sabato 21 settembre 2019

Stranglers: "The Raven" (1979)

Tra i tanti capolavori realizzati dai The Stranglers (Official), forse "The Raven", loro quarto album in studio, pubblicato il 21 settembre di quarant'anni fa, potrebbe essere il capolavoro definitivo.



(album completo con bonus track: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_k8O7lZjeBKPQMbObw9gwI4WJxfDGt0C0c)

È il 1979 e l'era punk è agli sgoccioli. Il management degli Stranglers, gruppo emerso dalla scena pub rock ma marketizzato come punk per questioni di vendite, consiglia al cantante-chitarrista Hugh Cornwell di iniziare una carriera solista perché ormai i punk sono superati e a nessuno è piaciuto "Black & White" (il loro disco del 1978).

Gli Stranglers rispondono mandando affanculo il management.

Il bassista Jean-Jacques Burnel (il più grande bassista dell'era punk?) incide un disco solista, "Euroman cometh", così come il chitarrista e principale cantante Hugh Cornwell, "Nosferatu", col batterista di Beefheart, Robert Williams. Toltisi i pruriti masturbatori, si infilano in studio con l'organista Dave Greenfield e il batterista Jet Black e presto danno alla luce "The Raven", quarto album del gruppo e quarto successo artistico (e pure commerciale, toh).

"The Raven" prosegue la svolta iniziata con "Black & White", siamo ormai nei territori dell'art punk, di una new wave sempre più sveglia e innovativa ma che non rinnega un cazzo della rabbia e del sarcasmo mostrato finora. È anche un disco cupo, cupissimo, non che gli Stranglers siano degli allegroni ma ora sono più stronzi e depressi che mai, forse perché presi ora dalla storia, dalla mitologia e dalla fantascienza, ovviamente ogni lettura della realtà del 1979 è uno schifo e alimenta una alienazione che non è più quella dell'individuo in una Londra ostile in una Inghilterra in crisi, ma quella dell'essere umano immerso in una umanità ostile in un cosmo in crisi, siamo quasi a livelli di Poe e Lovecraft (non a caso parliamo di "The Raven", sarà un caso? non è un caso).

"Longships" è l'instrumental che setta già il tono epico e art rock del disco - e introduce la title track, capolavoro incredibile, allo stesso tempo ballabile, ondeggiante, minacciosa, con chitarra e organo fifties, basso e drumming new wave, un testo allucinato cantato da Burnel su un funerale vichingo che ricorda il favoloso Peter Sellers di "What's new pussycat". A career defining point.

Anche il resto del disco tiene il livello alto: "Dead Loss Angeles" è tanto ottusa quanto opprimente, con un duetto di bassi pauroso (uno suonato da Burnel e uno suonato da Cornwell) e un assolo di Greenfield nel suo stile alla Ray Manzarek dei Doors; "Baroque Bordello" ha un interplay chitarra-tastiera da pelle d'oca e una ritmica irregolare da bocca aperta. "(Don't bring) Harry" è la ballad pianistica triste e disturbante - quale sarà il problema del protagonista interpretato da Burnel? Bullismo? Schizofrenia? Molestie sessuali? Ehm, forse tutto questo, visto che Harry è in realtà heroine, l'eroina. Creepy.

Singolone commerciale per lanciare il disco è "Duchess", altro capolavoro che ci riporta terra terra ai temi più usuali ai fan del gruppo. Perché più andiamo avanti e sentiamo Burnel discettare in "Ice" del suicidio rituale di Yukio Mishima (intro da paura) e Greenfield nella sua unica prova da voce solista dell'LP, overo "Genetix" (canzone finale innovativa quanto una dei Talking Heads e dedicata agli esperimenti genetici), o i rant politici di Cornwell contro Joh Bielke-Petersen ("Nuclear Device", una delle canzoni più punk e orecchiabili del disco) o contro Khomeini ("Shah Shah a Go Go") e più ci sembra di sentire la versione britannica dei Blue Oyster Cult. Bene? Male? Forse bene, visto che "The Raven" è il disco più maturo e completo dei nostri eroi e il disco migliore di un gruppo pre-post punk nell'era post punk (se capisce? nun se capisce? se capisce, se capisce).

Tra le canzoni dalle influenze horror-fantascientifiche c'è sicuramente "Meninblack", sorta di gioco sulle teorie del complotto degli uomini in nero e del controllo mentale da parte degli alieni spaziali. Grazie alle buonissime vendite di "The Raven", gli Stranglers otterranno disco verde per fare esattamente il cazzo che vogliono nel loro prossimo disco, e sceglieranno di espandere il tema della canzone in un concept album dedicato tutto agli omini in nero che controllano l'umanità: "The Gospel According to the Meninblack" (1981).

Ma questa è un'altra storia.

- Red

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