sabato 10 agosto 2019

Dark Tranquillity: "Projector" (1999)

Il 10 agosto di venti anni fa usciva il fantastico "Projector", quarto disco in studio dei Dark Tranquillity, band leader del death metal melodico svedese.
Vero capolavoro del genere, è uno dei più grandi dischi metal di fine decennio.




10 di agosto dell’anno 1999, gli svedesi Dark Tranquillity, leader insieme ai colleghi In Flames e At The Gates della scena swedish melodic death metal di Göteborg, danno alla luce dopo un lungo travaglio "Projector" (le sessioni di pre-produzione e registrazione cominciarono nel settembre dell’anno precedente), album che segna un netto stacco rispetto a quanto prodotto fino a quel momento, e soprattutto uno dei picchi più alti della loro ormai trentennale carriera.

Venuti alla ribalta grazie a una formula che ha saputo mischiare un sound al contempo duro e melodico, fatto di distorsioni ribassate e riff affilati come lame, supportato da ritmiche spesso martellanti che però non disdegnano break e aperture acustiche melodiose, dopo il buon esordio "Skydancer" il gruppo è letteralmente esploso con il masterpiece "The Gallery", a cui seguì il roccioso "The Mind’s I", album decisamente positivo seppur un po’ troppo monolitico e a tratti scontato (sui vari mini ep soprassediamo).

Arrivati a questo punto della carriera, che si poteva fare? Adagiarsi sugli allori riproponendo la stessa formula e relegarsi al ruolo di mestieranti di lusso? Oppure alleggerire il proprio sound e renderlo più accessibile, come cominciarono a fare gli In Flames? Oppure avere il coraggio di osare e sperimentare nuove soluzioni finora inesplorate ancora inedite? Ebbene, venne percorsa quest’ultima via, scelta sicuramente temeraria, considerando la notevole fama che avevano ormai consolidato, e la poca propensione delle frange metallare più intransigenti di accogliere sonorità non convenzionali.

Puntualizziamo che in ogni caso non si trattò di uno stravolgimento, di una saturazione, o un forzato cambio di rotta, ma di una evoluzione qualitativa al loro modo di concepire la musica. Alle loro tradizionali sonorità göteborghiane, sui cui detengono il trademark, venne implementato un utilizzo massiccio di tastiere e synth (grazie all’ingaggio di Martin Brändström, membro fondamentale tutt’ora nel gruppo, qui coadiuvato da Fredrik Norstrom), il cantante Mikael Stanne cominciò ad alternare al suo growl profondo anche parti vocali pulite (utilizzate finora solo in rarissimi momenti e per lo più da parte di voci femminili ospitate nelle varie Lethe, Insanity Crescendo, …Of Melancholy Burning, The Gallery, Through Ebony Archways), ora fondamentali nella sua evoluzione interpretativa. Anche l’approccio ritmico venne rivisto e reso meno martellante, più ragionato e sostenuto, tarpando quelle veloci sfuriate tipicamente death metal. E le distorsioni vennero modificate, eliminando le tonalità ribassate in favore di riff più effettati. Le coordinate stilistiche si spostarono su lidi gothic metal con qualche sfumatura di dark wave rivisitato e modernizzato.

Non nascondiamo che all’epoca questo mutamento venne male interpretato da diversi fan di vecchia data e da parte della critica (seppur minima), ma ciò non toglie che "Projector" rappresenta un lavoro originale di assoluto valore ed enorme personalità. Non a caso, non passò molto tempo prima che acquistò lo status di album di culto, non solo per il combo svedese ma per l’intera scena metal, che in quel periodo stava attraversando un periodo di transizione.

Basterebbe citare la maestosa "ThereIn" per esemplificare quanto la nuova formula adottata dai Dark Tranquillity si sia dimostrata vincente: un magnifico riff con effetto riverbero fa da apristrada al riff portante gemello, su cui Stanne ricama il suo consueto growl in alcune delle strofe più riuscite nel simbolismo lirico del gruppo: “Gentle storm, Thundering silence, Inferior force, uncontrolled calm”. Il brano si distende su un up-tempo sostenuto da una sezione ritmica molto coinvolgente, che sfocia in quello che è uno dei più affascinanti refrain (cantato in clean) del metal scandinavo (e non soltanto). Un encomio speciale va rivolto a Stanne e ai suoi testi sempre intelligenti, estremamente profondi e ispirati, accantonato l’inglese antico con cui scriveva odi decadenti, riesce a sprigionare tutta la sua vena poetica, e servirebbe un’intera recensione a parte per approfondirli a dovere. Il pezzo più bello della loro carriera? Per noi si, senza indugio.

Anche l’iniziale "FreeCard", introdotta da struggenti note di piano, mette subito in risalto come l’attitudine compositiva si sia evoluta verso una forma più progressiva e articolata. Il gruppo mantiene comunque saldamente legate le radici del proprio retaggio, e un pezzo potente e tirato come "The Sun Fired Blanks" è qua a dimostrarlo. Di altissimo livello si mostra pure "To a Bitter Halt", contraddistinta da un’ottima sezione solista ad opera della coppia Niklas Sundin (anche illustratore dell’artwork, e concept artist professionista di tanti altri gruppi in seguito) e Fredrik Johansson, che lascerà il gruppo una volta terminate le registrazioni, impossibilitato a seguire il gruppo in tour causa neo paternità e lavoro.

"Dobermann" è un altro pezzo che merita piena attenzione, per la sua abilità nell’intrecciare e rivedere le fredde e taglienti melodie metalliche di stampo svedese in vesti moderne. "UnDo Control" è l’immancabile lentone in cui il ruvido growl di Stanne si avvicenda alle soavi linee vocali di una figura femminile (nella forma fisica di Johanna Andersson). La seguente "Auctioned" fa il paio, trattandosi di un’altra malinconica ballatona acustica-elettrica cantata interamente con voce pulita da Stanne.

"Day To End" si segnala per essere il pezzo più atipico dell’album, con quei synth in pieno stile dark wave ottantiano. "On Your Time", uno dei pezzi più sottovalutati degli svedesi, chiude in modo eccellente un disco epocale.

Seppur abbia inizialmente diviso, possiamo dire che per i posteri questo sia un lavoro imprescindibile almeno quanto "The Gallery", se non di più. Si, sono diversi, ma sono pur sempre i Dark Tranquillity, nella loro versione 2.0. “It was solid, yet everchanging, it was different, yet the same, so I starve myself for Energy”.

- Supergiovane

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