domenica 22 settembre 2019

Band: "The Band" (1969)

Il 22 settembre di cinquant'anni fa usciva un capolavoro assoluto del roots rock nordamericano, "The Band", secondo album dell'omonima formazione composta da quattro musicisti canadesi e un musicista dell'American South.



(il disco completo con vari bonus si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/y3p4yctr)



Nel vasto campo di sottogeneri del rock che vengono chiamati con il nome di roots-rock, country-rock e Americana, la Band ha un ruolo di assoluta preminenza.

Bene o male la nascita di questi generi si può ricondurre all'opera di avvicinamento reciproco condotto soprattutto da Bob Dylan e dai Byrds - il primo a elettrificare il suo suono sotto l'influenza di John Hammond Jr e i secondi a dare interpretazioni pop delle canzoni di Dylan stesso. Questo avvenne tra il 1964 e il 1965, ed ebbe una influenza immensa, gettando un ponte fra due mondi che si erano a malapena parlati negli anni precedenti e dando la ricetta di base per la musica rock del futuro.

All'interno di questo percorso, la musica country aveva già avuto un ruolo sin dal 1955 quando i primi rocker bianchi e neri avevano inventato il rock and roll fondendo country e rhythm'n'blues. Nel 1967-1968 era iniziato il lento ritorno alle origini e diverse band avevano cominciato a recuperare elementi della musica country, all'epoca squalificata sia come contenuti musicali, sia per il messaggio politico reazionario: la International Submarine Band, i Byrds, la Band, Bob Dylan, fecero proprio questo ritorno esplicitamente, così come per i Creedence Clearwater Revival e in seguito i Grateful Dead, e avrebbe dato nuova linfa al rock americano e californiano in particolare.

Tra i principali responsabili di questo recupero, soprattutto, stava la Band. Nati come gruppo di accompagnamento di Bob Dylan, la Band non si limitò all'uso massiccio di cover di musica country o di brani elettrificati ad essa ispirati come Gram Parsons e i Byrds di "Sweetheart of the Rodeo", ma utilizzò le influenze folk e country in senso totalmente progressivo, non dimenticando mai lo stretto legame con il rock and roll (qualcosa che ebbero in comune coi Creedence) in composizioni arrangiate in modo elaborato, con testi impegnati socialmente e non di rado di ambientazione storica, opera del brillante nativo canadese Robbie Robertson, di un livello totalmente differente rispetto alla scrittura corriva di tanti altri loro coetanei.

Oltre a essere un grande autore, il chitarrista Robertson ha al suo fianco musicisti di altissimo spessore: il bassista Rick Danko, i tastieristi Richard Manuel e Garth Hudson, e il batterista Levon Helm, l'unico membro del gruppo a non essere canadese. Oltretutto Helm e Manuel sono anche grandissimi e peculiari cantanti, e anche Rick Danko ha un'ugola niente affatto da disprezzare.

"The Band", anche noto come "Brown Album", il secondo disco della formazione, arriva dopo "Music from the Big Pink" del 1968; "The Band" mette a punto e perfeziona il genere già creato ed esplorato nel disco precedente, con grande varietà stilistica, ritmica, ma anche timbrica.

"Across the great divide" apre il disco con la voce sofferente di Richard Manuel e quella atmosfera da saloon e film neo western colorata dall'organo di Hudson e dai fiati (suonati da Manuel, Danko e Hudson assieme al produttore John Simon). "Rag mama rag" continua su coordinate simili, con Danko magistralmente al violino e Helm alla voce, così come nel capolavoro nel capolavoro il capolavoro "The night they drove old Dixie down", sulla fine della guerra civile vista con gli occhi di un sudista. Helm, un nativo dell'Arkansas, interpreta il sudista sconfitto con una passione e un dolore sinceri, su temi musicali variegati sia come melodie che come ritmo, mentre su tutto si erge una suggestiva armonica morriconiana.

E ancora: si pensi all'andamento da canto da saloon di "When you awake"; alla dolcissima e struggente "Whispering Pines" del tastierista Richard Manuel; al rock and roll quasi da Creedence Clearwater Revival iper-arrangiati come "Jemima Surrender"; alla struttura fortemente irregolare di "Jawbone", con la fantastica batteria sincopata di Levon Helm; e ancora alla conclusiva "King Harvest", aggressiva e ritmata, sulle vicende di un lavoratore disoccupato salvato dal sindacato, con ancora una interpretazione vocale rabbiosa e perfetta di un gigantesco Manuel.

Quasi ogni canzone ha una melodia accattivante e spesso originale, arrangiamenti fantasiosi e densi senza essere mai eccessivi, e in ogni brano si cerca almeno un piccolo elemento che ne giustifichi l'esistenza. Un disco favoloso, assolutamente indispensabile a chiunque abbia un interesse per il rock americano, il folk o il country-rock, ma fortemente consigliato a chiunque altro. Il disco migliore del genere, a parere di chi scrive senza dubbio e senza eccezioni.

- Prog Fox

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...