la giusta dose di concentrazione per essere assimilato. Ed è un altro importante tassello nella nutrita discografia del gruppo.

- Supergiovane

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...