giovedì 25 luglio 2019

Yes: "Yes" (1969)

Il 25 luglio di cinquant'anni fa, nel Regno Unito giungeva il debutto su LP di un gruppo che avrebbe fatto la storia del rock progressivo, ovvero gli YES (official).




(disco completo disponibile qui:https://www.youtube.com/playlist?list=PLALZtwXPtUFIA3yfNofUccpvEEbxijXa0)




Formatisi nell'agosto del 1968 a Londra, gli Yes suonarono il primo concerto il 4 dello stesso mese con una formazione che comprendeva il cantante John Anderson (classe '44, del Lancashire), il bassista Chris Squire (classe '48, di Londra), il tastierista Tony Kaye (classe '45, di Leicester), il chitarrista Peter Banks (classe '47, di Londra) e il batterista Bill Bruford (classe '49, del Kent). John, uomo dalla forte spiritualità, prenderà il nome di Jon Anderson più avanti, in seguito a un sogno.

Bruford abbandonò temporaneamente la band per iniziare studi universitari che poi decise di non perseguire. A novembre il gruppo si era riunito e a marzo firmò un contratto discografico con la Atlantic, per cui si chiuse nello studio di registrazione per incidere il primo album, chiamato semplicemente "Yes", pubblicato il 25 luglio del 1969.

"Yes" è un piccolo classico del nascente rock progressivo, le cui influenze principali sono Moddy Blues e Procol Harum, ma anche il folk rock californiano e i Beatles: non a caso, ci sono due cover nell'album, ovvero "Every little thing" di Lennon/McCartney e "I see you" dei Byrds.

Ad aprire le danze sta "Beyond and Before", con il basso effettatissimo di Chris Squire in primo piano - Squire, già promettente, diverrà uno dei bassisti più importanti e influenti del rock britannico degli anni settanta. L'ottima, personalissima reinterpretazione di "I see you" mostra le qualità chitarristiche di Peter Banks, chitarrista troppo sottovalutato per la fama del suo successore Steve Howe [per apprezzarne le doti consigliamo l'ascolto dei suoi lavori con il chitarrista prog olandese Jan Akkerman e in particolare il disco solista "Two sides of Peter Banks" del 1973]. Fra gli altri brani spicca a nostro parere l'antimilitaresca "Harold Land", tra delicato organo hammond, armonie vocali e figure ritmiche già complesse.

Il disco mostra in generale un gruppo giovane che sta maturando il proprio suono e che ha promettenti strumentisti che stanno sviluppando e studiando la propria tecnica musicale, e già i cori di Anderson e Squire stanno gettando le basi per le intricate architetture vocali che caratterizzeranno il gruppo.

Conclude l'album quello che è forse il pezzo migliore, la post-apocalittica "Survival", che introduce già le tematiche fantastiche ed ecologiste di tanti lavori successivi (a partire dal celebrato "Close to the Edge" del 1972). Sorretto da un delizioso riff di organo e da complesse armonie vocali, è la migliore indicazione della strada che il gruppo seguirà a partire dal suo terzo album. Per il secondo album, "Time and a word" (1970), infatti, sceglierà di inseguire la moda del rock-con-orchestra, con risultati non proprio riusciti.

- Prog Fox

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