lunedì 9 settembre 2019

Quicksilver: "Shady Grove" (1969)

Nel settembre di cinquant'anni fa vengono completate le incisioni di "Shady Grove", il terzo album dei Quicksilver Messenger Service - Band, una delle più importanti formazioni del rock psichedelico californiano. L'album si gioca con il loro debutto il posto come miglior disco del gruppo.





(l'album si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_lAkdmkEFGkwXna1LV9L_v-uIIlInlJ0Fg)




Vi avvertiamo subito: sarà difficile per il recensore trattenere l'entusiasmo per questo album.

"Shady Grove" è il terzo album dei Quicksilver Messenger Service - Band, una delle più importanti formazioni del rock psichedelico californiano, probabilmente la possiamo mettere sul podio del genere dopo Grateful Dead e Jefferson Airplane, per fama quantomeno.

Disco variegato, attraversato da elementi acidi, blues, country, folk, "Shady Grove" è un album convincente, energico, ben scritto e ben suonato, che si contende il posto di migliore album del gruppo con il loro disco d'esordio dell'anno precedente.

I Quicksilver perdono (temporaneamente) uno dei fondatori, il chitarrista Gary Duncan, al posto del quale viene assunto in pianta stabile il tastierista inglese Nicky Hopkins, uno dei più importanti sessionmen britannici del decennio a cavallo del 1970. Hopkins si unisce così al chitarrista John Cipollina Appreciation and Tribute Page, al bassista David Freiberg (anche eccellente cantante della band) e al batterista Greg Elmore.

Questo cambiamento in realtà non danneggia il gruppo (mentre il rientro dell'invadente amico Dino Valenti dal disco successivo lo farà molto di più). Con Hopkins invece di Duncan, il fulcro del gruppo si sposta dalle lunghe jam psichedeliche alle canzoni strutturate ma pur sempre profondamente acide, che non mancano di mettere in mostra le qualità di Cipollina alla chitarra e di Hopkins a pianoforte e organo.

La presenza di Hopkins si fa sentire già dalle prime note del brano di apertura, "Shady Grove", che da il titolo al disco. Brano caratterizzato da una continua altalena emotiva, spazia da roots rock a musica cosmica passando per l'intro prog del piano classico di Hopkins e gli incisi di chitarra.

Stiamo già volando altissimi e continuiamo a farlo con "Flute Song", composta da Denise Jewkes, una delle Ace of Cups, gruppo rock femminile di fine anni '60 che lasciò poche testimonianze di sé perlopiù essendo ospiti o autrici per altri gruppi più famosi dell'epoca. Anche questo è un pezzo fenomenale, la voce sofferta di Freiberg si inerpica su un tappeto soffuso costruito attorno al pianoforte di Hopkins, sul quale poi il bassista incide un breve, dolente solo di viola.

"Three of four feet from home", a firma John Cipollina, ci fornisce un benvenuto cambio di passo con un ironico blues rock che ci porta rinvigoriti ad affrontare la commovente elegia di "Too far", fra i migliori brani del disco e perfetta vetrina per la voce di Freiberg, che ne è anche autore; lo scanzonato rock "Holy Moly", scritto per loro dall'amico e collaboratore Nick Gravenites, conclude magnificamente il lato A con un pezzo che non ha nulla da invidiare alle fusioni fra psichedelia e roots rock che stavano realizzando i Grateful Dead.

Cipollina e Gravenites firmano insieme "Joseph's Coat", qui siamo nei territori della psichedelia più spaziale e il chitarrista italoamericano sfodera un solo degno della sua fama.

La sognante "Flashing Lonesome" (di Freiberg/Gravenites) ci accompagna nuovamente in viaggi immaginifici sulle terre dell'Ovest americano, come sogni di cowboy psichedelici. "Words can't say" continua a tenere alto il livello nel lato B portandoci in territori maggiormente country & western.

Conclude l'album la lunga jam "Edward (The Mad Shirt Grinder)", composizione strumentale di Nicky Hopkins che con le sue dita che corrono sui tasti scatenati ci porta in viaggio per nove minuti con i suoi compagni di gruppo, in particolare l'ottimo Greg Elmore alla batteria, che sarà il vero collante del gruppo lungo i tanti anni di alti e bassi, tra partenze e reunion.

"Shady Grove" è un disco semplicemente fenomenale in cui ogni canzone è riuscita non solo se presa da sola ma soprattutto nel contesto complessivo di un'opera varia e scorrevole. Di fatto, preferirete "Quicksilver Messengere Service" (1968) o "Shady Grove" (1969) solo a seconda della vostra preferenza per l'interazione fra due creative chitarre elettriche o fra chitarra elettrica e pianoforte/organo.

Ma la cosa migliore non è potere avere entrambe le combinazioni e alternare a piacere due dischi così eccezionali?

- Prog Fox

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...