martedì 22 ottobre 2019

Led Zeppelin: "Led Zeppelin II" (1969)

Era il 22 ottobre di cinquant'anni fa quando veniva pubblicato uno degli ultimi capolavori degli anni sessanta: si trattava di "Led Zeppelin II" dei Led Zeppelin, l'album che completava l'uno-due devastante del gruppo che con queste perle aveva di fatto fondato l'hard rock moderno e forse anche tutto il rock degli anni settanta.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/playlist?list=PLA2K7Uhu9TwDYnDiaPGdp1LKwZAMmHhig)


Registrato nel corso del 1969 durante una sequenza di tour inglesi e americani fatti per promuovere e diffondere il verbo del loro primo album, "Led Zeppelin II" completava e concludeva il manifesto programmatico dell'hard rock e del rock anni settanta che i Led Zeppelin (Jimmy Page, chitarra; Robert Plant, voce; John Bonham, batteria; John Paul Jones, basso e organo) avevano inaugurato col loro disco d'esordio omonimo.

Le condizioni di lavoro erano decisamente caotiche: dalla scrittura dei nuovi brani alla loro incisione e sovraincisione, tutto avveniva fra un concerto e l'altro, infilandosi per un paio di ore alla volta negli studi di registrazione liberi delle città in cui avevano un po' più di tempo delle altre. A supervisionare il tutto, il chitarrista e leader Jimmy Page assieme al tecnico del suono Eddie Kramer: i due fecero in modo che tutta questa confusione si traducesse in un lavoro dal suono coerente, trasformando il caos in creatività e nell'energia che emerge dai suoni corruschi e scuri della loro produzione.

Nonostante rapinino diversi bluesmen di riff senza accreditarli, i Led Zeppelin li trasformano in devastanti juggernaut sonori: "Whole lotta love", i capolavori "The Lemon Song" e "Bring it on home" diventano mostri che hanno poco più di un labile filo di contatto con i riff originali da cui sono scaturiti, come un licantropo porta con sé solo un'ombra dell'essere umano che era prima della luna piena.

Non che manchino i riff originali: "Heartbreaker" è semplicemente geniale nel suo unisono chitarra-basso di apertura e presenta anche un solo spaventoso (e chi se ne frega se sporco e impreciso) di Jimmy Page, fra gli ispiratori dell'ancora di là da venire tapping a una mano dei Van Halen e degli Steve Vai; "What is and what should never leave" mescola ancora folk blues nella strofa e hard rock nel ritornello; "Living Loving Maid" sembra quasi uno scherzo con i suoi toni ironici e il riff da rock'n'roll supersonico (breve, perfetto assolo incluso).

Naturalmente il riff più famoso del disco è quello di apertura dell'album, quello di "Whole lotta love", uno dei brani fondanti del moderno heavy metal: un giro blues classico trasformato in metallo pesante, la batteria trainante di Bonham, e poi tutto che collassa dopo appena un minuto in cui percussioni, chitarra ed effetti in studio ci ricordano che Page viene da una fondamentale militanza psichedelica negli Yardbirds, prima di riportarci al blues metal con l'assolo lancinante del chitarrista.

Anche le canzoni più melodiche beneficiano della registrazione sporca e graffiante, che dona al disco un suono essenziale e naturale. Si ascoltino le due ballate - una per lato - che contribuiscono varietà e respiro all'album: "Thank you", con la voce torturata di Plant e la percussività fragorosa di Bonham miracolosamente bilanciate contro l'organo soffuso di Jones e i soli di Page all'acustica; e la tolkeniana "Ramble on", che nelle mani dei Fairport Convention sarebbe potuto essere un folk rock scanzonato e irriverente e qui esplode in uno spregiudicato ritornello hard rock - dieci e lode per il basso melodico di Jones che danza sulle corde e per i gustosissimi ornamenti chitarristici forgiati da Page.

A completamento del disco sta uno dei più famosi assoli di batteria di sempre, "Moby Dick" di John Bonham.

Meno originale ma più compatto dell'esordio, "Led Zeppelin II" è come il primo album un capolavoro, tanto acuto, tagliente ed ebbro di chiaroscuri quello quanto gargantuesco, pantagruelico e antropofago questo.

Nonostante i due album più importanti della loro carriera siano così completati, i Led Zeppelin proseguiranno a sfornare opere meravigliose almeno fino al 1973, in una delle sequenze di dischi riusciti più impressionanti mai prodotte nella storia del rock.

- Prog Fox

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