sabato 19 ottobre 2019

Ray Charles: "What'd I say" (1959)

Il 19 ottobre di sessant'anni fa viene pubblicato "What'd I say", album di Ray Charles che contiene la canzone omonima, uno dei pezzi che fecero la storia - quello che è comunemente definito il primo capolavoro della musica soul.



(il disco originale completo si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mKAbqNfHD2w6Jmiie0wMJQANHe34jPk20)



Ci sono artisti e canzoni che hanno segnato la storia del rock'n'roll.

Uno di questi artisti è il cantante e pianista Ray Charles Robinson, e una di queste canzoni è "What'd I say", anno di grazia 1959.

Ray Charles è già famoso soprattutto fra i neri come uno dei più interessanti artisti di r&b e rock'n'roll degli anni cinquanta. Nato il 23 settembre del 1930 ad Albany, in Georgia, è diventato cieco a causa di una malattia all'età di 7 anni. Il fratello minore muore a 4 anni annegando in una vasca da bagno, la madre single muore quando ha 14 anni. Nel 1948, a diciotto anni, si trasferisce a Seattle e diventa amico di un musicista quindicenne, un tal Quincy Jones.

Nel 1949 Charles e il suo Maxin Trio incide "Confession Blues", il suo primo successo, inizia a lavorare come arrangiatore per Cole Porter e Dizzy Gillespie, suonando jazz e blues indifferentemente. Nel 1952 viene messo sotto contratto dalla Atlantic e inizia la sua inarrestabile scalata verso il successo, trainata nel 1954 dal singolo "I've got a woman", uno dei suoi successi più memorabili.

Nel 1959, però, arriva il suo trionfo artistico: la sua composizione "What'd I say" raggiunge la posizione #6 nelle classifiche americane, e crea un enorme scandalo sia fra i neri sia fra i bianchi - questo non toglie che tutti comprino il singolo.

Aperta da un indimenticabile riff di piano elettrico, "What'd I say" fa scalpore musicalmente perché straordinariamente innovativa. Certo Ray non era stato il primo a mescolare gospel, rhythm'n'blues e musica latina, ma nessuno lo aveva fatto a questi livelli: la seconda parte del brano, in cui Ray duetta con le Raelettes (le tre coriste che lo accompagnavano in studio e dal vivo - Margie Hendricks, Darlene McCrea, Patricia Lyles), è call-and-response in classico stile gospel, ma utilizzato per simulare i versi di una coppia che sta facendo sesso. Lo scandalo è enorme: da un lato si tratta di una canzone che sfiora la censura, di una volgarità incredibile; dall'altro, non solo sono i bianchi a rivoltarsi ma soprattutto i neri che vedono l'uso delle strutture tipiche delle loro canzoni religiose, dei loro strumenti di preghiera, che vengono distorti e piegati a musica secolare, peraltro oscena.

Sia quel che sia, il pezzo entra nella storia, oltre che per questa appropriazione culturale, diciamo, per una delle introduzioni più famose del rhythm'n'blues e per un ritmo di batteria assolutamente anomalo e inusuale. Il piano elettrico: Ray si portava sempre dietro un Wurlitzer, non fidandosi del suono dei pianoforte scordati o di cattiva qualità che trovava nelle sue tournee. Per questo motivo veniva spesso preso in giro dai colleghi pianisti. È in una sera di dicembre che alla fine di un concerto improvvisa il riff per un bis. Il ritmo di batteria: la base ritmica scelta dal batterista jazz Milt Turner è un tumbao, un ritmo cubano suonato alle conga, riadattato per una batteria rock'n'roll.

Il successo clamoroso di "What'd I say" ebbe conseguenze sconvolgenti anche sulla qualità artistica della produzione di Ray Charles. Ray poté abbandonare la Atlantic per un contratto molto più favorevole con la ABC Records, che gli garantiva la proprietà delle incisioni, il totale controllo artistico (in un'epoca in cui normalmente nemmeno agli artisti bianchi era concesso) e quindi compensi molto più alti anche solo per incidere cover. E molti di questi soldi finirono per alimentare il consumo di eroina e droghe di Charles e della band. Ray, così, non scrisse più una canzone per cinque anni. Fino a "Modern Sounds in Country and Western Music" (1962) il giochino gli riuscì, ma poi la qualità dei dischi calò sempre di più - solo in seguito al continuo insuccesso prima di critica e poi di pubblico riprese lentamente a scrivere, continuando però ancora per anni a fare dischi zeppi di standard e cover di scarso interesse.

Nel frattempo, vista la prossima perdita di uno dei suoi artisti più rilevanti, la Atlantic pubblicò nell'ottobre del 1959 l'album "What'd I say", che oltre all'immortale classico conteneva altre nove tracce incise fra 1952 e 1959 da Ray e dalla sua band, quasi tutte composte da Ray Charles Robinson stesso. Le più vecchie sono "Roll with me baby" (composta da Sam Sweet) e "Jumpin' in the mornin'" del 1952, il doppio singolo di successo "Rockhouse", un eccellente strumentale r&b del novembre 1956, "That's Enough" e "What kind of man are you", notevole duetto con la cantante Mary Ann Fishser, del 1957; infine le più recenti "You be my baby" (scritta assieme a Doc Pomus e Mort Shuman), "Tell all the world about you", "My bonnie", "Tell me how do you feel" (dell'amico Percy Mayfield), tutte del 1958.

Insomma, se volete ascoltare Ray Charles al suo meglio, pochi album possono rappresentare una raccolta più appropriata di questo: quando Ray era ancora giovane, affamato e creativo.

- Prog Fox


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