venerdì 7 giugno 2019

Santana: "Africa speaks" (2019)

Il 7 giugno esce "Africa Speaks", disco dei Santana che vede il gruppo di Carlos Santana collaborare con la cantante afrospagnola Buika. Sperabilmente i tempi dei dischi pop con collaborazioni ruffiane sono finiti, e "Africa Speaks" prosegue i buoni risultati ottenuti dal chitarrista messicano con "Shape Shifter" del 2012 e "Santana IV" del 2016.




(disco completo disponibile qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_lcT87h1eIuzRBRkZZZ-lil10-Xt7uood4)



Per recensire questa nuova fatica della band di Carlos Santana, il vostro umile recensore si è riascoltato in ordine inverso anche "In search of Mona Lisa" (EP con tre tracce inedite di gennaio di quest'anno), "Santana IV" (lavoro del 2016 che riuniva Carlos e buona parte della formazione di Woodstock, inclusi Gregg Rolie e Neal Schon, noti anche come fondatori dei Journey) e "Shape Shifter" (disco del 2012 dei Santana attuali). Questi dischi rappresentano il nuovo corso inaugurato da Carlos Santana con "Shape Shifter", appunto, che abbandonava dopo più di un decennio la formula nata con "Supernatural", il disco del 1999 che salvò Santana dall'oblio dei dinosauri rock e gli diede un multimilionario successo commerciale e una posizione di prestigio anche nel nuovo secolo, grazie alla scelta di realizzare una serie di pezzi pop rock cantati da una messe di ospiti prestigiosi.

Ricordiamo tutti, da quel periodo, i successi di "Supernatural" ("Smooth, "Corazon Espinado"), "The Game of Love" con Michelle Branch (da "Shaman" del 2002), quello con Steve Tyler in "Just feel better" (da "All that I am", 2005); quel periodo si chiuse nel 2014 con "Corazon" e l'ultimo successo commerciale del gruppo, una cover de "La flaca" con Juanes dei Jarabe de Palo alla voce.

Quell'era aveva dato successo a Carlos, ma ne aveva forse irrimediabilmente compromesso l'integrità artistica, quantomeno agli occhi del grande pubblico che probabilmente aveva dimenticato i discutibili dischi di latin AOR a cavallo del 1980 che avevano suscitato perplessità fra gli ammiratori e perso gradualmente anche presa sul pubblico. In realtà, sia gli uni che gli altri erano in gran parte dischi inoffensivi, che addoloravano soprattutto vista la passione - prima rock, poi più spirituale - che aveva caratterizzato a grandi linee il primo decennio della vita artistica di Carlos Santana e della sua creatura.

Nel 2012 Carlos torna, dopo quasi vent'anni, a incidere un disco di materiale originale totalmente pensato come un vecchio disco di una volta, niente cover o collaborazioni artificiose alla ricerca del successo (per quello, negli stessi anni, stava preparando il già citato "Corazon"). "Shape Shifter" ritorna anche a porre l'accento sul lato spirituale della musica e i legami di Carlos Santana con le culture tradizionali - è un disco quasi interamente strumentale dedicato alle popolazioni nativoamericane.

Nel 2016, Carlos intraprende un'altra mossa inusuale, rimettendo insieme la formazione del suo terzo album, risalente al 1971 e da molti considerata la migliore: con lui ci sono il cantante-hammondista Gregg Rolie, il chitarrista Neal Schon, il batterista Michael Shrieve e il percussionista Mike Carabello, ai quali si aggiungono due fedelissimi dell'ultimo ventennio, il percussionista Karl Perazzo e il bassista Benny Rietveld. Questa volta Carlos cerca di riscoprire le sue radici nel rock di fine anni sessanta e inizio anni settanta.

Infine, a gennaio Carlos pubblica un EP di tre brani inediti come antipasto di "Africa Speaks": "In search of Mona Lisa" è ispirato a una serie di sogni che Carlos ebbe dopo avere visto per la prima volta nella sua vita la Mona Lisa, che paragona alla potenza magnetica di personaggi come Beyoncè, Taylor Swift, Rihanna e Adele.

"Africa Speaks", inciso e prodotto con Rick Rubin nel suo studio di Malibu, prosegue ovviamente nella scia di questi dischi, raffigurandosi come un album ispirato appunto all'Africa e ai legami fra America e Africa.

Per rafforzare questi legami, Carlos sceglie inoltre come cantante dell'album la afrospagnola Buika, nata nel 1974 in Spagna da genitori della Guinea Equatoriale; e come band non impiega i Santana dell'era post-Woodstock ma l'altra sua band, quella di "Shape Shifter" e dei dischi di collaborazioni, nella quale permangono peraltro Perazzo e Rietveld ovviamente, oltre a Cindy Blackman, batterista afroamericana che è moglie di Carlos dal 2014.

Ma fatta questa infinita precisazione, com'è il disco?

Beh, il disco è quello che potete aspettarvi se avete ascoltato gli altri (oppure se ascoltate questo saprete cosa aspettarvi dagli altri), ovvero un album che corre sempre lungo il confine fra nostalgia per il passato e aggiornamento ai tempi, e che riesce a vincere la propria scommessa non solo grazie alla classe e alla professionalità di tutti i coinvolti ma soprattutto grazie alla gioia con cui questi musicisti si dedicano all'operazione. Qualcosa che di certo non si ritrova negli album collaborativi se non a tratti, come se Carlos avesse dovuto spendere oltre un decennio di canzoni pop e successo commerciale prima di avere il coraggio di tirare fuori la sua anima più vera.

La scelta di diversi orizzonti tematici da "Shape Shifter" a oggi gli ha anche permesso di costruirsi degli spazi di lavoro e delle coordinate musicali entro le quali comporre, dando un suono compatto e coerente a ognuna di queste opere. "Africa Speaks" risulta così allo stesso tempo sufficientemente 'Santana' e sufficientemente originale (per lui) da poter ispirare e soddisfare i suoi ammiratori.

Tra i brani vanno sicuramente menzionati "Paraisos Quemados", "Los invisibles" e "Batonga", mentre "Blue skies", che vede la cantante Laura Mvula duettare con Buika, è un pezzo influenzato dal blues che forse non giustifica i suoi nove minuti di lunghezza. Alla fine comunque il pezzo più coinvolgente e immediato è "Yo me lo merezco", appassionato e commovente inno d'amore che sfrutta sia nelle liriche che nella musica temi e accordi talmente abusati che, se non fosse per la voce di Buika e l'intensità della prova dei musicisti, potrebbero risultare corrivi al limite della banalità.

Nonostante gli evidenti elementi positivi, "Africa Speaks" non raggiunge i livelli di "Shape Shifter", che forse resta ancora il migliore lavoro di Carlos Santana e dei suoi gruppi nell'arco degli ultimi vent'anni, ma se la gioca bene con "Santana IV". Sicuramente un disco che farà piacere ai suoi ammiratori, soprattutto quelli più interessati agli aspetti etno-world del suo rock, grazie anche alla presenza di una eccezionale voce come quella di Buika.

- Prog Fox

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