sabato 27 luglio 2019

AC/DC: "Highway to Hell" (1979)

Il 27 luglio di quarant'anni fa usciva "Highway to Hell", sesto album in studio degli australiani AC/DC e disco della loro definitiva consacrazione, oltre che uno dei capolavori dell'hard rock classico anni '70.
Purtroppo fu anche l'ultimo disco del cantante Bon Scott con la band. Scott morì infatti a 33 anni per intossicazione da alcool, il 19 febbraio del 1980.



Il 27 Luglio del 1979 gli AC/DC pubblicano "Highway to Hell", sesto album da studio prodotto in quattro anni dal gruppo australiano, album che viene ricordato, oltre per il successo stratosferico conseguito, per essere l’ultimo che vede il frontman Bon Scott alla voce.

Naturalmente oggi riconosciamo gli AC/DC fra i leader mondiali della scena rock di ogni epoca, ma non era stato sempre così: riportando la timeline indietro di quarant'anni, la band era venerata in terra madre, molto apprezzata all’estero, ma tuttavia non le era ancora stato conferito lo status di gruppo di culto, perlomeno al di fuori dell’Oceania; "Highway to Hell" segnò la consacrazione definitiva.

Con lo zampino della loro etichetta discografica: la Atlantic, non pienamente soddisfatta dei risultati delle vendite (comunque buoni, in particolare "Powerage"), impone al gruppo di dare il benservito alla coppia George Young (fratello di Malcom e Angus) e Harry Vanda, loro producer storici. Al loro posto, viene ingaggiato Robert John "Mutt" Lange, molto apprezzato nel campo del pop rock commerciale, tutt’oggi impegnato in grosse produzioni che puntano a sfondare le classifiche. La strategia coercitiva della Atlantic provocò non pochi malumori all’interno della band, la quale azzerò completamente la propria crew affidandosi a un nuovo management. Insomma, l’inizio di una nuova era.

Lo scopo di Lange era lampante, smussare la ruvidezza del sound dei fratelli Young e soci in favore di un approccio più melodico e immediato. Maggiore attenzione viene rivolta a scrivere linee vocali più armoniose, ottimamente interpretate da un Bon Scott meno irruento rispetto al passato, ma comunque molto efficace, coadiuvato dalla sua calda e aspra ugola, levigata nel corso degli anni con una quantità indefinibile di sostanze stupefacenti, e una quantità ancora più indefinita di alcolici. E i cori, dannazione! Lange lavorò con il gruppo per rendere i cori una parte integrante fondamentale dell’alchimia sonora del gruppo. Alle porte degli anni 80, quella vecchia volpe di un produttore aveva già intuito come senza cori, in cima alle classifiche ci arrivi poi a stento.

Come già spoilerato, ovviamente l’obbiettivo andò in porto (altrimenti forse non saremmo nemmeno qui a parlarne), "Highway to Hell" fu il loro disco che più si avvicina all’hard rock fm da classifica che impareremo bene a conoscere la decade seguente, e finalmente i canguri australiani riuscirono a sfondare con prepotenza nelle charts nordamericane e britanniche.

Piccola curiosità a parte, per la prima volta un loro lavoro da studio non presentava differenze fra l’edizione australiana e quella pubblicata per il rimanente mercato mondiale, e la data di rilascio dell’album fu la medesima ovunque: 27 luglio (la copertina australiana però era molto più incandescente di quella internazionale, e l'abbiamo preferita anche noi nel nostro ricordo NdRedazione).

Per il resto, stiamo parlando degli AC/DC, la band più coerente e meno imprevedibile del pianeta, serve davvero prendersi la briga di descrivere accuratamente le loro sonorità? Hard rock!! Un viscerale hard rock dal sapore squisitamente bluesy dalle sfumature boogie’n’roll, riff semplici e diretti, dove svetta il solismo della Gibson con le corna di diavoletto destreggiata da Angus Young. Per quanto riguarda i testi, potrebbe tranquillamente trattarsi di un concept: Bon Scott scrive e narra di ciò che conosce meglio, scorribande notturne, nottate a base di eccessi vari assortiti, rapporti promiscui occasionali con rozze donzelle dalla dubbia sensualità, allusioni e doppi sensi a sfondo sessuale, infrazione di ogni peccato capitale (anche di quelli non presenti nella top 7), fornicazioni con donnacce incontrate nei peggiori bar, ah no, un attimo, questo lo abbiamo già detto, beh allora direi che sia tutto, non c’è altro.

La title track la conoscono a memoria in tutto il globo terrestre, in tutto l’universo conosciuto, e ovunque riesca a propagarsi l’etere, non ha certo bisogno di presentazioni. Il riff condivide con quelli di "Smoke on the Water" e "Whole Lotta Love" il titolo mondiale di riff più celebre della storia del rock.

Ma l’album non fa leva soltanto su questo leggendario pezzo d’apertura, spulciando fra la tracklist possiamo trovare anche un altro grande classico, la memorabile "Shot Down in Flames", grintosa e orecchiabile, tipico mid-tempo in quattro quarti su cui il gruppo ha costruito gran parte della propria carriera. Lo stesso discorso vale per "If You Want Blood (You’ve Got It)", pezzo che prende il nome dal primo album dal vivo del gruppo, pubblicato l’anno precedente.

Il disco comunque propone un songwriting accattivante, curato e variegato (per quanto il termine possa essere applicato all’hard rock), a dispetto di quanto faranno in futuro con l’avvento di Brian Johnson, con cui il gruppo prese il brutto vizio di alternare canzoni top a molti filler aggiunti per infarcire i loro album.

Vale decisamente la pena soffermarsi sull’irresistibile rock’n’roll delle tirate "Walk All Around You" e "Beating Around The Bush", e sulla boogieggiante "Girls Got Rhythm", brano tutt’oggi proposto dal vivo con buona frequenza.

A completare "Highway to Hell" provvedono la supercatchy paracula "Touch Too Much", la sottovalutata "Love Hungry Man", la breve e anonima "Get It Hot" (composta con molto materiale di riciclio, unico riempitivo presente sul disco) e dulcis in fundo il blues metallico della conclusiva "Night Prowler".

All’apice del successo, all’inizio dell’anno seguente Bon Scott, per non smentire la sua fama di rockstar dannata, venne trovato morto in seguito a una delle sue tante scorribande mondane notturne, aggiungendo il suo nome alla lunga lista di musicisti periti a causa dei propri eccessi. La fine di un’epoca leggendaria per il gruppo, a cui seguì un avvicendamento altrettanto leggendario: ci risentiremo fra un anno esatto in occasione del quarantennale di Back in Black.

- Supergiovane

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