domenica 22 settembre 2019

Despised Icon: "Day of Mourning" (2009)

Il 22 settembre di dieci anni fa esce "Day of Mourning", quarto studio album prodotto dai Despised Icon, band proveniente da Montreal. Chiunque abbia in testa il luogo comune riguardante l’estrema gentilezza e garbatezza che contraddistingue il popolo canadese, dovrà rivedere le proprie convinzioni.



(il disco completo potete ascoltarlo qua: https://tinyurl.com/yxg45qku)


I Despised Icon fanno parte della categoria di gruppi estremi, o per usare un gergo forbito, che spaccano il culo, e lo fanno con brutalità.

Fra i leader mondiali della scena deathcore ('spot alert' - Deathcore: la carica del death metal unità all’energia dell’hardcore!), esordirono nei primi duemila con il full lenght "Consumed By Your Poison", album discreto, ancora molto acerbo, in cui all’epoca il gruppo sfoggiava una donzella (cazzo, si!!!) dietro il microfono. La strada giusta la imbroccarono al secondo tentativo, "The Healing Process", datato 2005, venne parecchio acclamato, fra critica e pubblico. Restò il loro lavoro più rappresentativo, quel tipo di album con cui dovrai confrontarti per il resto della carriera. Venne inoltre rinnovata e consolidata la formazione a sei elementi: coppia di asce, basso, batteria, e due vocalist, uno che canta in growl, e l’altro… in ultragrowl. Naturalmente passando attraverso le varie sfumature di growl, grunt, pig squeal e piercing scream. Vi invito a fare un giretto su youtube per visionare i tutorial di queste “tecniche” canore. Seguì due anni dopo "The Ills of Modern Man", altrettanto devastante ma un paio di spanne sotto il suo predecessore.

Ed eccoci arrivare a "Day of Mourning", album che non si discosta dalle consuete coordinate stilistiche, e presenta il solito concentrato di brutalità, velocità assurde, blast beat a raffica, doppia cassa a ciocco, breakdown, cambi di tempo repentini, intreccio riff stoppati e sincopati, mazzate a destra e manca.

C’è da dire che, per quanto la band sia capace e ispirata, il songwriting resta piuttosto monolitico, e stavolta il gruppo si affida troppo all’utilizzo della tecnologia, mixando si in maniera cristallina e bilanciata ma offrendo un sound eccessivamente computerizzato, soprattutto per quel che concerne il suono della batteria, esagerando con l’ausilio dei trigger.

Comunque sia, basta andare a darsi un’ascoltata (rigorosamente con le cuffie, per non fare un torto ai vicini) a una bomba atomica come "MVP" per farsi un’idea di quanto siano capaci i Despised Icon, viaggiando a velocità inumane (il batterista Alexander Pelletier dovrebbe aver i piedi e le mani che fumano al termine dell’esecuzione). In particolare, è l’intero trittico iniziale composto, oltre che da "MVP", anche dalla title track "Day of Mourning" e dall’opener "Les Temps Changent" a rappresentare la punta di diamante a tre teste dell’album.

Non scherzano nemmeno "Diva of Disgust" e "All for Nothing" in quanto a annichilimento sonoro. Discorso a parte lo si deve fare per la conclusiva "Sleepless", unico pezzo dell’album dalla lentezza pachidermica, molto più vicino a lidi post core che agli abituali ritmi folgoranti che la band è solita adottare.

Dopo il tour relativo all’album, il gruppo si sciolse (o meglio dire, si prese una pausa temporanea) per cinque anni, per poi rimettere insieme i propri pezzi e uscirsene con l’album "Beast", solito furioso concentrato di bestiale ferinità deathcore. Non per tutti, certamente, se cercate qualche sprazzo di melodia avete sbagliato gruppo. Imprescindibili, invece, per gli appassionati del genere.

- Supergiovane

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