(disco completo a disposizione qui: https://www.youtube.com/
Dopo il brillante esordio di "Tregua", Cristina Donà sale di livello con il secondo disco, "Nido". Non è per la produzione di Manuel Agnelli (dopotutto Manuel Agnelli produceva pure "Tregua"), non è per la partecipazione di Robert Wyatt (ok, quel mostro di Robert è favoloso ma Cristina Donà è a un punto tale per cui "Goccia" sarebbe stato un capolavoro anche senza di lui), è perché la sua maturità compositiva è alle stelle e il disco è uno di quelli destinato a rappresentare il degno modo di chiudere un decennio di musica alternativa italiana.
Potremmo anche chiudere la recensione qui e invitarvi ad andare ad ascoltare l'album invece di leggere, ma aggiungiamo qualche considerazione sulle singole canzoni. Da paura il terzetto iniziale: "Nido", "Goccia", "Qualcosa che lasci il segno" sono una meglio dell'altra. Tra le canzoni successive selezioniamo almeno il pop rock di "L'ultima giornata di sole", degna della migliore Sheryl Crow (è un'offesa? non è un'offesa, dai) e la raffinata sperimentazione di "Mangialuomo", tra fiati ubriachi, contrabbasso denso e liquido e percussioni che echeggiano in lontananza.
Emerge da queste canzoni, da questa alternanza di mood, tutto l'eclettismo della Donà e del suo gruppo: lo ribadiamo, Cristina e i suoi tre compari (Cristian Calcagnile, batteria; Marco Ferrara, basso; Lorenzo Corti, chitarra) avrebbero probabilmente potuto fare tutto da solo, gli ospiti non sono mai fondamentali anche se è bello avere Morgan in "Volevo essere altrove" o sua sorella Roberta al violoncello con Alfredo Zamorra (viola) e Davide Rossi (violino) in "Nido".
Simbolicamente questo album conclude gli anni novanta e anche lo stile della Donà cambierà nel successivo "Dove sei tu", mancheranno astrattismi come "Volo in deltaplano" e "Brazil" e la musica si farà più immediata senza perdere in profondità.
Ma questa è un'altra storia.
- Red
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