venerdì 27 settembre 2019

Vanilla Fudge: "Rock and Roll" (1969)

Nel settembre di cinquant'anni fa usciva "Rock and Roll", quinto e ultimo disco in studio dei superbi Vanilla Fudge, eroi del rock psichedelico della East Coast americana e punto di contatto fra Jimi Hendrix, Cream e Deep Purple.



(il disco completo si trova qui con una traccia bonus: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_k_whqfjQgNsSAOAyE8LOSMFAW7u0Fbtn4)

Con la fine del decennio, molti dei gruppi che avevano dominato quegli anni entrano in una crisi irreversibile. Yardbirds e Cream si sono già sciolti e i Beatles lo stanno per fare, e il rock duro sta passando nelle mani di Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath.

Negli Stati Uniti, i Vanilla Fudge, uno dei gruppi fondamentali per il passaggio dall'acid rock chitarristico al progressive rock e all'hard rock (soprattutto ispiratori di Ritchie Blackmore, di Jon Lord e dei Deep Purple), si scioglieranno dopo un concerto il 14 marzo del 1970.

Formatisi a Long Island e con un manager che per qualcuno è legato alla famiglia mafiosa dei Lucchese, i Vanilla Fudge sono ormai alle corde: il chitarrista Vince Martell è molto provato dalla continua vita in tour, mentre il tastierista Mark Stein è ai ferri corti con la sezione ritmica formata dal bassista Tim Bogert e dal batterista Carmine Appice, ormai stufa di stare in secondo piano e desiderosa di imbarcarsi in un nuovo progetto, per esempio un power trio alla Cream con Jeff Beck (lo faranno, oh sì, ma non prima del 1972).

I quattro strumentisti - tutti buonissimi cantanti solisti - preparano però prima un ottimo album per chiudere la carriera come si deve, indipendentemente dal fatto che sappiano che presto verrà la fine o meno.

Nelle sette canzoni che compongono l'album si mescolano cover e tracce proprie, come è usuale per il gruppo. Le cover sono davvero peculiari: "I can't make it alone" di Gerry Goffin & Carole King, "The Windmills of Your Mind" di Michel Legrand (dalla colonna sonora del film "Il caso Thomas Crown", di Norman Jewison con Steve McQueen), e "If you gotta make a fool of somebody" di James Ray e Rudy Clark, col batterista Appice alla voce solista; tutte sono interpretate con il solito stile dilatato e acido del gruppo, con una menzione d'onore per il vibrato caratteristico di Stein nella rilettura del pezzo di Legrand, uno dei migliori dell'album.

Se le cover sono tutte buone se non ottime, veramente eccellenti sono i quattro pezzi composti dalla band.

"Need love" apre il disco con un grintoso hard rock caratterizzato dalla strepitosa esecuzione vocale del chitarrista Vince Martell e da uno strabordante, scatenato finale strumentale. "Lord in the country", composta da Stein, è un incredibile incontro fra country, soul, gospel e rock, una delle cose più bizzarre e riuscite del disco.

"Street Walking Woman" è un altro hard rock che vede di nuovo Martell protagonista alla voce, ma che non manca di una lunga sezione impressionistica ad organo e cori, sulla quale emerge poi gradualmente la furia hendrixiana del chitarrista; "Church Bells of St. Martins" è ancora una volta una bizzarria firmata da Stein, che descrive il funerale celebrativo di Lord Nelson a Trafalgar Square prima in una atmosfera di folk acido e dilatato che si trasforma in una festa progressive di superbi cori - tra il celestiale e il sarcastico - che si rincorrono audacemente in una fanfara di fiati.

"Rock and Roll" forse non è un capolavoro, ma è certamente un perfetto modo per chiudere una carriera notevole e influente di un gruppo ingiustamente poco noto della storia del rock americano degli anni sessanta.

Appice e Bogert avranno un'ottima carriera da strumentisti, prima nei Cactus, poi a fianco di Jeff Beck. Appice diverrà poi batterista e co-autore di Rod Stewart nella seconda metà dei Settanta e oltre.

Tutto sommato, forse "Rock and Roll" è il migliore album dei Vanilla Fudge, assieme al loro disco d'esordio eponimo (agosto 1967) e ben prima di "Renaissance" (giugno 1968), ed è anche un ottimo punto di partenza per conoscerli, dato che non ha gli eccessi di album come "The beat goes on" (febbraio 1968) e "Near the beginning" (febbraio 1969). Così abbiamo anche citato tutti e cinque i dischi del gruppo (tutti comunque meritevoli di un ascolto), e possiamo salutare Stein, Appice, Martell e Bogert con l'amore e il rispetto che meritano.

- Prog Fox

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...