giovedì 14 novembre 2019

David Bowie: "Space Oddity" (1969)

Il 14 novembre di cinquant'anni fa usciva il secondo album di David Bowie: chiamato "David Bowie" nel Regno Unito, "Man of Words/Man of Music" negli Stati Uniti, e poi "Space Oddity" a partire dalla ristampa del 1972, approfittando del successo commerciale del singolo che apriva il disco e che aveva raggiunto il 5° posto delle classifiche dei singoli britannici pochi mesi prima. 


(disco completo qui: https://tinyurl.com/tray487)

Ventidue anni, diversi pseudonimi cambiati, una manciata di singoli e un album all’attivo (tutti di scarso successo), qualche brano dato ad altri interpreti, questo il bilancio di David Bowie nel novembre del 1969.

Il singolone “Space Oddity”, che darà a quest’album il suo nome non ufficiale (ché il nome “vero” è David Bowie II, ma chi selo ricorda?) è uscito qualche mese prima, a pochi giorni dall’impresa di Armstrong, Aldrin e Collins. Il mondo ancora non lo sa, ma un piccolo passo di questo sconosciuto, giovane cantante dal volto enigmatico coinciderà con un grande passo per la musica popolare dei cinque decenni successivi.

L’opening “Space Oddity” è un classico istantaneo, vuoi per il tempismo con cui è stato pubblicato, vuoi per i suoi suoni acustici mescolati a mellotron e organi elettronici, vuoi per il fatto che è letteralmente il mito fondante dell’epopea Bowie-ana: Major Tom, l’astronauta perso nello spazio, verrà utilizzato da Bowie come vero e proprio bandolo della matassa di ispirazioni e convoluti movimenti che caratterizzeranno la sua carriera, e tornerà ciclicamente nei pensieri (e nei testi, e nei videoclip) del Nostro, parte sacrificio simbolico di un rituale psicomagico, parte fantasma dei natali futuri, parte anche un po’ cazzeggio ameno.

A seguire questo grande classico della musica del ‘900 ci sono pezzi da cui pare trasparire l’innocenza, quasi l’ingenuità del giovane David prima che circostanze fuori dal suo controllo lo trasformassero nel più credibile succedaneo di Gesù Cristo che lo showbiz abbia mai prodotto: ci sono addirittura lettere d’amore a ex fidanzate (“Letter to Hermione”), spesso sotto forma di simpatiche canzoncine very sixties (“Janine”, “An occasional dream”).

In altri casi sono la psichedelia, i prodromi del progressive e il folk americano a dettare la linea, e a lanciare i primi segnali del Bowie art-rock che sarà: “Unwashed and Somewhat Slightly Dazed” è la prima cavalcata scritta dal caro David, degnamente chiusa da una lunga coda folk-rock; “Memory of a Free Festival” e ”Cygnet Committe”, con le loro lunghe storie stratificate e la suddivisione in diversi movimenti sanno un po’ di prog, ma è soprattutto l’aroma della Storia (sono queste le prime collaborazioni con Tony Visconti, che con Bowie riserverà qualche sorpresa in futuro) ad accompagnarle come una presenza rassicurante. Soprattutto in questi passaggi si intravede il Bowie nel pieno della maturità, con le liriche divise tra epica e cinismo e con strutture armoniche pronte ad essere decorate dai migliori musicisti sulla piazza.

Ciao Major Tom, anche se sapevamo che eri un poco di buono, continui a mancarci, dieci lustri dopo

- Spartaco Ughi

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...