domenica 13 ottobre 2019

Voivod: "Nothingface" (1989)

13 ottobre del 1989, vede la luce "Nothingface" dei canadesi francofoni Voivod, quella che è la band in assoluto più sottovalutata della fiorente scena metal nordamericana degli anni ’80. Band fuori dagli schemi, incatalogabile, inimitabile e inimitata.



(disco completo disponibile qui: https://www.youtube.com/playlist?list=PL6kF5KkWPkPb0rsKHptHVQymBP50FEXMF)
Nati nel lontano 1981 nel Quebec, i Voivod esordirono tre anni più tardi con il ruvido e acerbo "War and Pain", seguito dall’altrettanto selvaggio "Rrrӧӧӧaaarrr", la svolta arrivò con i successivi "Killing Technology" e "Dimension Hatrӧss" in cui il gruppo mostrò notevoli segnali di evoluzione sperimentando sonorità finora inedite.

Con "Nothingface" i Voivod mostrarono un ulteriore passo in avanti nello studio di soluzioni alternative e come sempre molto elaborate caratterizzate da una spiccata personalità compositiva. Nella storia della musica, è difficile trovare gruppi capaci di evolversi e tentare di progredire, offrendo nuovi spunti creativi e senza riciclare quanto prodotto in passato: i Voivod lo stanno facendo da 35 anni. E "Nothingface" è l’album più rappresentativo e riuscito della loro encomiabile lunga carriera.

Influenzati tanto dal progressive anni 70 (Pink Floyd e King Crimson in primis, ma anche i Rush), quanto dal thrash metal primordiale di gruppi come Slayer, le loro sonorità sono fortemente caratterizzate anche da una spiccata attitudine punk e ispirate dalla musica classica di compositori quali Igor Stravinsky, Bela Bartok e Dimitri Shostakovich. L’immaginario concettuale dei Voivod è un macrocosmo fantascientifico su cui il gruppo sviluppa intrecci e riflessioni filosofiche su mondi utopici e immaginari. Su "Nothingface" vengono riversati tutti questi spunti.

A differenza dei dischi prodotti fino a quel momento, dove i canadesi dovevano accontentarsi di quattro spiccioli per le registrazioni, grazie alla notorietà acquisita il gruppo firma per l’etichetta MCA Records, potendo finalmente godere di un budget sostanzioso e adeguato a quelle che sono le loro esigenze. E la differenza si sente eccome.

"Nothingface" è anche il loro album più immediato e scorrevole, molto curato in fase di songwriting e scrittura di linee vocali armoniche e affabili. "The Unknown Knows" è il chiaro esempio di quanto il gruppo si sia evoluto sotto questo aspetto: la voce e l’impostazione canora di Denis Bélanger (in arte Snake) è di chiara impostazione punk newyorkese, il pezzo potrebbe perfettamente essere eseguito da Joey Ramone, tanto si troverebbe a proprio agio. Ritmo incalzante e di immediato impatto. Denis D’Amour (Piggy) ci spara pure uno di quegli assoli bizzarri dei suoi, e il bridge che lo segue si stacca dal mood irruento del pezzo e stordisce con quelle sonorità claustrofobiche e astruse tipiche dei Voivod, giocate su ritmiche cadenzate e opprimenti. Ritmiche che il gruppo replica con la successiva titletrack.

La grande chicca arriva adesso, con l’azzeccatissima cover rielaborata e personalizzata di "Astronomy Domine" dei primissimi Pink Floyd dell’era Syd Barret. Questa è una delle migliori rivisitazioni in assoluto che siano mai state prodotte da un gruppo metal, e non a caso diverrà uno dei loro cavalli di battaglia che proporranno molto spesso (per non dire praticamente sempre) dal vivo per il proprio pubblico.

"Missing Sequence" è una di quelle composizioni in cui l’indole prog dei Voivod prende il sopravvento, con continui cambi tempo, sincopi, break e riff stoppati. Questa attitudine viene palesata anche nell’ottima "Inner Combustion" e nella superba "Into My Hypercube", uno dei loro pezzi più sottovalutati. Chiude quella piccola perla di Sub-Effect, a conclusione di quasi tre quarti d’ora di metal d’alta scuola dalle svariate cromature.

"Nothingface" è uno di quei dischi epocali che escono solo una volta, un caposaldo indiscutibile della storia del metal anni ottanta, che purtroppo non ha avuto il successo meritato per una serie di fattori sfavorevoli, forse la geolocalizzazione del gruppo, l’eccessiva eccentricità della loro proposta musicale, la poca flessibilità del metallaro medio, la mancanza di promozione adeguata, una distribuzione dell’album limitata (Nothingface, prima di ristampe varie pubblicate in tempi recenti, è rimasto fuori catalogo per parecchi anni, diventando un pezzo pregiato per i collezionisti), un mix di fattori che hanno fatto sì che l’album non abbia potuto godere del successo dovuto, nonostante oggi sia uno dei lavori più apprezzati da critica e pubblico, nonché uno dei capolavori certificati, della storia del metal.

- Supergiovane

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