lunedì 21 ottobre 2019

Editors: "In this light and on this evening" (2009)

Nell'ottobre di dieci anni fa esce "In this light and on this evening", terzo album dei britannici Editors. Giunti alle soglie del terzo album, gli Editors affrontano la difficile prova della conferma, della consacrazione. L'avranno superata?




(il disco completo si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_nApEjxPYQI6s_80iyrLcGhbyrmQLbQ6wA)

Lo scoglio del terzo album arriva per gli Editors nel 2009, dopo due album di compassata ma emozionante e sincera derivazione.
Dark wave e pop rock melodrammatico, epico e trascinante; il percorso degli inglesi è fino ad allora, certo, non netto e sicuramente non privo di difetti
e di passaggi interlocutori ma "An End Has A Start" e "The Back Room" sono due felici incarnazioni.
Felici nei risultati, certo, non nel mood complessivo che resta (studiatamente e tatticamente?) autunnale e decadente.

Il terzo disco, si diceva, è atteso come pietra angolare e momento di passaggio, di rinnovamento: una replica dei percorsi già battuti suonerebbe davvero di scarso interesse, soprattutto nel quadro di una band che non fa mistero delle sue radici e delle sue chiare ispirazioni.
Tom Smith approccia la questione di petto e la porta sul piano formale: non cambia molto l'estetica di fondo ma si sceglie di sostituire in gran parte alle chitarre i synth e l'elettronica.
Il brano di apertura di "In This Light And On This Evening" è la title track ed è sicuramente un manifesto di intenti abbastanza netto: l'atmosfera nebbiosa alla Vangelis (ancora una derivazione netta ed esplicita) viene creata da un tappeto puramente elettronico e pulsante.
La voce di Smith è, se possibile, ancora più evocativa del solito, con toni davvero al limite della posa scenica ricercata e forzatamente costruita.
La bella "Bricks And Mortar" la segue ed è in linea con la nuova forma degli Editors: loop da tastiera e beats pulsanti invece di chiarre e basso.
"Papillion" è il singolo con cui viene lanciato il disco e naviga rischiosamente sul confine tra il kitch e il riuscito.
A questo punto il track to track è abbastanza superfluo (segnaliamo tra i pezzi successivi "The Boxer" e la pulsante "Eat Raw Meat = Blood Drool"),
il giudizio è complessivamente già formato.
E' positivo senza dubbio l'intento di rinnovamento, quanto meno tecnico ed espressivo, ma quello che in questo disco viene a mancare è quel quid di sincera emozione che nei primi due dischi, pur nella maniera e nella retorica patetica, era la chiave di differenziazione.

In pezzi come "Racing Rats", "Smokers..", "Escape the Nest" (solo per citare alcuni dei brani dei dischi di esordio) il climax era raggiunto in modo sicuramente melodrammatico, forse artificioso, ma comunque efficace.
Nei brani di "In This Light..." viene a mancare, in gran parte, proprio questa caratteristica; l'emozione non è mai spontaneamente trasmessa ma è
programmaticamente costruita. O almeno si vorrebbe arrivarci, ma in molti casi si resta lì, nella terra di mezzo.
Né carne né pesce: e non è una questione di forma (chitarre o meno), è proprio un tema di qualità di scrittura complessiva e di ispirazione.

Smith e soci sembrano, in definitiva, troppo concentrati sul come e non troppo sul cosa. E alla fine il conto si paga, almeno in questo caso: perché essere derivativi non è un peccato, essere noiosi e poco interessanti lo è.

- il Compagno Folagra

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