sabato 17 agosto 2019

Miles Davis: "Kind of blue" (1959)

Il 17 agosto di cinquant'anni fa veniva pubblicato "Kind of Blue", uno dei dischi più importanti degli ultimi cento anni, a firma del trombettista jazz afroamericano Miles Davis. Miles recupera la lezione teorica di George Russell sui modi musicali, volta a espandere gli orizzonti della musica oltre l'angusto ambito della scala maggiore e della scala minore.
Con l'aiuto del pianista e compositore Bill Evans e di un gruppo di collaboratori straordinari (John Coltrane e Julian Cannonball Adderley ai sax; Wynton Kelly al piano; Jimmy Cobb alla batteria; Paul Chambers al contrabbasso), Miles Davis rivoluziona il jazz e la musica tutta con questo disco incredibile.

(il disco completo si può sentire qui


Ancora un disco jazz? Eh sì, un disco jazz e soprattutto un disco di cui non si può non parlare. Parlarne sapendo poco sia di jazz sia di teoria musicale è pericoloso, ma non se ne può fare a meno, perché "Kind of Blue" del trombettista afroamericano Miles Davis sta in tutte le classif
iche dei migliori album del Novecento e in tutte le classifiche dei migliori dischi di jazz ed è anche uno dei dischi più venduti di tutti i tempi - in particolare il disco jazz più venduto di tutti i tempi.

Motivo numero uno di questa cosa è che si tratta di un disco melodico. Inutile girarci intorno, se vuoi vendere devi fare delle belle melodie. Il jazz degli anni cinquanta aveva abbandonato l'era delle canzoni swingate, erano rimaste solo in mano a Frank Sinatra che infatti ne fece buon uso, era diventato musica per intellettuali, perlopiù afroamericani ma non solo, ossessionati dall'idea del virtuosismo. Un po' come i metallari degli anni novanta.

Col bebop e le sue evoluzioni, di fatto si correva su due binari sui quali era dura tenersi in equilibrio: improvvisare gli assoli più veloci e tecnicamente difficili possibili e allo stesso tempo improvvisarli sulle sequenze di accordi più complesse possibili.

Miles Davis, che era un tipo che potremmo definire minimalista, si era un po' stufato di sta storia e trovò alternativa nel lavoro teorico di George Russell, il più importante teorico musicale del jazz, e nel lavoro come musicista e compositore del pianista Bill Evans. Russell aveva recuperato dall'oblio idee musicali che risalivano a prima della musica classica, adattandole appositamente al jazz. Segue momento che potrebbe causarci profondo imbarazzo ma proviamo a spiegarlo.

La musica classica e gran parte della musica popolare è chiamata 'musica tonale' e si sviluppa secondo precise sequenze di accordi dette 'progressioni', alcune famosissime come per esempio Do Sol Fa Do. Gli accordi a loro volta si costruiscono secondo schemi precisi di note che seguono due principali sequenze di note, una sequenza chiamata scala maggiore e una sequenza chiamata scala minore.

La musica classica scelse di comporre quasi esclusivamente nella scala maggiore e minore per una serie di motivi culturali e tecnici, come per esempio la maggiore semplicità nel gestire le melodie sugli accordi. George Russell ci ricorda allora che nella musica occidentale erano stati sviluppati sette 'modi', cioè di fatto scale, due delle quali erano appunto la maggiore e la minore. Ma ne esistevano altre cinque che si potevano usare, per creare melodie interessanti sugli accordi, anche se certamente più difficili da pensare e utilizzare. In questa teoria fatta di sette modi, la scala maggiore si chiama modo ionico e la scala minore modo eolio, giusto per saperlo.

Miles Davis e il suo collaboratore e pianista Bill Evans (influenzato a sua volta da Claude Debussy, un compositore classico fondamentale nel reintrodurre i modi nella musica tonale) iniziano a giocare con questi modi alternativi, e lo fanno per due motivi: il primo è che vogliono nuove melodie, ma soprattutto vogliono creare musica interessante senza dover rendere tutto un pastrocchio di accordi indigeribili e complicatissimi. Quindi da un lato si scelgono i modi, cioè diciamo la scala o le scale con la quale vogliamo improvvisare, e poi sulla base di queste prendiamo accordi che ci stiano bene e li usiamo come sfondo. In questo tipo di musica, che possiamo chiamare 'musica modale', mettiamo quindi al centro non la sequenza di accordi sulla quale costruire la melodia, ma viceversa la melodia dietro la quale tessere gli accordi. Musiche 'semplici' come il blues e il rock spesso sono talmente semplificate nella loro struttura da avvicinarsi alla musica modale anche se sono scritti come musica tonale.

Miles Davis vuole riportare al centro della scena la melodia, semplificare le composizioni, ribaltare tutto senza banalmente tornare a improvvisare vecchie scale su vecchie sequenze di accordi. L'impianto teorico di George Russell gli serve a questo e "Kind of Blue" è la più rivoluzionaria espressione su vinile delle idee di quel teorico del jazz. Essendo poi relativamente semplice all'ascolto, semplice e rivoluzionaria e geniale, "Kind of Blue" diventa anche un successo clamoroso di critica e di pubblico.

Ma veniamo alla musica. Miles Davis chiama il suo gruppo di musicisti e come faceva di solito non gli spiega niente prima: fa tutto uno scherzone, soprattutto al suo pianista Wynton Kelly, che aveva sostituito Bill Evans nei live, e gli fa trovare Evans seduto al suo posto al pianoforte. Oltre a Bill Evans e Wynton Kelly, Miles ha con sé una serie di virtuosi come Julian Adderley (sax contralto), John Coltrane (sax tenore), Paul Chambers (contrabbasso) e Jimmy Cobb (batteria).

Poi per ogni canzone ha preparato una scala o due in cui improvvisare e pochissimi accordi di base, per dire, "So what", la traccia #1 del disco, ne ha solo un paio. A quel punto via, tema di apertura e si improvvisa finché dico io. Quando non è contento interrompe tutti, quando è contento archivia la registrazione e passa a quella dopo. Non tutte le canzoni sono basate completamente sulla musica modale, alcune sono una via di mezzo, ma è comunque una rivoluzione.

Dopo una breve introduzione di pianoforte, "So what" apre il disco con il tema condotto inusualmente dal contrabbasso di Chambers, tu-tu-tutu-tututu, mentre gli altri strumenti rispondono come un coro gospel. Tutto il brano si svolge all'interno di un solo modo, la dinamica del pezzo è affidata completamente alla batteria di Cobb e a una semplice variazione, alzare di mezzo tono tutta l'improvvisazione e poi riabbassarla. La cosa impressionante è che con una semplice guida anche l'ascoltatore più sprovveduto può capire cosa sta succedendo, grazie proprio al desiderio di Davis di non appesantire la narrazione musicale come avveniva nel jazz di quegli anni derivato dal bebop. E man mano che si sviluppa il pezzo e i solisti improvvisano, il virtuosismo non manca di certo.

"Blue in Green", che si basa su una composizione di Bill Evans, è l'anomalia nel lotto, essendo infatti un brano di musica tonale - tanto per ribadire che a Miles alla fine interessa la musica nella sua essenza e non le sue qualità teoriche - la teoria serve ad aumentare le possibilità espressive del musicista e non a limitarle. Il ruolo centrale del pianoforte è evidente, la libertà qui si esprime soprattutto nella ritmica, nell'accelerare e rallentare delle melodie.

In "All blues" si può sentire chiaramente la semplicità della sequenza del pianoforte che fa da sfondo alle improvvisazioni. In un idioma ancora più blues è "Freddie Freeloader". Poiché Wynton Kelly era considerato un esperto del jazz blues, per questo brano Miles fa alzare Evans ed esibire Kelly, che non si lascia pregare e sfodera una improvvisazione di pianoforte memorabile.

Il capolavoro nel capolavoro si dice essere "Flamenco Sketches", il pezzo, totalmente di atmosfera, in cui è più completo il tentativo di Miles di comporre una musica propriamente modale; si capisce il potenziale esplosivo di questo tipo di improvvisazione se si segue il processo creativo di Miles. Vengono fornite cinque scale da attraversare in successione, invece che cinque accordi, e determinata la sequenza dei musicisti che improvviseranno l'assolo - Miles, John, Julian, Bill e di nuovo Miles.

Il passaggio da una scala all'altra si può cogliere chiaramente dal secondo 0:21 al minuto 1:46 del brano, quando è Miles il solista, alle orecchie di un non-iniziato potrà sembrare qualcosa di simile a un cambio di accordo ma è un cambio di modo. Se troverete i cambi a orecchio con Miles, poi imparerete a sentirli anche negli altri solisti. Uno dei momenti più emozionanti della canzone - e di tutto l'album - è l'ingresso di John Coltrane nel primo modo al termine del solo di Miles, con Jimmy Cobb che rilascia la tensione della batteria e tesse la trama su cui il romanticismo del sassofonista imperversa (ripetendosi al terzo modo, che è, come il primo, un modo ionico, il modo che corrisponde cioè alla classica scala maggiore).

Se sappiamo che tradizionalmente in musica suonare in tonalità maggiore o minore spesso ci fa provare rispettivamente un senso di gioia o di tristezza, recuperare i cinque modi trascurati aumenta le possibilità espressive, aumenta le emozioni esprimibili. E la loro combinazione, come in "Flamenco Sketches", aumenta enormemente ciò che possiamo dire pure con uno sfondo armonico minimo, enfatizzando quindi la libertà e la lettura del brano da parte del musicista.

Questa ci pare essere la grande interpretazione di Miles Davis della lezione di George Russell, cristallizzata in un disco fra i più importanti di sempre.

- Prog Fox

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