giovedì 18 luglio 2019

Doors: "The Soft Parade" (1969)

Il 18 luglio di cinquant'anni fa usciva "The Soft Parade", quarto album dei Doors.
Generalmente considerato il loro disco più debole, forse lo è pure. Ma anche il disco più debole dei Doors non può mancare di fascino.


(il disco completo is può trovare qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_l7zZJBLMubXkBsmDXmpHlxvG9a36R_Qr4)




"The Soft Parade" è universalmente considerato il peggiore album dei Doors (tralasciando i dischi, totalmente dimenticati, che il gruppo incise dopo la morte di Jim Morrison nel 1971). Le motivazioni per questo giudizio come sempre sono in ugual parte reali e immaginarie, dovute alle aspettative e ai preconcetti.

Nel 1968 i Doors avevano pubblicato "Waiting for the Sun", l'altro candidato a disco peggiore del gruppo. Era stato il primo album a vedere la formazione impegnata in composizioni radicalmente nuove, dato che i primi due LP si erano basati in gran parte sulle poesie e sugli appunti che Jim Morrison aveva accumulato nel corso degli anni, e sugli arrangiamenti che la band aveva costruito su di essi. "Waiting for the Sun", disco meno antagonistico e violento dei precedenti, più meditabondo, per qualcuno aveva anche il demerito di contenere "Hello I love you", un classico pop radiofonico. Sia l'album che il singolo, poi, avevano raggiunto il numero #1 nelle classifiche. Come osavano i Doors? Erano sicuramente dei venduti.

Dopo un infinito tour, i quattro musicisti si ritrovano così ancora una volta con la pagina bianca all'inizio del lavoro su "The Soft Parade", con almeno un paio di problemi in più, identificabili in Jim Morrison da un lato e nel produttore Paul A. Rothchild dall'altro.

Morrison sembrava avere perso interesse o quantomeno fiducia nel gruppo. Sebbene non si opponga ai nuovi pezzi scritti dal chitarrista Robbie Krieger, separa nettamente le incisioni dei propri pezzi da quelli scritti da lui. Dall'altro lato, Rothchild, che i racconti successivi descrivono come in piena dipendenza da cocaina, si è trasformato in un dittatore perfezionista che porta il gruppo a suonare e risuonare ogni pezzo fino allo sfinimento alla ricerca della sua versione definitiva.

Le canzoni di "The Soft Parade" sono quindi divise chiaramente in due gruppi: le composizioni di Morrison, arrangiate dal gruppo, e quelle di Krieger, sviluppate quasi in isolamento da lui e poi affidate all'arrangiatore Paul Harris, che vi incide gli archi e una corposa sezione fiati di matrice jazz. Questa scelta è condivisa dal batterista John Densmore e dal tastierista Ray Manzarek, che volevano espandere e rinnovare il suono della band. Morrison non si oppone all'idea di trasformare in pop orchestrale i pezzi di Krieger, ma non vuole che siano toccate le sue composizioni, ancora scritte nel classico linguaggio psycho blues del gruppo.

Alla fine dei conti, il disco è in effetti uno dei più deboli del gruppo; ma un disco debole dei Doors è comunque meglio della gran parte delle cose fatte da un milione di altre band. E infatti anche "The Soft Parade" contiene parecchie perle: se "Tell all the people", con il suo favoloso crescendo e "Touch me" con il suo ritornello romantico mostrano le qualità di Krieger come autore, Morrison si prende la scena con "Shaman's Blues", una delle sue visioni profetiche. Il lato A alle orecchie di un ascoltatore obiettivo ha poco da invidiare ai momenti migliori del gruppo.

Il lato B invece va un po' in calando, e soprattutto i nove minuti conclusivi di "The Soft Parade", che vorrebbero incarnare un'altra delle grandi cerimonie spirituali di Jim, mostrano un po' di stanchezza da parte di tutto il gruppo, che non sembra convinto come dovrebbe nel seguire il delirio mistico del suo leader.

Disco che ebbe un certo insuccesso di pubblico se paragonato ai precedenti, le sue manchevolezze furono esagerate da una critica rock che non è mai guarita dalla malattia infantile dell'integralismo. A ogni modo, i Doors decisero di tornare sui loro passi e abbandonare le sottigliezze in favore di un suono più roots rock e blues rock nei loro due successivi album, gli ultimi della vita di Jim Morrison.

- Prog Fox

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